Mela Cotogna questa sconosciuta, un frutto antico che riporta a tempi lontani, pressoché immangiabile appena raccolta, si presta benissimo a lunghe cotture, come in confettura o nella versione che vi proporrò oggi: Cotognata.
All’apparenza aspra e dall’aroma poco accentuato, la mela Cotogna è in realtà un frutto ricco di zuccheri a lunga catena intrappolati in una polpa fibrosa che richiede un lungo tempo di esposizione al calore e l’aggiunta di acqua anche per la semplice preparazione in confettura.
Molto diffusa dal nord al centro, viene spesso relegata a pianta decorativa o da giardino e i frutti lasciati inesorabilmente a terra a marcire.
La Cotognata è una preparazione tradizionale a base di mela Cotogna e zucchero, lasciata cuocere lentamente a mo’ di marmellata fino a formare una densa gelatina dolce dall’aroma intenso e irresistibile. Originaria del sud italia, questa iterazione della più classica confettura concentra i sapori, ne allunga di molto la conservabilità e per dare un tocco personale aggiungeremo anche una nota agrumata al composto con qualche fogliolina di Geranio.
Esatto, pianta anche lei caratteristica del bacino mediterraneo, il Geranio è ben più noto per i suoi caratteristici fiori che adornano giardini e terrazzi, ma sarebbe un errore sottovalutarne il potere insaporente. Alcune varietà molto diffuse in est-europa vengono spesso utilizzate in marmellate e composti a base di frutta, ma anche per aromatizzare carni e legumi.
Qui in Italia questa particolare varietà, detta “Indrishe” nei paesi dell’est, è pressoché introvabile in commercio, ma molto diffusa come pianta ornamentale per le vie di borghi e paesi dell’Etruria, agro Pontino e Appennini centrali.
Molto facile da coltivare, è sufficiente estrarre una talea dalla pianta madre e metterla a bagno finché non spuntano le radici, una volta piantata richiede pochissime cure e scarsa irrigazione anche d’estate, periodo in cui sfoggia una splendida livrea di fiori violacei.
Ma torniamo alla nostra ricetta…
COTOGNATA
Ingredienti:
Seppur comune l’ultimo ingrediente potrebbe apparire di difficile reperibilità, ma sarà sufficiente sostituirlo con poca Citronella o scorza non trattata di Limone verde per ottenere un risultato molto simile.
Questo e due pentole, una ampia e larga per la sterilizzazione dei barattoli e successiva pastorizzazione ed una alta e stretta con coperchio per la cottura vera e propria.
Per prima cosa mettete a bollire uno o più barattoli in una capiente pentola piena d’acqua, per evitare di spaccare il vetro potete adagiare un panno pulito di cotone come spessore tra un barattolo e l’altro per non farli urtare tra di loro durante il bollore.
Lavate bene, mondate e tagliate le mele per la vostra Cotognata. Con un’accurata pulizia non sarà necessario sbucciarle, conservando così una parte importante del frutto dove sono concentrati sapori e aromi della pianta. Non ne temiate la consistenza, la lunga cottura ridurrà ai minimi termini la struttura cellulare in un composto cremoso e uniforme.
Con l’aiuto di un robot da cucina o di una grattugia affettate finemente a julienne la polpa in modo da offrire una maggior superficie all’azione igroscopica dello zucchero, anche tagliare a mano andrà bene ma richiederà tempi di cottura più lunghi per disfare grossi pezzi di polpa.
Ponete tutto in pentola (meglio se antiaderente), scaldate sul fornello più piccolo a fuoco massimo per i primi dieci minuti e aggiungete il succo spremuto di un mezzo limone fresco.
Mescolate man mano che la frutta prende temperatura e aggiungete il nostro tocco segreto, che sia il Geranio, la Citronella o la scorzetta di Limone, questi doneranno una nota speziata molto originale rispetto alla sola Cotogna ma, anche senza accompagnamento otterrete lo stesso un gusto molto intenso.
