Dicembre, oltre a portare il Boxing Day nei paesi anglosassoni, la pausa natalizia in Italia e la clausura di alcuni campionati sudamericani, porta con sé anche un torneo che quest’anno si svolge in Giappone: La Coppa del mondo per club FIFA, per i più nostalgici “Intercontinentale”.
Il torneo, che ha sostituito la Coppa Intercontinentale nel 2005, viene giocato tra le squadre vincitrici della propria maggiore competizione continentale: l’OFC Champions League per l’Oceania, la CONCACAF Champions League per il Centro e Nord America, la CAF Champions League per l’Africa, l’AFC Champions League per l’Asia, la Coppa Libertardores per il Sud America e la UEFA Champions League per l’Europa. A queste squadre si aggiunge pure la vincitrice del titolo del paese ospitante il torneo, per questa edizione 2016 il Kashima Antlers, campione in carica del campionato giapponese, che si affianca all’Auckland City (OFC), América (CONCACAF), Mamelodi Sundowns (CAF), Jeonbuk Hyundai (AFC), Atlético Nacional (CONMEBOL) e Real Madrid (UEFA).
Ma la storia del torneo, come tutte le storie parte un po’ prima, nel 1958. Anno nel quale il presidente della federcalcio brasiliana João Havelange ebbe l’idea per la Coppa Libertardores e per la Coppa Intercontinentale, la prima su ispirazione della già esistente Coppa dei Campioni, la cui vincitrice avrebbe affrontato la controparte europea nella coppa tra i continenti. Il progetto fu annunciato nell’ottobre del 1958 durante un meeting dell’UEFA a cui era stato invitato Havelange, e due anni dopo, nel 1960, si disputarono le prime edizioni della Libertadores e della Coppa Intercontinentale. Il 18 maggio il Real Madrid aveva vinto in quel di Glasgow la quinta Coppa dei Campioni consecutiva, mentre la Libertadores andò al Club Atlético Peñarol. Le due squadre quindi si affrontarono in una finale composta da una partita di andata e una di ritorno, la prima a Montevideo il 3 luglio del 1960, finendo a reti bianche in un campo ai limiti della praticabilità a causa della forte pioggia battente, e la finale di ritorno il 4 settembre, ben due mesi dopo, dove il Real Madrid ebbe la meglio al Santiago Bernabéu per 5-1.
La coppa nel corso degli anni si sarebbe suddivisa tra Sud America ed Europa, e per questo mal tollerata dalla FIFA, che non ne riconosceva il titolo “mondiale” poiché vi partecipavano soltanto le squadre sudamericane ed europee. La FIFA avrebbe avuto la meglio solo nel 2005, con la Coppa del Mondo per Club. L’Intercontinentale fu comunque turbata negli anni da un progressivo declino.
Il declino dell’Intercontinentale arrivò fin troppo in fretta, dopo i mondiali inglesi del 1966. La Nazionale e quindi la Federcalcio brasiliana, colpita da trattamenti ingiusti in terra d’Albione, assieme ad alcuni disaccordi con la CONMEBOL e la mancanza di incentivi finanziari snobbò con le squadre di club la Libertadores in alcune edizioni, con la coppa che diventò dunque un affare fin troppo facile per le squadre argentine e uruguaiane. A ciò si aggiunse pure la cattiva nomea che si fecero i tifosi albicelesti, nomea condivisa con i giocatori sudamericani e culminata nella finale di ritorno dell’edizione del 1969, tra Estudiantes e Milan, dove a farne le spese in particolare fu il giocatore del Milan franco-argentino Nestor Combin. In Argentina Combin era considerato un traditore per aver scelto la nazionalità francese. La partita inoltre fu una conferma della pessima nomea che si erano fatti i tifosi argentini, che accolsero la squadra rossonera gettandole addosso del caffè bollente, e delle squadre sudamericane, con i giocatori dell’Estudiantes che iniziarono a prendere a pallonate gli avversari di Milano già a partire dalle foto di rito. Combin, che uscì dalla partita con naso e zigomo fratturato, fu condotto in questura per rispondere alle accuse di diserzione, perché non aveva prestato il servizio militare in Argentina. Dopo 12 ore fu rilasciato per aver dimostrato di aver svolto il servizio militare in Francia, e si aggregò alla squadra (che pallonate e colpi proibiti a parte, aveva comunque vinto l’Intercontinentale) allenata da Nereo Rocco che si era rifiutata di partire senza di lui. Diversi giocatori dell’Estudiantes in seguito a questa partita indecorosa furono squalificati per alcuni anni ed alcuni perfino arrestati scontando un mese di reclusione.
