Se si spulcia l’atlante del calcio in Italia abbiamo modo di vedere che, dalle Alpi alla Sila, sono state fondate in ogni angolo delle Stivale rappresentative calcistiche che, mescolando fortuna, patron con un bel portafoglio a disposizione e del buon tasso tecnico in campo, hanno avuto il piacere e l’onore di calcare il palcoscenico più importante del calcio in Italia, la Serie A. Perché escludendo alcune realtà, come le sette sorelle degli anni ’90 o altre squadre che retrocedono per poi magari tornare in Serie A l’anno successivo, a volte nel massimo campionato arrivano squadre che non hanno vinto granché. Ma che hanno dalla loro aneddoti, curiosità o addirittura primati che a volte si pensano improbabili, sia per il blasone, sia per la mera storia sportiva, fatta magari soltanto di onesti campionati tra Serie C, B e a volte la A. E la squadra di calcio di cui parliamo oggi, che attualmente milita in Lega Pro, ha dalla sua l’essere stata la prima società di calcio in Italia ad avere uno stadio di proprietà, ha battezzato la prolifica carriera da allenatore di Carlo Ancelotti e, cosa non da meno, ha avuto in squadra un talento giapponese che l’ha portata dalla Serie C alla Serie B a suon di gol, un certo Kojiro Hyuga, conosciuto più come Mark Lenders, che a Reggio Emilia, nella Reggiana, ha lasciato di certo un pezzo di cuore.
La Reggiana nacque nel 1919, dall’unione definitiva di due società preesistenti: l’Audace Reggio e il Reggio Football & Cricket Club, adottando il granata come colore sociale, omaggiando così il Torino. Tuttavia nella girandola delle fusioni che portarono alla Reggiana la prima divisa della squadra emiliana fu nera con i bordi bianchi, ereditata dalla Juventus Reggio, una società che si era unita con il Reggio FC. Ma a parte questo primo periodo in nero bianco, in un secondo momento i colori granata divennero quelli principali. Iniziò così la storia del calcio professionistico a Reggio Emilia, la città del tricolore, fatta di molti saliscendi tra la C e la B, intraprendendo però, alla fine degli anni ’80, un più che ottimo cammino che portò i granata in Serie A negli anni ’90, scrivendo il proprio nome nella storia del calcio per qualche primato del tutto personale.
La squadra di Reggio Emilia ha utilizzato dalla nascita fino agli anni 90 il Mirabello, lo stadio comunale della città, divenuto a causa dell’urbanizzazione sviluppata nei dintorni inadeguato. Così, invece di avvalersi di deroghe su deroghe per la capienza dell’impianto storico, l’allora AD della Reggiana, Franco Dal Cin, armandosi di ambizione, coraggio e sopratutto finanziamenti privati, diede il via ai lavori che portarono alla costruzione di un nuovo impianto nella periferia della città emiliana, investendovi all’incirca gli attuali 11 milioni di euro creando uno stadio all’avanguardia per l’epoca, vendendo inoltre i diritti del nome dello stadio all’azienda caesaria emiliana Giglio.
Uno stadio privato, con il nome dato dalla pubbblicità e, soprattutto, di proprietà della Reggiana, inaugurato nel 1995 a campionato già iniziato giocando la prima partita contro la Juventus. Una scelta, quella di farsi un proprio stadio privato, coraggiosa, ma certamente da elogiare, specialmente visto lo spreco di soldi pubblici avvenuto qualche anno prima con la costruzione di nuovi impianti e ristrutturazione di quelli già esistenti per il mondiale di calcio ospitato dall’Italia nel 1990, non lasciando un buon ricordo in alcuni casi: basti pensare al fu Delle Alpi, mal tollerato per la pessima vista del pubblico verso il campo e demolito dopo neanche vent’anni per far spazio al nuovo stadio (anch’esso privato) della Juventus, lo Juventus Stadium.
Lo stadio di proprietà allo stato attuale del calcio è visto da molti come una panacea e una macchina da soldi fenomenale per la società di calcio beneficiaria, e, tra chiacchiere, annunci e rendering, finora di stadi privati in Serie A se ne contano pochi, poiché oltre al già citato Stadium bianconero e alla Dacia Arena sorta sulla ristrutturazione dello stadio Friuli di Udine, c’è tutt’ora lo stadio voluto dalla Reggiana, il Giglio, conosciuto attualmente come Mapei Stadium, la casa del Sassuolo. Questo perché in seguito al fallimento della Reggiana e delle sue società controllate nel 2005, tra cui quella dello stadio, l’impianto è finito in un primo momento all’asta, andata deserta, per poi essere acquistato 8 anni dopo in una seconda asta dalla Mapei di Squinzi, che ne ha fatto la casa della propria società neroverde allenata da Di Francesco, vista l’inadeguatezza dell’impianto casalingo di Sassuolo per la Serie A e l’Europa League, condividendo così lo stadio della città emiliana con la squadra che lo volle negli anni ’90.
La società emiliana negli anni ’90 disputò diversi campionati tra Serie A e Serie B, prima della crisi dovuta dai debiti per lo stadio che la portò al fallimento del 2005. E in queste stagioni tenne il battesimo di un promettente allenatore che da Reggio Emilia avrebbe fatto molta strada, fino a Monaco di Baviera, attualmente. Carlo Ancelotti, dopo aver fatto da vice ad Arrigo Sacchi in Nazionale, fu ingaggiato nel 1995 dalla società di Dal Cin, portandola subito dalla Serie B alla Serie A, per poi andare l’anno successivo al Parma, lasciando spazio a una vecchia conoscenza del calcio italiano, Mircea Lucescu. Dalla Reggiana inoltre passò un portiere campione del mondo, Cláudio Taffarel, vincitore con la Nazionale brasiliana dei Mondiali nel 1994.
Ma oltre a questi nomi noti del calcio in Italia forse non tutti sanno che, nella squadra emiliana, vi ha militato pure Mark Lenders, uno dei protagonisti del celebre manga e anime Captain Tsubasa, Holly e Benji. Nella terza serie del manga i protagonisti approdano in Europa, Holly al Barcellona, Benji al Bayern Monaco e Lenders alla Juventus. Mark, dopo un esordio non del tutto felice con i bianconeri, viene quindi girato in prestito alla Reggiana, dove a suon di gol conquisterà la promozione in Serie B per la squadra emiliana. Attualmente i granata emiliani giocano in Lega Pro, con tanto di derby dell’Enza all’attivo con il Parma, e sono in una buona posizione per giocarsi i play-off del Girone B a fine stagione. Forse, con un po’ di fortuna, non avranno bisogno del talento cristallino ma incastonato tra le vignette di un manga del buon Mark Lenders, giocando le proprie carte per poter aggiungere una nuova promozione in Serie B alla propria storia quasi centenaria.
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