I Golden State Warriors con la firma di Durant in estate e le Finals perse per un soffio contro Cleveland l’anno scorso, forti di un sistema che ha rivoluzionato la NBA attuale, dovrebbero attualmente veleggiare tranquilli verso i prossimi playoffs, concentrandosi unicamente sull’integrazione di KD in squadra e limare quelle piccole imperfezioni generate dalle trade estive.
Invece nonostante un calendario abbastanza facile all’inizio della stagione, Golden State si trova ora 6-2 e, a dispetto del record NBA siglato da Stephen Curry di triple messe a segno (13/17) contro i Pelicans, la squadra si trova in una grossa crisi di identità e idee che, si spera, questa prestazione monstre del loro leader aiuti a superare, almeno moralmente.
Tuttavia le cause di questi problemi vanno ricercate nel roster e nei suoi interpreti, visto che un meccanismo sincrono ed efficace, come quello dell’anno scorso, risulta ora ingolfato e a basso regime.
Con degli interpreti di altissimo livello e un sistema che l’anno scorso è stato in grado di annientare qualsiasi avversario, a parte l’alieno di Akron, i Golden State Warriors sono al momento secondi per Offensive Rating nella lega, ma fino all’ultima partita con Dallas erano quinti e dimostravano una certa farraginosità nel loro attacco.
Nell’arco di 8 partite, la % di realizzazione sui tiri da 3 è intorno al 35% con diversi giocatori chiave del roster che sono sembrati molto contratti in questo avvio di stagione.
Klay Thompson in particolar modo sembra aver accusato pesantemente l’epilogo della scorsa stagione, tirando complessivamente per un 25% da tre in finora, nonostante la solita pulizia nel gesto tecnico e nel gioco senza palla e lo stesso Curry, prima del record, non aveva dato grande prova delle sue capacità balistiche, interrompendo la sua striscia di partite con almeno una tripla segnata contro i Lakers con un tondo 0/10 dalla lunga distanza.
Essendo però il tiro uno dei fondamentali della pallacanestro più cerebrali, ci si augura che questo sia un problema solo legato ad una componente emotiva e che quindi gli Splash Brothers possano tornare al più presto, a brillare.
Se però l’attacco può e deve essere sistemato, come ampiamente dimostrato nell’ultima partita contro Dallas, il vero problema dei Golden State Warrios è la difesa.
Attualmente diciassettesimi nella lega, con un Defensive Rating di 107.69, i Warriors pagano le trade estive nella loro esecuzione difensiva, molto più che in attacco.
Zaza Pachulia è perfetto per sublimare quel ruolo di regista difensivo in post che era proprio di Bogut, ma non è in grado di rimpiazzarne adeguatamente il ruolo di protettore del canestro (gli avversari hanno una percentuale attorno al 59.3% di realizzazione con lui a presidiare il ferro).
Troppo lento per uscire sugli esterni e poco intimidatorio sotto canestro, Zaza risulta essere una falla per la difesa di Golden State (che non ha comprimari accettabili con cui sostituirlo).
Inoltre generando degli squilibri nelle rotazioni espone Stephen Curry, mai noto per la sua difesa, che l’anno scorso era nascosto e protetto da un sistema difensivo in cui 4 interpreti lavoravano efficientemente, ma ora risulta molto più attaccabile.
Lo stesso Durant, pur vantando 1.9 rubate e 1.3 stoppate di media, accusa, causa poca dimestichezza con il sistema difensivo, vistosi cali di concentrazione sul perimetro.
La panchina è stata, lo scorso anno, la grande arma tattica dei Golden State Warriors nel corso della stagione scorsa.
Barbosa, Iguodala, Livingston e gli altri erano capaci, nel corso della partita, di donare grande energia alla squadra e fungere da chiavi tattiche (sia offensive che difensive) non indifferenti nello svolgersi della gara.
Prestazioni individuali ai Playoffs dello scorso anno, come quella di Shaun Livingston in Gara 1 contro Cleveland, sono ben lungi dall’essere dimenticate, a sottolineare la spaventosa importanza che la panchina aveva nel piano di gioco dei Warriors.
Quest’anno, complici le trade, la situazione è abbastanza peggiorata.
David West è, se possibile, ancora più lento negli scivolamenti difensivi di quanto fosse Bogut sia nei pick and roll che in situazione stanziale (cosa che può generare dei poster di questo tipo) e assolutamente improduttivo finora in attacco, con 4 punti di media su 9.6 minuti giocati.
Iguodala sta presentando seri problemi nell’arrivare al ferro in penetrazione e, in generale, nella sua produzione offensiva totale, con una percentuale totale di realizzazione del 37.8% su 26.9 minuti in campo, essendo di base un tiratore abbastanza ondivago.
Tutto questo, unito agli infortuni e alla mancata produzione degli altri panchinari, ha reso la panchina un grosso peso morto per la squadra della Baia.
Il vistoso cambiamento subito dal reparto lunghi dei Golden State Warriors quest’anno, con le partenze di Andrew Bogut e Festus Ezeli, ha generato, oltre a problemi squisitamente difensivi, un’impressionante mancanza di effort a rimbalzo, sia per lacune tecniche che per struttura fisica dei giocatori arrivati.
I Warriors concedono tantissimo a rimbalzo, ventitreesimi nella lega per rimbalzi a partita, e dimostrano anche di non avere voglia di catturarlo, la % di rimbalzi contestati catturati è il 33% e quella di rimbalzi offensivi dati agli avversari è del 28%.
Questo perché i lunghi lavorano male e di malavoglia, non fanno legna, e non c’è grossa disponibilità di giocatori che diano energia dalla panchina in tal senso.
Javale McGee è un ex giocatore, ammesso che lo sia mai stato, e Kevon Looney o James Michael McAdoo non hanno ancora dato nulla, uscendo dal pino, alla squadra in questo ambito.
L’unica nota positiva è rappresentata da Draymond Green, che in questo inizio di stagione sta viaggiando a 10.6 rimbalzi di media nonostante, ed è bene ricordarlo, sia un centro undersized.
Ovviamente non esistono solo aspetti negativi riguardo l’attuale condizione dei Golden State Warriors che rimane, comunque, una delle più forti squadre NBA di quest’anno.
Durant ha raggiunto fin da subito dei picchi di efficienza spaventosi sia in termini di punti che a rimbalzo, e quando gioca sullo stesso lato di Curry è automaticamente canestro per uno dei due, mentre giocatori come Ian Clark o Patrick Mc Caw hanno dimostrato la loro efficacia, se propriamente imbeccati e non infortunati.
L’attacco sembra accusare solo problemi legati all’esecuzione dei giochi, più che altro, e in tal senso la partita contro Dallas e quella contro i Pelicans rappresentano un segnale positivissimo.
La difesa, in quintetti molto piccoli e con Iguodala presente, riesce ad essere molto efficiente e potrebbe garantire quella pezza, che serve a Golden State in alcuni momenti della partita.
Insomma, al netto di tutti questi problemi, è troppo presto e prematuro dare Golden State come morta e sepolta; questi segnali devono preoccupare l’ambiente e spronarlo a trovare delle contromisure, ma è proprio in momenti come questo che i campioni mostrano la loro grandezza ed è lecito quindi attendersi una mareggiata dalla Baia nel prosieguo della stagione.
Gioco a pallacanestro da quando ho 5 anni e mi piacciono i libri scritti da gente morta almeno un secolo fa. Per il resto tutto bene.
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