Negli ultimi vent’anni siamo stati abituati a lotte scudetto scarne, dove le principali contendenti sono state sempre le solite tre grandi squadre. Unica eccezione è stata la piccola parentesi delle romane che comunque non fa altro che confermare questo strapotere sportivo delle metropoli. Non è però di loro che ci occuperemo oggi. Oggi vogliamo parlarvi di una società provinciale capace di grandissime imprese, sconosciute purtroppo ai molti per il fatto che esse risalgono a circa cento anni fa. Parliamo della Pro Vercelli, che proprio in questi anni del secolo scorso vinse ben 7 titoli nazionali, divenendo (ad oggi) l’unica pluriscudettata non capoluogo di regione.
Difficile, praticamente impossibile, racchiudere in poche righe la storia di una società come questa. Arduo anche solo scegliere quali episodi da raccontare, dei tanti che meritano di essere ricordati, tra i suoi 124 anni di storia. Chi, da bambino, scorrendo l’albo d’oro del calcio italiano non si è stupito nello scoprire che al quinto posto della classifica degli scudetti c’è la Pro Vercelli? Certo, non gioca in Serie A dal 1935, ma la leggenda di quegli anni ha senza ombra di dubbio segnato profondamente il calcio italiano, anche nelle piccole cose. Un esempio, il primo utilizzo della toppa dello scudetto sulle maglie dei campioni nazionali in carica. O ancora, la scelta della maglia della nazionale, inizialmente bianca in onore delle “bianche casacche” e poi diventata la seconda maglia dell’Italia; Stesso stile ripreso successivamente da altre società (compreso l’attuale compagno di categoria Spezia) per omaggiare questa grande storia che vi stiamo per raccontare.
La “Pro” nasce nel lontano 1892 nella provincia piemontese per mano del professore di liceo Domenico Luppi, e si identifica inizialmente come “Società Ginnastica”. Per iniziativa di quattro giovani studenti viene creata anche la sezione calcistica. Entrano così nella storia Marcello Bertinetti, Piero Albertini, Dolfo Severi e Francesco Visconti, che erano tra l’altro già schermidori della società – altro sport che ha regalato e tutt’ora regala gioie ai massimi livelli nazionali alla città bicciolana.
Il primo campionato ufficiale disputato è quello del 1906, erano gli albori del nostro movimento calcistico nazionale, giunto alla nona edizione. La Pro Vercelli parte per precisione dalla Seconda Categoria, all’epoca secondo livello professionistico italiano, ma in sole due stagioni riesce ad entrare nell’Elitè del calcio, la Prima Categoria.
Fu subito una grande impresa: la società di Marcello Bertinetti, da neopromossa, conquistò il Campionato del 1908, e di conseguenza la Coppa Romolo Buni, premio assegnato al tempo alla vincitrice dal mecenate sportivo ed ex campione di ciclismo da cui prende il nome. I vercellesi incontrarono e sconfissero (tra le altre) la Juventus durante le fasi eliminatorie, giungendo così di fronte alla Società Ginnastica Doria e alla Società Milanese nel triangolare finale. La qualità principale di questa squadra fu l’agonismo puro, in contrapposizione alla tecnica più raffinata di Genoa, Milan ed anche della Juventus, dove militavano numerosi giocatori stranieri. Altra caratteristica che la contraddistinse era infatti l’appartenenza cittadina: in rosa erano presenti esclusivamente ragazzi della città o degli immediati dintorni. La formazione che vinse il primo scudetto era formata da questo 11: Innocenti, Salvaneschi, Celoria, Ara, Milano I, Leone, Romussi, Bertinetti, Fresia, Visconti e Rampini I.
Erano tempi diversi, tempi in cui i calciatori pagavano di persona per giocare al pallone, il professionismo come lo conosciamo oggi era molto lontano. Dopo il primo scudetto, i giocatori versarono nella casse delle aziende che davano loro lavoro venti centesimi al mese allo scopo di creare un fondo-cassa per finanziare la società. Cosa curiosa e ad oggi impensabile è il fatto che non solo le trasferte erano a carico dei giocatori stessi, ma erano per la maggior parte fatte in bicicletta.
