Mentre scriviamo abbiamo ancora negli occhi le immagini dell’eccellente muro difensivo juventino che il 19 aprile ha reso inefficace e sterile la temutissima M.S.N. barcelonista. Di fronte all’assedio blaugrana, motivato dall’avido desiderio e bisogno di fare tre gol nel minor tempo possibile, la B.B.C. juventina ha formato una barriera invalicabile, che ha reso assolutamente vano ogni attacco dei tre fenomeni, e ha lasciato nell’Iperuranio delle ambizioni inespresse la seconda remuntada, con una prestazione esaltante anche per chi non ama i colori bianconeri. E mentre la Juventus di Allegri si appresta a battere il record dei cinque scudetti consecutivi stabilito dalla squadra del Quinquennio, è giusto fare una retrospettiva sui tre elementi che sigillavano la linea difensiva di quel team straordinario: Virginio Rosetta, Umberto Caligaris e Giampiero Combi.
Nato a Vercelli nel 1902, terzino metodista (quindi quello che oggi verrebbe identificato come difensore centrale), è stato il primo calciatore professionista in Italia. Difensore molto elegante, avviatosi al calcio nel ruolo di attaccante, rifuggeva il contatto duro, preferendo dei contrasti puliti ma efficaci. Il suo punto debole era il gioco di testa, al punto che le cronache dell’epoca narrano che non colpisse mai la palla per scelta, ben sostituito in tale mansione da altri compagni. Dotato di un tiro potente e preciso, realizzò ben 26 reti nella sua lunga carriera, un numero molto alto se consideriamo che i difensori del Metodo avanzavano in posizione offensiva in occasioni estremamente rare.
Cinquantadue volte azzurro, vinse anche il mondiale del 1934 pur giocando solo il primo turno (7-1 contro gli Stati Uniti). Fu protagonista suo malgrado di uno dei primi scandali nella storia del calcio italiano: nel 1923, il suo passaggio dalla Pro Vercelli alla Juventus dietro lauto stipendio, andava a ledere i principi di dilettantismo cari alla Pro. Grazie alla denuncia del Genoa Scoppiò il cosiddetto “Caso Rosetta”: la Juventus perse tutte le partite da lui disputate nella stagione 1923-24 e fu estromessa dalla corsa scudetto. Poco male, perché Viri (già campione d’Italia due volte a Vercelli) ne vincerà altri sei dal 1926 al 1935.
Nato nel 1901 a Casale Monferrato, inizia a calcare i campi di calcio nella sua città, una delle patrie del calcio ad inizio ‘900. Roccioso, duro e atleticamente prestante, debutta a 18 anni con la maglia del Casale, ma gli anni migliori dei nerostellati sono ormai alle spalle, e in dieci anni con la squadra casalasca riesce a raggiungere solo le semifinali interregionali del Nord Italia. Nel 1922 esordisce in nazionale, e alle Olimpiadi di Parigi del 1924 forma per la prima volta la cerniera difensiva con Rosetta e Combi, che diverrà leggenda. Tale triade si ricomporrà a Torino nel 1928 (dopo un’altra Olimpiade, quella di Amsterdam, conclusa con un brillante ma sfortunato bronzo) mettendo il sigillo alla mitica formazione del Quinquennio: l’irruenza di Caligaris si integrerà benissimo con la gelida calma di Rosetta costituendo la solida base di una squadra praticamente imbattibile.
Gli ultimi anni della sua avventura in azzurro non saranno altrettanto felici: vincerà due Coppe Internazionali, ma sarà escluso dalla formazione titolare al mondiale del 1934 per colpa di un pesante rovescio in amichevole contro l’Austria, un durissimo 2-4 a pochi mesi dall’inizio della manifestazione. Parteciperà ai Mondiali, ma solo come portabandiera azzurro. Nel 1935 lascerà la Juventus per andare al Brescia, e morirà a soli 39 anni per un aneurisma durante un’amichevole tra vecchie glorie.
Torinese, classe 1902, è ricordato ancora oggi come uno dei portieri più forti dell’anteguerra e della storia del calcio italiano. Di taglia ridotta per il suo ruolo (1.74), era dotato di un senso del piazzamento fuori dal comune, abbinato alla prontezza nelle uscite e a una presa ferrea. Peculiarità che permettono di considerare la sua interpretazione del ruolo già in un certo senso “moderna”, in quanto condivideva poco o nulla con la spettacolare teatralità di molti estremi difensori dell’epoca. Nazionale dal 1924, sfortunatissimo al debutto (1-7 a Budapest contro l’Ungheria, curiosamente fu lo stesso risultato del suo debutto in campionato due anni prima), fu uno dei punti di forza della prima parte del ciclo di Vittorio Pozzo.
Protagonista del Mondiale 1934 con interventi decisivi, specialmente nei difficili incontri con Spagna e Austria, darà l’addio al calcio a 32 anni vincendo la finale con la Cecoslovacchia, il 10 giugno di quell’anno. E’ il detentore del record di imbattibilità per la Serie A prima del girone unico: 934 minuti nella Prima Divisione 1925/1926. In termini assoluti (quindi escludendo i 929’ di Seba Rossi nella stagione ‘93/’94), tale record è rimasto ineguagliato per novant’anni, quando Gianluigi Buffon è stato insuperabile per 974 minuti.
29 anni, da Trieste, educatore, appassionato di sport (da spettatore), videogames, e altre cose, devo controllare la presentazione che ho scritto su Tinder.
22 Maggio 2017
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15 Maggio 2017
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