L’internet che conosciamo, quello aperto, che non conosce siti di serie A e di serie B, non era mai stato così in pericolo. In Europa, dopo che lo scorso ottobre il Parlamento Europeo adottò un regolamento in materia di Net Neutrality che in alcuni punti si prestava a più letture, era atteso con trepidazione l’intervento dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). L’intervento del BEREC era semplicemente cruciale. Linee guida chiare e rigorose avrebbero infatti salvato il principio di neutralità della rete nel nostro continente e, al contrario, linee eccessivamente fumose avrebbero verosimilmente permesso alle compagnie delle telecomunicazioni di sfruttare eventuali loophole per violare la neutralità. La materia è di straordinaria importanza e non è infatti un caso se a luglio molti intellettuali e attivisti, tra cui lo stesso padre di Internet, Tim Berners-Lee, si siano spesi in prima persona per evitare la morte della neutralità di rete in Europa. Appello a cui hanno risposto con favore oltre mezzo milione di cittadini europei.
E per fortuna, pericolo scongiurato. In data 30 Agosto il BEREC ha finalmente rilasciato le linee guida in materia e non c’è scampo: la neutralità di rete è salva.
Ma facciamo un passo indietro. Cos’è la Net Neutrality e perché se ne sente tanto parlare in questi giorni? Essa consiste nel divieto per i provider di discriminare il traffico internet verso siti specifici, rallentandolo, e di stringere accordi commerciali con i colossi del web per fornire corsie preferenziali al traffico a favore dei loro siti. Insomma, internet attualmente alloca banda a prescindere dal sito a cui intendiamo accedere e non compie preferenze dando priorità ad un utilizzo della rete piuttosto che ad un altro. Un ipotetico internet che venga meno al principio in questione, invece, permetterebbe ai provider di dare priorità al traffico indirizzato verso una serie di siti partner, a scapito di tutti quelli che invece non volessero, o non potessero, stringere un accordo per poter godere dello stesso privilegio.
In alternativa, come del resto è già successo, pensate ad un provider che, operando una scelta arbitraria, decide di rallentare il traffico degli utenti che utilizzano programmi peer to peer come Emule o Torrent. O, ancora, si pensi all’ipotesi (già reale, a dire il vero) in cui gli operatori di rete mobile concedano agli utenti la possibilità di utilizzare certe app senza pesare sul proprio piano dati, ad esempio permettendo di usare Whatsapp senza consumare i preziosi giga. Sembra allettante, ma di fatto in questa maniera si permette alle aziende di scegliere in partenza i vincitori e i perdenti del mercato; in altre parole, perché proprio Whatsapp e non Telegram o Wechat? È proprio questo il motivo che ha spinto alcune organizzazioni a volere la regolamentazione di questa pratica commerciale.
Una rete aperta, senza discriminazioni, neutrale, è quella che ha permesso la nascita di colossi partiti completamente da zero come Google, Facebook e Twitter. Ma non solo, è quella che ci consente di avere fonti di informazione alternative: L’Inkiesta, The Post, AdnKronos, Formiche.net e via dicendo. Tutte realtà che difficilmente avremmo visto emergere in un web dove tariffe premium, quelle che permettono ad un sito di fare sul serio, fossero di esclusivo appannaggio dei grandi gruppi dell’editoria. O, ancora, estremizzando, immaginate una realtà dove è possibile accedere gratuitamente ai colossi della rete ( Google, Twitter, Youtube, Amazon, Facebook ) e ai siti più visitati dall’utente medio, mentre sarebbe necessario pagare per tutto il resto. Facile ipotizzare i danni mostruosi alla libera concorrenza che questo scenario potrebbe causare, come ad esempio nel settore dell’e-commerce.
Ma l’Unione Europa ha deciso diversamente. “L’Europa, con l’emanazione delle linee guida del BEREC, diventa finalmente una apripista nella salvaguardia dell’internet aperto, competitivo e neutrale”, ha commentato l’attivista per i diritti della rete Joe McNamee. E sebbene ci sia chi invita a non abbassare fin da subito la guardia, come l’eurodeputata del Partito Pirata Julia Reda, sembrerebbe che in realtà, per una volta, tutto sia andato per il meglio.
Ventiduenne, veneziano di terra ferma. Scrivo di tecnologia e cinema.
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