L’anno seguente la formazione dei “Bianchi” (leggermente rimaneggiata) bissò il successo, mettendo in bacheca il suo secondo scudetto (1909), confermandosi coriacea in difesa, duttile a centrocampo ed incisiva all’attacco: dopo aver superato la fase eliminatoria piemontese davanti a Juventus e Torino, la squadra guidata in campo da capitan Milano I° affronta il Genoa per la semifinale Ligure-Piemontese, uscendone vittoriosa dopo due partite molto dure (3-2 a Vercelli ed 1-1 a Genova). La finale, contro l’U.S. Milanese, vede i vercellesi vincere 2-0 in casa e pareggiare 1-1 sul terreno milanese.
Molto curioso invece fu l’esito del 1910. In questa stagione le formazioni furono riunite in un unico girone, da disputare con partite di andata e ritorno. Al termine del torneo, Inter e Pro Vercelli si classificarono alla pari, e per assegnare lo scudetto venne fissata una gara di spareggio il 24 aprile. La Pro chiese una proroga di una settimana alla data, a causa dell’assenza di giocatori fondamentali impegnati in un torneo militare a Roma. L’allora FIF (nome della Federazione prima dell’italianizzazione della lingua da parte del fascismo), anche per le pressioni della stessa Inter, decise di non accogliere questa proposta di rinvio, temendo fosse un trucco per attendere il rientro anche dei giocatori infortunati, e diede ordine di far giocare comunque la partita. La risposta della società vercellese fu perentoria: come deciso dallo storico presidente Luigi Bozino nessun giocatore della prima squadra avrebbe preso parte alla gara. Pochissimi sostenitori delle bianche casacche assistettero all’incontro tra i titolari dell’Inter ed una squadretta di ragazzini al di sotto dei tredici anni messa in campo per protesta dalla Pro. Tra questi ultimi si fece notare Mario Ardissone, allora decenne, che non poté comunque impedire alla Pro Vercelli una dura sconfitta per 3 a 10 in una partita già scritta. Per questo episodio e per la singolare protesta, tutti i membri della società piemontese furono multati dalla F.I.F. per condotta antisportiva. Tutt’ora questo scudetto è amaro per gli appassionati della Pro Vercelli, in quanto la società avrebbe potuto vantarsi di aver vinto ben sei titoli di fila.
I piemontesi dimostrarono la propria forza l’anno seguente (1911), tornando a vincere il campionato. La Pro Vercelli, scottata dal controverso e polemico esito sfavorevole del campionato precedente, partì a subito per riscattarsi e ottenere il successo finale. Questa volta l’Inter non riuscì mai a contrastarla, ed uscì ben presto di scena in una stagione assai deludente. L’unica inseguitrice della Pro Vercelli restò l’altra grande formazione milanese, il Milan, trascinato dai gol del suo bomber, il belga Louis Van Hege. Tuttavia alcuni clamorosi passi falsi casalinghi, in specie contro la Milanese e l’Andrea Doria, impedirono ai rossoneri di impensierire seriamente i Leoni vercellesi, che non ebbero poi alcuna difficoltà a liberarsi in finale del Vicenza, tanto che i giornali assegnarono loro il titolo già prima della doppia sfida coi veneti.
Agli sgoccioli della Belle Epòque la squadra tutta italiana, anzi, tutta vercellese, non nasconde una punta di orgoglio quando incontra le squadre rivali, piene di giocatori inglesi, svizzeri e tedeschi. Gli avversari trovano nelle bianche casacche un ostacolo ancor più arduo da superare proprio a causa della tenacia con la quale essi si battono per una questione di patriottismo. Un episodio indicativo si verifica nel 1912, quando la Pro Vercelli gioca, sul terreno del Genoa, un incontro molto importante: da esso infatti dipende la possibilità di proseguire la corsa verso il primato nel girone Ligure-Lombardo-Piemontese, che le consentirebbe un cammino agevole verso la finale. La partita è molto spigolosa e giocata al limite, i frequenti scontri tra giocatori costringono l’arbitro Goodley ad intervenire con decisione finché, con le squadre 0-0, in seguito ad un corpo a corpo tra il genoano Schmidt e Milano I° vengono espulsi entrambi i giocatori. Mentre il rossoblù abbandona il campo, il vercellese, chiamati a raccolta i compagni, urla: “Giurate di vincere!”. Rampini I°, interno di gran classe, levando alta la voce, risponde: “Fioeui a noui!” (“Ragazzi, a noi!”). I bianchi, caricati a mille, si catapultano contro la difesa genoana, pervenendo al goal della vittoria. Nell’euforia generale, l’accompagnatore Severi si precipita a dettare il seguente telegramma diretto in sede: “Italia batte Europa 1-0”. Il mondo del calcio dell’epoca è stupefatto per l’autorevolezza, la sicurezza, persino la spavalderia con cui la Pro Vercelli impone la propria personalità. Nel corso del del torneo solo il Milan riesce a contrastarne il cammino, senza però avere molta fortuna: per un solo punto i rossoneri devono inchinarsi ad una Pro che, successivamente, polverizza il Venezia nel corso delle due finali, vincendo a Vercelli 6-0 ed a Venezia 7-0.
