E’ forse il candidato con più chance di vincere le primarie del Pd, ma anche quello più osteggiato da tutto l’Apparato. Perchè? Qual è la verità sul suo conto?
Partiamo dal concreto: cosa ha fatto Matteo Renzi per Firenze?
Bene, tutto unsaccobbello direte voi: presentato così sembra il profilo di un buon sindaco. Effettivamente sotto questo punto di vista Renzi si è dato da fare (quelle poche volte che è stato presente in consiglio comunale), tuttavia rimangono lati oscuri sul suo conto (no, non perchè si tema essere un massone; che poi di questi tempi, chi non lo è?). Parlo del suo pregresso operato da capo della provincia di Firenze: è aperta un’indagine da parte della Procura fiorentina su presunti sperperi di denaro pubblico a favore di imprese vicine (dai, lo avrete visto di sicuro con titolo tipo “IL NUOVO CHE AVANZA?!!”). Spetta al potere giudiziario emettere sentenze in merito, intanto rinvio chi volesse approfondire al libro “Chi comanda Firenze”, descritto qui (alert: compare la voce “poteri forti”).
Personalmente mi sento di escludere la continua e nauseante similitudine con Berlusconi che tutti gli imputano: se è vero che entrambi hanno rivoluzionato le tecniche di comunicazione politica (senza inventare niente, sia chiaro), è evidente la differenza del secondo che entra in politica conseguentemente ai propri problemi giudiziari.
Renzi si interessa di politica già dall’adolescenza, da iscritto al Partito Popolare; solo in seguito migra verso Margherita e Pd, troppo tardi tuttavia per non beccarsi l’etichetta di democristiano dai più ortodossi comunisti-magliettadiCheGuevara-concertodelPrimoMaggio del partito.
Pur prendendo il paragone con le dovute precauzioni ha più senso accostare il sindaco fiorentino al presidente Obama, e non solo per la speculare campagna di comunicazione (dai, ma li avete visti i colori? E la cravatta? E la camicia?!), ma perchè la sinistra che Renzi ha in mente è quella di ispirazione liberale-riformista del modello americano e inglese. Anche la scelta di rifiutare i rimborsi pubblici per le campagne elettorali lo accosta a modalità di fare politica straniere: scelta questa che getta su di lui un cono di luce ottima per chi lo vuole vicino ai “poteri forti”, all’alta finanza, all’Opus Dei…
In realtà anche il successo economico di Renzi (vedi found-raising) è dovuto alla sua capacità di piacere, alla parlata sciolta e all’abilità di creare empatia. Egli cerca sempre di coinvolgere come parte attiva l’interlocutore, usando fortemente la parola “noi” parlando di responsabilità e capacità di cambiamento; tende a mandare un messaggio di ottimismo, creare un sentimento di rivalsa e non criticare mai direttamente altri politici (in particolare gli avversari, che tende a ignorare).
Cerca di parlare di politica in maniera schietta, come fosse cosa semplice, valorizzando ciò che c’è di buono e provando a emozionare. Abilità queste che aiutano a far presa sull’imprenditore medio italiano, che in materia ha basse competenze e alta volontà di trasformazione, spesso accompagnata da “In parlamento sono 2000 vecchi a rubare soldi e non fare nulla, ne basterebbe uno giovane e sano!”.
Specchio di ciò è stata la Leopolda 2013, 4a edizione del convegno annuale dei “renziani”. Sostenitori del sindaco accorrono da tutta Italia per parlare delle proprie esperienze, e fare propositi per l’Italia del futuro (da mettere in mano a Renzi). Tra gli ospiti più importanti quest’anno il politologo D’alimonte, lo scrittore Alessandro Baricco, l’ex iena Pif (!). I quattro punti scelti per ripartire sono: Europa, Italia, Lavoro e Cultura, anche se all’indomani della manifestazione già Fassina ne demolisce il programma economico (it’s the Pd baby).