Lo zucchero deve essere presente ma in dosi non eccessive, con la lunga cottura e il succo di limone la conservabilità della nostra Cotognata si attesterà intorno ai tre/quattro mesi anche aggiungendone l’equivalente di metà del peso della frutta, con solo un terzo otterrete un sapore più intenso e meno diluito dagli zuccheri ma che andrà trattato come un prodotto fresco e non come conserva. Aggiungendo 2/3 o addirittura lo stesso peso in zucchero potrete scordarvela in dispensa per un tempo più o meno indefinito, ma vi ritroverete con una Cotognata eccessivamente stucchevole e dal sapore più blando.
Fate cuocere dolcemente a fuoco molto lento ma comunque portata a bollore con coperchio, per la prima mezz’ora senza aggiungere alcun liquido e mescolando ogni 5/10 minuti. Una volta ben addensata e portata a temperatura aggiungete un bicchiere colmo d’acqua, alzate un momento il gas, mescolate richiudete con il coperchio e lasciate a fuoco minimo per almeno un’ora.
Nel frattempo preparate il barattolo rimuovendolo dalla pentola e scolandolo bene dall’acqua, lasciatelo ad asciugare su una superficie pulita in un punto riparato della cucina per non rischiare di contaminarne la sterilità.
Dopo la prima ora e mezza di cottura circa vi dovreste trovare davanti a questo tipo di trasformazione: consistenza densa “a prova di piatto” (mettendone un cucchiaino su un piatto piano e inclinandolo la confettura deve restare ferma senza scivolare), colore virato dal giallo arancione iniziale a un rosso intenso ma non caramellato verso il marrone e profumo inebriante…
La nostra Cotognata è pronta, ma noi le daremo ancora una mezz’oretta per riflettere bene, sempre a fuoco minimo ma stavolta senza coperchio e mescolando pressoché in continuazione. Questo darà la forma definitiva alla texture gelatinosa del composto e addenserà i sapori.
Certi e soddisfatti del risultato, all’incirca allo scoccare delle due ore, spegnete il fuoco e precipitatevi a invasare immediatamente tutto, meno tempo ci mettete più il composto entrerà nel vasetto ad alta temperatura sterminando qualsiasi possibile traccia di contaminazione residua e dando la possibilità alla poca aria che lascerete tra bordo e coperchio di scaldarsi a dovere, così da creare un perfetto effetto sottovuoto quando la sacca d’aria si contrarrà una volta raffreddata.
Qua due scuole di pensiero differenti, una volta senza antibiotici e servizio sanitario nazionale, dipendendo la propria vita da ciò naturalmente si procedeva a un ulteriore bollitura dei barattoli per effettuare una vera e propria pastorizzazione delle conserve (sopratutto quelle salate). Ma siamo nel 2016, abbiamo usato “abbondante” zucchero e proceduto a sterilizzare preventivamente i contenitori e riempirli velocemente a caldo, può bastare, sopratutto se non si tratta di una questione di sussistenza ma di gola e non intendete far vedere alla vostra Cotognata l’alba del nuovo anno.
Ma se proprio siete di quelli che non si vaccinano e visto che l’abuso di antibiotici potrebbe portarci all’estinzione per raffreddore, allora sappiate che vi sarà sufficiente immergere i barattoli sigillati ancora caldi nella stessa acqua in cui li avete sterilizzati e farli bollire per un quarto d’ora. Riponeteli a freddare a testa in giù e conservateli tranquillamente fuori dal frigo.
Una volta aperti invece andranno consumati entro una settimana o due al massimo e posti in frigorifero dopo ogni utilizzo.
Per godere al meglio della vostra nuova Cotognata rossa fiammante vi consiglio di essere pazienti e farla riposare almeno una settimanella, così da rassodarla bene e fermare i sapori, ma anche il giorno dopo potrete tranquillamente indugiare con biscotti, dolci tartine, crépes, crostate o qualsiasi altra cosa vi suggerisce la fantasia. Il suo sapore speziato e leggermente acidulo si sposa alla perfezione anche con carni di maiale e arrosti per un accompagnamento in stile anglosassone.
E con questa ci salutiamo, godetevi il frutto dei vostri sforzi e alla prossima ricetta!
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