Le bianche casacche s’impongono anche nel 1913, dominando il girone Piemontese e confermando la propria superiorità nel girone successivo, riservato alle squadre dell’Italia Settentrionale. Nella finale di giugno a Genova, la Pro Vercelli batte la Lazio, finalista del Centro-Sud, con un perentorio 6-0.
Questa squadra costituisce anche l’ossatura della Nazionale: durante l’incontro Italia-Belgio del 1° maggio 1913, vinto dalla nostra selezione con un goal di Guido Ara, sono ben nove i vercellesi schierati, a testimonianza della validità di questa squadra leggendaria. Nel volgere di pochi mesi, però, vengono a meno alcuni elementi di spicco, sia per la stanchezza accumulata, sia per la chiamata alle armi.
Il 1914 è vigilia di guerra, ma il pallone non smette di rotolare. In campionato la Pro Vercelli campione in carica manca clamorosamente, per un punto, l’accesso alla fase finale del torneo, sopraffatta dal Genoa e dall’emergente Casale, la cui storia è direttamente legata ai successi dei bianchi di quegli anni. Raffaele Jaffe, presidente della giovane società monferrina, guardava ai trionfi vercellesi con risentimento per motivi di campanilismo: per questa ragione si era posto l’obiettivo d’insidiare i primati della Pro. Scelse per le divise della sua squadra il nero, in antitesi con le Bianche Casacche, e in pochi anni seppe allestire una potente squadra che, proprio in quell’anno, riuscì a strappare lo scudetto dalle maglie dei vercellesi. La rivalità tra i due club non sarebbe mai venuta meno, anche dopo la nascita e la crescita di altre importanti realtà sportive nella zona del Piemonte Orientale, come Alessandria e Novara, che andarono a completare il cosiddetto “Quadrilatero Piemontese”.
Il passo falso di quell’anno segnò anche la stagione successiva, molto negativa per la Pro ma giocata in generale in un clima difficile, tanto da essere interrotta per lo scoppio della guerra. Successivamente questo campionato è stato assegnato al Genoa, un sospiro di sollievo per i rossoblù, che negli ultimi anni stavano vedendo avvicinare sempre di più i piemontesi al loro primato di titoli.
Nel primo dopoguerra la Pro Vercelli seppe riconfermarsi tra i più forti club italiani, tornando a respirare aria di primato. Nel campionato del 1920 i bianchi arrivano alle semifinali interregionali, sconfitti però dal Genoa: la seconda generazione di giocatori vercellesi presentava molti volti nuovi, alcuni dei quali ancora acerbi. Proprio in quella stagione, a soli diciotto anni, Viri esordisce in Nazionale, alle Olimpiadi di Anversa, giocando contro la Norvegia come terzino destro: tre anni dopo avrebbe fatto nascere un “caso” passando alla Juventus. Erano i primi segnali del professionismo.
In questo senso il caso più famoso fu pochi anni dopo quello di Virginio Rosetta, lanciato proprio nel primo campionato del primo dopoguerra. Sempre la Juventus di Edoardo Agnelli, lo acquistò dalla Pro per 50mila Lire, dandogli uno stipendio: per questo egli viene ricordato come il primo calciatore professionista italiano. Rosetta tra l’altro, assieme a Giovanni Ferrari e Giuseppe Furino detiene il record di scudetti vinti, otto, di cui due con la Pro Vercelli. Sarà poi bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam e campione del mondo a Roma nel 1934.
Nel 1921 la formula del campionato (stranamente per quegli anni) non varia, disputandosi ancora per regioni. La Pro Vercelli, raggiunto il secondo posto dietro all’Alessandria nel girone Piemontese, approda alle semifinali interregionali, dove batte l’Inter. Vinte anche le due finali contro l’Alessandria ed il Bologna, la Pro s’impone nella finalissima sul sorprendente Pisa, con il risultato di 2-1. In quella formazione, oltre a Rosetta ed Ara, svetta quell’Ardissone che, decenne, partecipò nel 1910 alla finalissima con l’Inter.
