A differenza degli altri sport il calcio, nella forma delle competizioni nazionali, si presta raramente a finali in volata. Il motivo è presto detto: è difficile che vi sia una equivalenza di valori che si protragga per 34-38 giornate, per via delle infinite variabili che si presentano nel corso del campionato, tra infortuni, periodi di forma, e via dicendo. Le possibilità che le variabili di due squadre arrivino ad influenzare i risultati in maniera tale da appaiare il loro rendimento è una ipotesi relativamente rara. Ma nei casi di per sé rari di Scudetti ancora da assegnare nelle ultime giornate, vi sono situazioni in cui il titolo nazionale è stato proprio sospeso fino alla fine, regalandoci pagine di storia con sceneggiature che superano ogni immaginazione di epica contemporanea. Ripercorriamo insieme, tra le recenti, quelle più eclatanti:
Esattamente quindici anni fa si consumava una delle pagine più rocambolesche della folle storia interista, squadra che ha nella pazzia uno degli elementi più tipizzanti, essendo parte integrante del suo inno: la compagine meneghina si presentava all’Olimpico come prima in classifica e con una vittoria lo sarebbe rimasta, tenendo a distanza Roma e Juventus. Il campo, nonostante la trasferta, era pure amichevole: i tifosi laziali, notoriamente gemellati con i nerazzurri, non volevano certo correre il rischio di vedere i cugini esultare.
La partita procede, inizialmente, in modo tranquillo, in quella che è tutti gli effetti una gara a distanza: al prevedibile gol di Trezeguet risponde il vantaggio di Vieri; il primo gol di Poborsky sembra soltanto un incidente di passaggio, considerando che quattro minuti dopo, al 23’esimo, Di Biagio di testa rende nuovamente i nerazzurri Campioni d’italia, pronti a spezzare un digiuno che era in piedi da prima ancora che venisse abbattuto il muro di Berlino.
Ma è sullo scadere del primo tempo che si materializza l’Incubo, la nemesi, il “cattivo” di questa storia, la bestia nera di ogni Interista, un nome che provoca ribrezzo ancora ora: Vratislav Greško. In un paese che vive di capri espiatori, lo slovacco è un bersaglio troppo facile per le bestemmie interiste: il suo assist per Poborski è roba da inchiesta, punto esclamativo di una carriera interista che fino ad allora l’aveva visto come uno dei tanti oggetti misteriosi dell’era di Massimo Moratti. Da lì in poi, la partita è uno psicodramma fatto di nervi, paura, con l’ex Simeone che segna il 3-2 e Simone Inzaghi che insacca il quarto. Cuper aggiunge un’altra pagina alla sua fama di eterno secondo, il Fenomeno piange, l’Inter anche e la Juventus è Campione d’Italia.
Diversi anni fa andò in scena una superba rappresentazione dell’Aiace di Sofocle, a Siracusa: l’eroe greco, secondo solo ad Achille come forza, si suicida per la vergogna provata dall’aver massacrato un branco di pecore, anziché gli Atridi, colpevoli di aver dato le armi del Pelide ad Odisseo anziché a lui. Nel caso dell’Ajax, che trae il nome appunto dal Telamonio, la vergogna è invece successiva al suicidio: il titolo perso l’8 maggio scorso rappresenta una pagina probabilmente ancor più tragicomica del 5 maggio Interista. I lancieri di Amsterdam si presentavano sul campo del De Graafschap, squadra già certa del suo destino di retrocessione (e di una caratura decisamente inferiore): come all’Olimpico, sono i favoriti ad andare in vantaggio con Younes. Da lì in poi sembra un’impreciso tiro al bersaglio, con 21 tiri dei biancorossi, di cui tuttavia solo 6 in porta. La svolta che non ti aspetti arriva al 55esimo, ad opera di Smeets: la squadra di De Boer è incapace di reagire, ed il contemporaneo 3-1 contro il Pec Zwolle assegna il titolo al PSV, dopo un campionato letteralmente dominato dall’Ajax, in testa per 27 giornate.
… potrebbe piovere. Chissà quanti tifosi juventini hanno ripensato a Frankestein Junior quando hanno visto il titolo scivolargli dalle mani sul fango del Renato Curi. Dopo due mesi di caccia aperta, tra un titolo chiuso che veniva riaperto, continui colpi di scena, tra scontri diretti, rigori dubbi, gol negati, si arriva all’ultima giornata con la Lazio ad inseguire di due punti la Juventus, in trasferta a Perugia. Piccolo problema: a Perugia piove tanto. Ma veramente tanto. Così tanto che la leggenda Collina interrompe la gara per un’ora, tant’è che quando ricomincia la ripresa in Umbria, a Roma la Lazio ha già piegato la Reggina per 3-0, senza affanni. Entrambe a quota 72, complice il pareggio temporaneo dei bianconeri. Servirebbe uno spareggio. Che non si giocherà mai, perché al quarto minuto della ripresa Calori approfitta dell’involontario assist di Conte per segnare sull’unico tiro rivolto nello specchio di Van Der Sar in tutta la partita. Inizia una lenta e tribolata attesa, tra i laziali attaccati alle radio e gli Juventini che provano a fare risultato su un campo pesantissimo. All’ultima azione, Filippo Inzaghi fallisce una occasione che per un bomber da 300 gol ha il coefficiente di difficoltà di allacciarsi le scarpe. Ma certe volte, nulla ti gira bene. Neanche il clima. Lazio Campione d’Italia.
