Link all’articolo originale su terrorismo e CRISPR.
La scorsa settimana il President’s Council of Advisors on Science and Technology (PCAST), costituito di diciotto scienziati ed esperti di varie discipline, ha pubblicato una lettera diretta al Presidente Obama sulla potenziale emergenza delle nuove forme di bioterrorismo.
“L’attuale crescita delle biotecnologie è una grande possibilità per la società, ma possiede anche un serio potenziale di uso distruttivo, sia da parte di stati che di individui tecnicamente competenti con accesso a laboratori moderni” hanno scritto i membri del PCAST. “Biologi molecolari, microbiologi e virologi possono guardare avanti e anticipare che la natura delle minacce biologiche cambierà sostanzialmente nei prossimi anni. Il vecchio metodo di pensiero e l’organizzazione del governo degli Stati Uniti in caso di minaccia biologica devono cambiare per adeguarsi e rivolgersi a questo scenario in rapida espansione”.
Come spiegato nella lettera, l’approccio degli Stati Uniti alle minacce biologiche per le ultime due decadi si è concentrato su di un “pericoloso gruppo di patogeni umani e agricoli conosciuti”. La legislazione che delinea questi pericoli è datata al 2002 e – mentre il campo delle biotecnologie è cambiato significativamente negli ultimi quattordici anni – le leggi non sono andate al passo con i nuovi sviluppi.
Più precisamente, il PCAST è preoccupato per le tecnologie di editing genetico come CRISPR – uno strumento di editing genetico che permette di aggiungere e rimuovere sequenze di DNA facilmente – e altri modi innovativi di manipolare il genoma di uomini, animali e piante. Come segnalano gli autori della lettera, è ora possibile sintetizzare lunghi tratti di ogni sequenza di DNA: manipolare l’espressione genica è diventato sempre più facile, e l’uso di virus e altri vettori per spostare materiale genetico sta avendo sempre più successo.
Mentre queste tecniche hanno consentito incredibili passi avanti nel campo medico, nascondono anche il potenziale per un uso errato se dovessero finire nelle mani sbagliate. Per esempio, gli autori della lettera immaginano uno scenario dove la tecnologia CRISPR ha creato un virus che “può tagliare, modificare, reprimere o attivare un gene del suo ospite così da distruggere una importante funzione cellulare”.
Tutto questo può suonare inverosimile, ma già nel 2001 i ricercatori erano in grado di modificare la genetica di un virus vaiolo dei topi, per fargli uccidere topi che erano normalmente immuni al virus, usando biotecnologie che erano meno sofisticate di CRISPR.
Il gruppo ha anche espresso crescente preoccupazione per le minacce biologiche non intenzionali, quali le epidemie di malattie come Zika, Ebola e H1N1, che riflettono un cambiamento nel panorama globale nella misura in cui questo tipo di minacce sono aggravate da una rapida urbanizzazione, dalla globalizzazione e dai cambiamenti climatici. Mentre sono incerte le forme che prenderanno i pericoli biologici nei prossimi anni, quello che è certo è che gli Stati Uniti non sono per niente preparati ad affrontarli.
“Il PCAST ha concluso che l’organizzazione strutturale corrente non garantirà agli Stati Uniti la leadership necessaria ad anticipare, prepararsi e rispondere all’intero panorama delle minacce biologiche, in evoluzione per via del rapido avanzamento delle biotecnologie” scrivono gli autori della lettera.
Nonostante il fatto che gli Stati Uniti abbiano rilasciato numerose direttive legate alle minacce biologiche nelle passate decadi, “sono tutte sempre meno aggiornate, specialmente di fronte agli attuali rapidi avanzamenti delle biotecnologie”. Il piano più concreto è stato delineato nel National Policy for Biodefence rilasciato nel 2004, piano che non è stato più aggiornato dal 2008, un periodo in cui il potenziale di CRISPR stava solo iniziando ad emergere.
Per ribattere alle minacce poste dalle biotecnologie emergenti, il PCAST ha consigliato di migliorare la biosorveglianza, definita dal governo degli Stati Uniti come “il processo di acquisizione attiva di dati con analisi e interpretazioni appropriate dei dati della biosfera che possono essere messi in relazione alle attività di malattie e di minacce alla salute umana”. Una direttiva dell’Homeland Security del 2007 evidenziava la necessità di un sistema integrato di sorveglianza delle malattie, che fosse in grado di seguire l’emergenza di malattie in tempo reale e fornire un primo avviso di una possibile minaccia biologica (non) intenzionale.
Le direttive successive, nel 2012 e nel 2013, hanno fornito una tabella di marcia per un network di biosorveglianza che integrerebbe dati sulla salute di uomini, animali e piante da settori governativi, tribali e privati, così che la diffusione di una malattia presso diverse popolazioni possa essere anticipata e affrontata il più velocemente possibile.
Anche se qualche progresso è stato fatto nel creare un network robusto di biosorveglianza negli Stati Uniti, esso non sta seguendo gli sviluppi tecnologici. Alla luce di questi difetti, il PCAST ha offerto svariate soluzioni, che includono l’istituire un fondo da due miliardi chiamato Public Health Emergency Response Fund, creare una organizzazione tra le varie agenzie per coordinare le attività di biosorveglianza, incoraggiare la comunicazione (inter)nazionale tra i laboratori per facilitare uno scambio di dati veloce e sviluppare “altre classi di antibiotici ad ampio spettro e farmaci antivirali”, in modo da avere, qualora scoppiasse il caos, tutti gli strumenti per “neutralizzare […] gli agenti dell’attacco biologico”.
Per ora, il PCAST sta solo pensando al futuro e queste minacce intenzionali rimangono ipotetiche. Come fanno notare gli autori della lettera, però, “creare un patogeno veramente innovativo e funzionale è difficile”. E, in ogni caso, “nonostante queste sfide, il rischio è reale e potrà solo crescere, mentre le biotecnologie diventeranno negli anni a venire sempre più sofisticate”.
Studente di medicina a Milano. Scrivo per passione, che non è una scusante per fare schifo.
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