L’anno successivo ci fu il settimo, ed ultimo, campionato vinto dalla Pro Vercelli. Fu però anche l’anno della scissione all’interno della Federazione, spaccata dalle proteste dei piccoli club, che si sentivano poco tutelati. Per questo, nei documenti storici del calcio italiano, per il 1922 figurano ben due campionati e quindi due squadre campioni. La Federazione infatti decise di ristrutturare l’organizzazione divenuta oramai troppo caotica, ma la proposta di Vittorio Pozzo fu bocciata, e ci fu la spaccatura. Le società più importanti uscirono dalla Federazione fondando una Confederazione Calcistica Italiana (C.C.I.). Tra le società maggiori c’è anche la Pro Vercelli, oltre a Bologna, Juventus, Andrea Doria, Milan, Alessandria, Genoa, Casale, Padova, Novara, Torino, Brescia, Venezia e Inter. Alle finali del campionato, le bianche casacche liquidano in due partite e con punteggio schiacciante (3-0 e 5-2) la Fortitudo di Roma. Da quel giorno, tuttavia, comincia il declino della Pro Vercelli: la provincia per sopravvivere è costretta a cedere i pezzi migliori.
La società vercellese compie sforzi enormi per sopravvivere, affidandosi come sempre ai giovani del territorio come Borsetti, Morselli e Traversa, guidati in campo dall’intramontabile Ardissone.
Silvio Piola debuttò in Serie A a sedici anni. Non appena esordisce, è subito adocchiato da molte società tra le quali la Lazio, che lo acquista alla fine della stagione 1933/34. È stato uno dei più grandi campioni della storia del nostro calcio. Il vercellese è tutt’oggi il giocatore più giovane della storia della Serie A ad aver segnato quattro gol in una sola partita (Alessandria-Pro Vercelli 4-5, 22 novembre 1931, 18 anni 1 mese 24 giorni), e detiene anche il record di 6 goal in una sola partita, giocata contro la Fiorentina. È stato l’ultima ancora di salvezza per la squadra, grazie alle sue reti ed al suo piglio energico che rievocava le figure dei grandi vercellesi del passato. La sua partenza suggella un’epoca e, mentre la stella del grande Silvio brilla di vivida luce, quella della Pro Vercelli si spegne. A lui è stato intitolato nel ’96, dopo la sua morte, lo stadio che sorge nei pressi del centro della città di Vercelli, prima dedicato al pioniere dell’aviazione Leonida Robbiano. Piola riposa nel Cimitero del Biliemme, il maggiore cittadino.
Tornando all’ultimo scudetto, quello del 1922, esso sancì una nuova era per il calcio in Italia, in quanto si passò ad una visione più professionistica di questo sport, concepito prima in una dimensione dilettantistica. Squadre come Bologna, Juventus e Milan poterono godere di più considerazione e cominciarono i trasferimenti di giocatori con grossi investimenti di denaro. La Pro Vercelli perse quell’appeal che l’aveva resa protagonista e che gli era valso addirittura delle amichevoli di dimostrazione in Brasile, prima squadra europea a farlo. Grazie ad una di queste, nacque la società “Palestra Italia”, oggi conosciuta come Palmeiras. Come si è detto, con la partenza di Piola il declino accelerò. Dalla retrocessione in Serie B in poi, sulle rive della Sesia si è visto di tutto, comprese buie stagioni di Serie D negli anni ’80. Solo dopo anni purgatorio, ripescaggi, fallimenti ed il cambio di denominazione a FC Pro Vercelli 1892, Il 10 giugno 2012 arriva la tanto agognata Serie B, dopo oltre sessant’anni di assenza. A farne le spese il Carpi, sconfitto nella finale playoff dalla Pro guidata da Maurizio Braghin, grazie ai gol di Modolo, Iemmello e Malatesta.
Da aggiungere che, oltre all’intitolazione dello stadio a Piola da parte del Comune, il nuovo centro sportivo è stato denominato dalla società “M. Ardissone”, quasi a completamento di un ponte tra passato e presente che miri a creare un nuovo solido corso, senza dimenticare la storia antica e gloriosa della società piemontese. In attesa di vedere all’opera la nuova Pro Vercelli di Moreno Longo nel prossimo campionato di Serie B che sta per cominciare, rendiamo omaggio a coloro che hanno dato grande spettacolo al paese quando il calcio muoveva i primi passi, e che meritano di essere ricordati per la passione che hanno regalato. Solo la nostra grande tradizione, unita ai tecnicismi e alle modernità strutturali delle federazioni estere, può salvare il nostro calcio.
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