Durante la scorsa settimana diversi avvenimenti hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e occidentale sull’europa orientale. Il primo in ordine di tempo è stato lo spostamento a Kaliningrad (quindi praticamente dentro l’Unione Europea) di un certo quantitativo di missili Iskender – M, vettori di teatro in grado di montare testate nucleari. La mossa ha naturalmente preoccupato molto i paesi dell’Europa Orientale, in particolar modo le tre repubbliche baltiche e la Polonia, il che riconduce al secondo evento risalente alla scorsa settimana e che riguarda l’Italia da vicino: le polemiche riguardanti lo spostamento di un contingente di 140 effettivi in Lettonia. Tale spostamento è noto da luglio 2015, ma un’intervista al norvegese Jens Stoltenberg ha scatenato le (quantomai puntuali) proteste di Mosca e, a rimorchio, quelle della variegata opposizione italiana. Un fronte che va dal Movimento 5 Stelle a Forza Italia e che si è opposto (con lo stesso opportunistico tempismo) allo spostamento con motivazioni altrettanto variegate: dal pacifismo alla salvaguardia dei rapporti con la Russia.
Ultimo tra gli eventi (e, forse, quello passato più in sordina) è l’assassinio di Arsen Pavlov, meglio noto con il nome di battaglia di “Motorola”, comandante del battaglione Sparta oltre che figura di spicco all’interno dell’apparato militare della Nuova Russia. Pavlov era nativo della regione di Komi, situata a nord di Mosca. E’ stato a servizio dell’esercito russo per 4 anni (durante i quali ha partecipato alla Seconda guerra cecena) prima di trasferirsi a Rostov e, da lì, nell’Ucraina orientale (Kharkiv e Donetsk), operava per combattere con i filo-russi insieme agli infiltrati in zona dal Cremlino. Noto per riprendere gli scontri a fuoco a cui partecipava con la telecamera GoPro, secondo diversi testimoni e organizzazioni non governative durante la sua attività nell’Ucraina orientale avrebbe commesso diversi crimini di guerra tra cui l’esecuzione di 15 prigionieri di guerra fedeli a Kiev, fatto che egli stesso ha confessato in un video. Pavlov è morto nella giornata di domenica nell’esplosione dell’ascensore del palazzo dove viveva.
Su YouTube nella giornata di lunedì è stato pubblicato un video (ora rimosso) che rivendicava la morte di Pavlov: il protagonista del video asserisce di essere un combattente anti-separatista, di essere a Donetsk e di avere ucciso il famoso comandante Motorola. Al solito, mentre i media di Mosca la ritengono la prova regina della responsabilità di Kiev nell’attentato, i commentatori internazionali rilevano come l’account che ha caricato il video sia stato creato diversi giorni prima e avesse caricato solo quel video, mentre Anton Shekotsov, ricercatore dei movimenti di estrema destra dell’Università di Vienna, lo definisce un filmato da bullo di paese. Alexander Khodakovsky, maggiore del battaglione Vostok, si è definito “scettico” in merito alla possibilità che un’unità sia stata in grado di organizzare un’azione del genere considerando che è necessario conoscere le abitudini dell’obbiettivo, i suoi movimenti e studiarlo per diverso tempo: considerando l’apparato di sicurezza che girava intorno a Pavlov ciò sarebbe stato quantomeno molto difficile.
Prima di addentrarci nello studio di quanto sta accadendo in Ucraina Orientale, è opportuno capire come è strutturata attualmente la “Nuova Russia”: è uno stato federale composto da due repubbliche popolari (Donetsk e Luhansk) coadiuvate da un parlamento il cui speaker è l’ex deputato del parlamento ucraino Oleg Tsaryov. Le due repubbliche hanno un presidente ciascuna (Alexander Zakharchenko per Donetsk e Igor Plotnitsky per Luhansk) ma al momento il parlamento non sta lavorando e l’attività istituzionale si trova in una sorta di stasi. Tale stato delle cose è frutto della sospensione proclamata da Tsaryov in quanto lo Stato non era in linea con gli accordi di Minsk del febbraio 2015, che al contrario prevedevano il reintegro delle due provincie in cambio di una maggiore autonomia. Al momento la Nuova Russia non ha ottenuto alcun riconoscimento internazionale
Le perplessità sull’attentato stanno spostando i sospetti da Kiev a Mosca: Pavlov sarebbe l’ultima di una serie di morti o di arresti volti a plasmare la leadership della Repubblica Popolare di Luhansk e della Nuova Russia. Ci sono decine di esempi, ma quello più importante è probabilmente quello che riguarda Gennady Tsipkalov, ex paracadutista diventato imprenditore nel settore degli oleodotti e dotato di importanti connessioni con le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici che passano attraverso la Nuova Russia (esseri umani, stupefacenti, armi). Tsipkalov è diventato primo ministro subito dopo la proclamazione dell’indipendenza, salvo poi essere rimosso dall’incarico dopo un anno. A settembre è stato arrestato con l’accusa di star organizzando un colpo di stato al fine di riprendere il potere. Si è suicidato in prigione il 3 ottobre scorso in circostanze non chiarite dagli organi di comunicazione di Luhansk. Altro esempio riguarda l’ex vice ministro della difesa Kiselev, che voci affermano sarebbe morto durante un interrogatorio.
Sembra essere in atto una guerra civile a bassa intensità all’interno della Repubblica di Luhansk: da un lato il clan fedele al Presidente Plotnitsky, dall’altro l’MBG, i servizi d’intelligence della Nuova Russia. La posta in palio non è solo il potere militare (che da queste parti garantisce anche quello politico), ma anche e soprattutto il controllo dei traffici illegali che transitano attraverso il territorio dell’Ucraina Orientale e che generano un buon quantitativo di denaro per chi controlla il territorio. Dall’altra parte, tuttavia, questo conflitto non è un qualcosa di interno solo alla Nuova Russia, ma affonda una parte delle sue radici a Mosca, dove lo svecchiamento delle élite messo in atto da Putin si riflette a cascata anche su quanto succede oltre il confine con le due Repubbliche Popolari (quella di Luhansk e quella di Donetsk).
La debolezza di una non giova all’altra e, conscio di questo, Zakharchenko ha inviato un battaglione per pacificare la situazione di Luhansk, teatro di alcune rivolte nei mesi scorsi. Con una crisi più ampia i timori di Donetsk sono che Kiev si senta incoraggiata ad intervenire, rompendo il “cessate il fuoco” ora in atto. In tal caso, dalla Russia ricomincerebbe il flusso di denaro, uomini e armi volte a proteggere le conquiste compiute in Ucraina Orientale. La Nuova Russia è un (fragile) tassello della strategia russa contro la Nato e più nello specifico contro gli Stati Uniti: della stessa strategia fanno parte Kaliningrad ma soprattutto la Siria, dove la difesa delle basi nel Mediterraneo è di importanza vitale e probabilmente senza Assad diverrebbe insostenibile. Per questo motivo la Russia sta agendo per acquisire “posizioni di forza” da poter poi tramutare in vantaggi diplomatici da poter giocare quando si arriverà al tavolo delle trattative per decidere le sorti delle sanzioni, della Siria, di Aleppo e di Damasco.
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
30 Maggio 2017
17 Maggio 2017
12 Aprile 2017
15 Marzo 2017
22 Gennaio 2017
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