Per chiunque sia nato dopo il 1980 “Space Jam”, il film prodotto dalla Warner Bros nel 1996, è un cult. La trama, sostanzialmente, gira intorno al fatto che i migliori giocatori dell’NBA sono stati privati del loro talento da dei bizzarri alieni alti mezzo metro; i malcapitati diventano delle mezze calzette, tanto da non riuscire più nemmeno a fare centro con la carta del panino nel cestino della spazzatura.
La situazione può essere anche vista come una sorta di metafora; degli sportivi apparentemente ricchi di talento, per varie cause, non riescono più a esprimerlo come una volta. Nel mondo reale queste cause possono essere un infortunio, un problema familiare, o semplicemente la voglia di godersi i facili guadagni sorseggiando un mojito sulle spiagge di Miami il giorno prima di una partita di calcio (che si gioca in Europa, magari). Un appassionato di calcio italiano, lette queste parole, penserà subito a Mario Balotelli, o forse ad Antonio Cassano. Un tifoso della Dinamo Kiev, invece, penserà certamente a quante speranze aveva riposto in Artem Milevskiy e Oleksandr Aliev.
I due avevano molto, troppo in comune, per non seguire la stessa strada della vita: entrambi ucraini solo di passaporto (Artem nasce in Bielorussia, “Sasha” in Siberia), entrambi del 1985, percorrono insieme la strada che porta dalle giovanili alla prima squadra della Dinamo Kiev, la compagine storicamente più titolata dell’ex URSS.
Entrambi, ancora, si mettono in luce all’Europeo under 21 del 2006, dove portano l’Ucraina in finale con l’Olanda di Klaas Jan Huntelaar e compagni. Il legame tra i due si vede sia dentro che fuori dal campo, Aliev mette l’assist, Milevskiy la butta dentro; la stessa cosa succede, magari anche a parti invertite, nelle discoteche più lussuose di Kiev.
Il talento di Milevskiy, in particolare, è cosi cristallino che due settimane dopo l’Europeo il ct Oleh Blokhin, ex Pallone d’Oro, lo convoca al primo Mondiale nella storia dell’Ucraina indipendente. L’allenatore lo butta nella mischia negli ottavi di finale con la Svizzera, partita che andrà ai rigori; Milevskiy si presenta al mondo così:
Dopo i Mondiali di Germania, Artem è già una stella in Ucraina, diventando a 22 anni leader della Dinamo, mentre Aliev dovrà attendere l’arrivo dell’allenatore russo Semin nel 2008 per esplodere definitivamente. Da lì in poi, i nostri due eroi diventano un duo ancor di più indissolubile, regalando molte gioie ai tifosi della Dinamo e molte speranze a quelli della nazionale. Qualsiasi tifoso storico della squadra di Kiev ricorderà i preliminari della Champions League 2008/2009, contro i grandi rivali dell’epoca sovietica dello Spartak Mosca: vittoria per 4-1 a Mosca, vittoria per 4-1 al Lobanovskij Stadium e 5 gol e 3 assist nel complessivo per i due. Quella stagione si concluderà con la vittoria del campionato e la semifinale di Coppa UEFA nel derby con lo Shakhtar Donetsk. La stagione successiva Semin torna ad allenare la sua squadra storica, la Lokomotiv Mosca, e si porta il suo ormai pupillo Aliev, che non lo delude confermandosi uno dei giocatori più forti del campionato russo (14 gol in 25 partite per un centrocampista non sono affatto male) e un mago dei calci di punizione, come si era intuito già in gioventù.
Negli anni di più grande espressione del loro talento, i due falliscono la consacrazione definitiva facendosi soffiare nel play-off l’accesso ai Mondiali 2010 da un gol del greco Salpingidis, che sigla l’unico gol tra andata e ritorno, dopo lo 0-0 di Atene.
Sul piano personale, invece, sia Artem sia Oleksandr hanno ormai superato il livello del campionato ucraino e russo, e sarebbe logico un passaggio in un club europeo. Tuttavia, nell’estate 2010, dopo la sfavillante stagione alla Lokomotiv, Aliev decide di tornare alla Dinamo, mentre Milevskiy rifiuta le offerte di Liverpool e West Ham, attratto dalle sirene del Milan, che non si concretizzeranno mai.
L’amore per l’Italia è una costante della vita dell’attaccante, che ha sempre dichiarato di voler giocare in Serie A. Un’amore, quello per il Bel Paese, non solo per il calcio, ma anche per l’abbigliamento, per i motori (nella sua collezione di macchine distrutte una Maserati Quattroporte e una Ferrari California) e per il vino (“Se finissi su un’isola deserta, porterei con me tre cose: un cellulare, una donna e una bottiglia di vino bianco”).
L’amore per alcol è forse troppo spinto, e, spalleggiato dal compagno di vita Aliev, Milevskiy non salta nessuna serata che conta nei locali di Kiev. Il presidente della Dinamo è sconsolato: “Non è sufficiente nessuna multa, ogni volta è la stessa storia”.
In Aliev l’abuso si traduce in un’indole violenta, che si era già vista in campo in alcuni episodi, che sconfina anche nella vita privata: la moglie Tatyana lo denuncerà per maltrattamenti, e l’unico a credere nella sua innocenza sarà ovviamente Milevskiy. Gli eccessi, dentro e fuori dal campo, lo portano a essere messo fuori rosa dalla Dinamo Kiev, mostrando gli ultimi lampi di talento al Dnipro e all’Anzhi, prima di arrivare a giocare, a 30 anni, nelle leghe amatoriali ucraine per il Rukh e il Catanzaro (sì, avete letto bene).
Contemporaneamente, Milevskiy viene messo fuori rosa dal neo-allenatore della Dinamo, quell’Oleh Blokhin che aveva creduto in lui nel 2006, dopo essersi presentato ubriaco in allenamento ed entrato nella sala stampa in accappatoio mentre l’allenatore si presentava ai giornalisti. Dopo aver fallito il sognato approdo in Serie A (non al Milan stavolta, ma al Livorno) nel 2013 per l’ormai ex stella del calcio ucraino comincia un pellegrinaggio che lo porta prima in Turchia, poi in Croazia (dove viene messo fuori rosa da entrambe le squadre di Spalato, Hajduk e RNK), Romania e infine seconda serie russa, dove ora gioca per il Tosno.
È ormai agli sgoccioli, dunque, la vita calcistica dei due aspiranti George Best ucraini, che a un certo punto della loro esistenza hanno creduto di essere più forti dei loro vizi e delle loro dipendenze, sprofondando, insieme, in un tunnel in perfetto contrasto con le ambizioni che il loro talento giovanile avrebbe potuto concedere.
Ucraino trapiantato in Italia, cresciuto a Napoli, studente di Economia a Bologna.
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