In una normale domenica di Serie A caratterizzata da una serie di partite non certo esaltanti, ecco la notizia. Marco Parolo, centrocampista in forza alla Lazio, ha timbrato il cartellino per quattro volte, contribuendo alla vittoria per 2-6 dei biancocelesti ai danni del Pescara.
Un poker nella massima serie italiana già di per sè è un evento, diventa eccezionale se chi lo mette a referto è un centrocampista come il giocatore lombardo. Per l’esattezza Parolo diventa il primo mediano della storia della Serie A a riuscirci. Entrando nelle mere statistiche si unisce inoltre al ristretto club (insieme a Larrivey) dei giocatori capaci di segnare tre gol di testa nel medesimo incontro.
“Mi dispiace di non averne fatto uno al Chievo e tre oggi, ma va bene così”
Sottovalutato
L’ilarità generale creata dall’evento non rende giustizia al valore del giocatore. Parolo è il cosiddetto ‘gregario’ della squadra, colui che cerca di mettere una pezza dove il talento offensivo dei giocatori innanzi a lui lascia scoperte zone di campo pericolose. Nella Lazio così come nelle squadre precedenti trova la sua naturale collocazione nel ruolo di mezzala. Inzaghi ha proseguito il lavoro di Pioli, che con Biglia e Milinkovic-Savic aveva trovato il giusto equilibrio a centrocampo. L’equilibrio in una squadra non consiste solo nell’alternare giocatori prettamente offensivi ad altri difensivi, ma creare meccanismi tra i singoli che ne esaltino le caratteristiche senza mettere in difficoltà la squadra.
Lo scarso atletismo dell’argentino e la spiccata tendenza del serbo a proporsi in avanti vengono compensate dall’egregio lavoro di copertura che svolge durante la partita. Quando Biglia indietreggia per dare il via all’azione, Parolo si propone largo a destra per dialogare con l’esterno alto ed il terzino, creando così la catena di passaggi tipica della compagine biancoceleste. Quando invece i centrali lanciano lungo per sfruttare le doti aeree di Milinkovic, Parolo si getta in area di rigore con Immobile per cercare la conclusione a rete.
Parolo seppur non dotato di una tecnica individuale eccelsa corre in media 11,35 km a partita, è il primo a ripiegare in fase difensiva in transizione negativa e ha un discreto feeling con il gol (53 reti in carriera). I suoi inserimenti in fase di attacco sono difficili da leggere ed inoltre è dotato di un gran tiro dalla distanza.
Possiamo dirlo tranquillamente: Parolo non è un giocatore che fa innamorare le folle. Non ha un tocco di palla vellutato né una capacità di dribblare l’avversario in corsa. Le sue entrate sono spesso scomposte e rimedia una valanga di cartellini gialli. Eppure nessun allenatore fa a meno di lui. Giampaolo e Bisoli ai tempi del Cesena, Donadoni al Parma, Pioli e Inzaghi alla Lazio. Da quando Prandelli lo ha convocato per la prima volta nel 2013 in Nazionale non ha perso il posto neppure nella nostra selezione. Antonio Conte negli ultimi Europei, nella partita contro la Germania, ha affidato al biancoceleste persino il ruolo di regista dopo le defezioni di De Rossi e Thiago Motta (con discreto risultato).
“Sono cresciuto tanto e ho trovato la mia maturità a 30 anni. Magari avessi incontrato prima un allenatore come lui. Io ho dato tutto, sono orgoglioso della mia partita e del mio Europeo”
Il suo spirito di abnegazione alla causa gli ha sempre garantito un posto in campo, ricambiato da prestazioni solide condite da qualche prova a vuoto.
Marco Parolo è un giocatore umile. Parliamo di un ragazzo che ha fatto gavetta in C1 e ha perfino rischiato di non trovare la massima divisione (lui stesso ha fatto il paragone con Giaccherini e Galloppa, suoi ex compagni al Cesena). Sa cosa vuol dire lottare per una causa comune e la sua grinta in campo è contagiosa. I tifosi biancocelesti si augurano di vedere più spesso prestazioni del genere dopo una prima parte di stagione in chiaroscuro. E questi quattro gol, seppur incredibili, sono realtà.
Parolo, Parolo, Parolo, Parolo. Parolo, soltanto Parolo, Parolo d’amor.
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