Già, perchè Matteo Renzi dentro il Pd non riesce proprio a trovare posto: ha già perso le primarie dello scorso inverno, e rimane incerto l’esito di quelle previste per l‘8 dicembre. Dal partito le provano di tutte per tenerlo lontano, prima creando l’albo degli elettori, poi bloccando i tesseramenti, domani magari accusandolo di omosessualità (come dite? Il Pd ha una posizione definita e di larghe vedute sulle unioni civili? Davvero?!). E torniamo alla domanda di partenza: perchè Renzi non piace al Pd?
In primis è obbligatorio citare la forte attenzione per l’economia, la finanza, e il suo credo liberista, da sommarsi alla lontananza dai sindacati. In seguito, oltre alle derive personalistiche, la parlantina sciolta, il passato democristiano, le amicizie potenti e il non-imbarazzo a parlare con l’elettorato berlusconiano (provate a dire a un elettore del Pd che per venti anni si è sentito diverso da Berlusconi e superiore a un elettore dell’altra sponda che questo è una persona uguale a lui), rimane da parlare della volontà di rottamazione che il sindaco porta avanti da anni. Con questa non si intende solo la volontà di mandare a casa gli alti quadri dirigenti del partito, ma di smaltire tutto l’apparato burocratico che ingabbia il paese.
Uno dei punti su cui ha sempre battuto Renzi è proprio lo snellimento delle procedure e la semplificazione per cui: “Per fare un nuovo parcheggio a Firenze necessito di un iter lungo 5 anni, pari alla durata della mia carriera da sindaco” cit.
E’ abitudine di Renzi utilizzare lo scoglio burocratico (o il patto di stabilità) come scusa e pretesto in caso di insuccesso: un monito per coloro che sperano nel Renzi salvatore della patria (wannabe dux-mea-lux). Sono le burocrazie presenti dentro e intorno ai partiti, Pd incluso, contro cui si scaglia anche Grillo, ma che difficilmente vedremo mai scomparire del tutto.
Era questo l’ultimo dei motivi per cui Renzi rimane indigesto ad apparato ed elettorato Pd, e se ancora vi sembra troppo simile a Berlusconi e ritenete comprensibile che un elettore democratico non lo voti, ripensate a chi è l’alleato di governo del Pd dopo la disfatta delle ultime lezioni.
Per questo esatto motivo dal punto di vista personale ritengo più ragionevole per il Pd eleggere Renzi come candidato premier e tentare di vincere le elezioni intercettando una fetta maggiore di elettori moderati (e quindi seggi e possibilità di manovra in parlamento).
Anche per quelle correnti del Pd in disaccordo con il programma di Renzi ritengo più semplice discutere con un’altra componente del partito già al governo, rispetto a un alleato di colore opposto.
Quello che all’interno del Pd stanno iniziando a capire solamente adesso è che una figura forte dentro al partito ma al di fuori del governo è particolarmente utile in un momento di larghe coalizioni. Serve qualcuno che critichi le scelte fatte dal governo ma non allineate al proprio programma politico, per permettere all’elettore di misconoscere i suoi eletti pur mantenendo la propria identità. E’ un’operazione di particolare difficoltà in questo caso perchè Renzi è sempre stato distante dal programma politico del Pd, ma di fondamentale importanza in un momento di simile precarietà. Nel caso in cui il governo dovesse cadere per un capriccio del Pdl sarebbe già pronto un nuovo candidato del tutto estraneo alle vicende appena concluse per la nuova tornata elettorale. Renzi lo ha capito ed effettivamente si sta spostando sempre più a sinistra, in vista delle primarie.
Ecco in dimostrazione il video con cui il sindaco ha chiuso la Leopolda13 (o la diretta Twitter #matteorisponde), da guardare per farsi un’idea sul personaggio.
Chissà se anche voi alla fine andrete in giro così:
(L’argomento sarebbe ancora lungo, chiunque volesse approfondire trova i miei recapiti nella scheda dell’autore)
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