Non sempre però, in questi finali al cardiopalma, i favoriti hanno avuto la peggio. A volte, è andato tutto come doveva andare. Anche con tanta, tanta fatica.
Parlare di Atletico favorito potrebbe sembrare una eresia, in un campionato dominato da 15 anni da due superpotenze assolute. Ed era eresia anche all’inizio della stagione 13-14, nonostante i colchoneros, nei 4 anni precedenti, avessero ottenuto discreti risultati: una Europa League nel 2010, una nel 2012, una Coppa del Rey, una supercoppa spagnola ed una europea, questi ultimi trofei tutti col Cholo Simeone; l’argentino che aveva anche terminato l’imbattibilità nel derby del Real dopo una eternità; Simeone che era in campo nel ’96, anno dell’ultima Liga; Simeone, artefice di un calcio poco spettacolare, ma tremendamente efficace, che portò una terza forza a dominare la Liga ed in finale di Champions (e ad un Sergio Ramos ed una manciata di secondi dal vincerla, quella finale). Il Cholo quindi, aveva reso gli underdog una squadra tenace, rocciosa, ed in testa alla Liga con tre punti di vantaggio sul Barcellona.
La sceneggiatura di questo film regala un fantastico epilogo: ultima giornata al Camp Nou, Barcellona – Atletico, chi vince si prende la Liga, ma anche il pareggio va bene ai Madrileni. La partita inizia male però, malissimo: in poco tempo due pedine chiave, Diego Costa ed Arda Turan, lasciano il campo per problemi fisici. Al capolavoro di Alexis Sanchez si potrebbe pensare ad un epilogo già scritto, specie visti i precedenti in questo articolo: titolo in catalogna ed i materassai a pensare alla finale di Champions, sette giorni dopo. Ma in un mondo dove le parole grinta, cuore, sudore, vengono spesso abusate, l’Atletico Madrid dimostra di esserne incarnazione purissima. E continua a combattere, combattere, fino alla fine. Il palo dell’ex David Villa, in apertura di ripresa, è solo l’anticipazione di quello che verrà dopo. Calcio d’angolo per Godin, che imperioso come molte volte in stagione, svetta più in alto di tutti segnando l’1-1. L’Atletico tiene senza troppi patemi il pareggio e vince la Liga. La classe operaia va in paradiso.
Dalla classe operaia, passiamo ai Campioni, con la C maiuscola, che mettono il proprio marchio a ferro e fuoco sui titoli. Lo scudetto 2008 fu abbastanza strano. Mancini che di fatto si dimise dopo l’eliminazione in Champions per mano del Liverpool, il ritorno della Juve in A, l’Inter che si fa rimontare uno Scudetto che sembrava blindato, l’infortunio di Ibra nel finale di stagione, l’esordio ed i primi lampi di classe di Mario Balotelli in Serie A. Ad ogni modo, si arriva all’ultima giornata. Come 8 anni prima a Perugia, anche a Parma piove moltissimo. Entrambe le squadre avevano bisogno dei 3 punti, chi per il titolo, chi per salvarsi. Discorso parallelo nella soleggiata Catania, dove la Roma sfidava gli etnei. Dopo i primi 45 minuti, la Roma è Campione d’Italia, complice il vantaggio al Cibali contrapposto alle reti inviolate del Tardini.
Minuto 51: dopo un mese fermo, entra il Cristo di Malmö.
Minuto 62: Zlatan Ibrahimovic, 1-0 Inter
Minuto 79: Zlatan Ibrahimovic, 2-0 Inter.
Terzo ed ultimo scudetto Interista per Mancini, Roma nuovamente (ma non per l’ultima volta) beffata. Gli attacchi vincono le partite, le difese vincono i campionati, ma i campioni vincono gli scontri decisivi.
La frase di cui sopra è, di solito, un inno della pallacanestro, sport che vive di momenti clutch. Uno sport che è pieno di plot twist, momenti eroici, momenti di choking (il nostro gomito del tennista per intenderci), emozioni ad altalena. Ma pochi momenti nel basket, e quasi nessuno nel calcio, raggiungono l’altalena di emozioni provata nel 2012, durante l’ultima giornata di Premier League. Il termine emozionante è eufemistico per definire cosa è successo in quel Manchester City QPR, in contemporanea a Sunderland- Manchester United. Il City arrivava col mero vantaggio della differenza reti all’ultima giornata. Serviva fare gli stessi punti dei rivali per vincere un titolo che mancava da 44 anni, contro un QPR in piena lotta salvezza.
Queste sono le premesse; per il resto, come direbbero i Depeche Mode, “Words are very unnecessary”. C’è di tutto: euforia, seguita da disperazione, accompagnata da delinquenza (based Joey Barton sempre presente), per finire con la gioia. Purissima gioia. Nessuna descrizione scritta dell’accaduto può dare una idea della pelle d’oca che si prova ogni volta, magari pur essendo completamente disinteressati alle due squadre. Fatevi un favore: aprite i link e godetevi uno dei momenti più belli della più importante tra le cose meno importanti. Che sia la prima o la ventesima volta, non ve ne pentirete.
2 Giugno 2017
29 Maggio 2017
29 Maggio 2017
22 Maggio 2017
21 Maggio 2017
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.