Questi fatti, assieme anche agli impegni incociliabili durante il campionato regolare e a una mera questione economica di costi di trasferta, portarono alcune volte a far rinunciare la squadra avente diritto, in favore della sconfitta nel trofeo continentale, come nel 1973 e nel 1974, dove Bayern Monaco e Ajax rinunciarono rispettivamente in favore della Juventus e dell’Atletico Madrid, o addirittura a non far disputare l’Intercontinentale, come nel 1975 e 1978.
La Toyota, intravedendo delle possibilità nell’affiancare il proprio nome a un trofeo calcistico, propose alla CONMEBOL e all’UEFA di sponsorizzare l’ormai vituperata Coppa Intercontinentale, con una partita unica da giocare in Giappone tra le vincitrici della Libertadores e della Coppa dei Campioni.
La nuova formula diede regolarità al torneo, diventando un appuntamento classico del calendario calcistico, con la partita unica giocata in quel di Tokyo, permettendo alle squadre europee di primeggiare, grazie alla maggior permeabilità delle frontiere (Sentenza Bosman) e al giro economico che cresceva sempre più dietro la Coppa dei Campioni/Champions League. Ma le cose stavano ancora per cambiare. Il 2004, anno dell’ultima edizione dell’Intercontinentale che vide vincere il Porto, portò alla decisione di CONMEBOL e UEFA di abolire il trofeo in favore della neonata Coppa del Mondo per Club FIFA, organizzata direttamente dalla federazione mondiale a cui sono vincolate a partecipare tutte le squadre vincitrici del massimo trofeo continentale.
Dopo alcuni tentativi infruttuosi a inizio 2000, è solo dal 2005 che la FIFA ha la meglio nell’organizzare un torneo che possa essere riconosciuto ufficialmente come mondiale. FIFA e Toyota trovarono l’accordo che di fatto costituisse un’evoluzione dell’Intercontinentale riportata al prestigio dalla casa automobilistica nipponica. I campioni della Libertadores e della Champions League non si sarebbero più incontrati direttamente in finale, bensì avrebbero dovuto giocarsi una semifinale contro le vincenti delle eliminatorie delle federazioni restanti. Sebbene finora le squadre ad aver vinto il titolo mondiale siano state sempre sudamericane ed europee, nel 2010 si è assistito per la prima volta a una finale diversa dal classico duopolio. A farne le spese fu l’Internacional di Porto Alegre, che perse contro la squadra campione d’Africa TP Mazembe, che andò a sfidare l’Inter fresca di triplete. L’evento si è poi riproposto nel 2013, dove il Raja Casablanca, squadra del paese ospitante, il Marocco, ha raggiunto in finale il Bayern Monaco. Chissà se prima o poi assisteremo a una squadra non europea o sudamericana fregiarsi del titolo di campione del mondo.
È opinione di molti che si stia assistendo a un cambio nell’universo calcistico, che finora ha sempre orbitato intorno all’Europa e all’UEFA, in favore di altri campionati emergenti, come quello MLS che sta regalando validi talenti o quello asiatico, che a suon di dollari si sta garantendo prestazioni di giocatori europei non proprio a fine carriera come Pellé. Forse ci vorranno ancora degli anni, prima che una squadra australiana o africana possa vincere il titolo, ma sono dell’idea che un secolo di tradizione calcistica come quella europea e sudamericana difficilmente possa essere messo da parte facilmente da campionati in crescita per talento o per denaro.
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