Se si pensa a Ford, probabilmente si pensa subito alla Ford Focus o alla Ford Fiesta, due modelli estremamente diffusi sul mercato europeo, e anche alla Ford Mustang, uno dei modelli più celebri in assoluto, tornata ora in commercio con un restyling. Un modello Ford a cui però forse non tutti pensano, vuoi per “ignoranza”, vuoi per limiti anagrafici, è la Ford GT40, nata negli anni ’60, principalmente per orgoglio.
L’orgoglio ferito del presidente Henry Ford II, che puntava da tempo a migliorare il proprio nome nelle corse automobilistiche più prestigiose. E per farlo avrebbe voluto avvalersi di un’eccellenza italiana, la Ferrari, il cui acquisto da parte della casa automobilistica di Detroit sfumò all’ultimo perché Enzo Ferrari non volle lasciare il controllo agonistico agli americani. Ford, indispettito da questo affronto, decise quindi di investire milioni e milioni di dollari per poter battere la Ferrari che, in quegli anni, dominava sulle piste di mezzo mondo. Iniziò così la storia della Ford GT40.
Maranello, 1963. Enzo Ferrari, rimasto senza erede dopo la scomparsa del figlio Dino nel 1956, ritrovatosi in difficoltà finanziarie, accolse con favore gli emissari americani che intrapresero una trattativa per fare della Ferrari il reparto corse della Ford. La trattativa andò avanti fino a un punto di rottura irreparabile. Enzo avrebbe voluto mantenere il controllo totale sull’attività sportiva della Ferrari, partecipazioni alla Indy 500 incluse. Per la Ford invece tutte le partecipazioni alle svariate gare che il Cavallino Rampante dominava all’epoca sarebbero dovute passare sotto l’approvazione della casa di Detroit. Una condizione a cui Ferrari non andò per niente giù, tant’è che durante uno degli ultimi incontri in quel di Maranello con tutta la schiera di avvocati della Ford il Drake segnò a margine del documento di acquisizione con la sua stilografica viola la parte incriminata, con un laconico “Non ci siamo!“, per poi abbandonare definitivamente il tavolo delle trattative. Un affronto che non andò per niente giù a Henry Ford II, che decise di vendicarsi dell’impertinenza italiana lì dove Ferrari coglieva i propri successi: sulle piste. E una delle piste più prestigiose, dove il colosso americano avrebbe voluto sconfiggere l’artigianato italiano, era quella della 24 h di Le Mans, che divenne un’ossessione per Henry Ford II. Ossessione foraggiata da milioni e milioni di dollari.
Per poter battere la Ferrari in Europa la Ford ingaggiò una squadra di corse britannica, la Lola di Eric Broadley, con l’intento di creare una macchina sportiva che potesse competere nelle competizioni di durata come Le Mans. Una macchina che fosse capace di correre oltre 320 km/h, che fosse affidabile per l’intera giornata della prestigiosa gara di durata, in cui avvengono migliaia e migliaia di cambi marcia guidando a tavoletta sul circuito macinando più di 5000 km. Una gara in cui l’affidabilità è la parola d’ordine, e che generò la prima Ford GT40. Alimentata da un motore V8 e con una carrozzeria molto affusolata, fu portata due mesi prima di Le Mans 1964 a fare alcuni test sul circuito francese. Test che si conclusero nel peggiore dei modi, con i due modelli che finirono distrutti durante le prove in pista, a causa dell’instabilità che questi due modelli provarono alle alte velocità. Una pessima notizia per Ford, che nonostante il poco tempo a disposizione riuscì a riorganizzarsi e a portare tre esemplari di Ford GT per la gara dell’edizione del 1964. Che si concluse però con la tripletta Ferrari e il ritiro delle tre GT americane.
L’archetipo di quasi tutte le storie spesso fa ricorrere all’aiuto di un grande maestro saggio. In questa storia tale ruolo fu ricoperto da Carroll Shelby, talentuoso pilota vincitore della 24h di Le Mans nel 1959 a bordo della Aston Martin DBR1. Shelby si ritirò nello stesso anno per problemi cardiaci, iniziando quindi una proficua carriera di costruttore, donando al mondo l’AC Cobra, una vettura dal telaio inglese e il propulsore Ford. Così Henry Ford II ingaggiò Shelby nella sua personale battaglia contro Ferrari, per poter migliorare la Ford GT40. Per questa missione a cui era stato chiamato Shelby contattò il suo pilota migliore, Ken Miles, per fargli testare la GT e lavorare sullo sviluppo della macchina dopo la pessima figura di Le Mans 1964. Furono migliorati freni, manovrabilità e il motore, ma purtroppo per Ford la GT restava ancora una macchina fragile, tant’è che delle 6 partenti dell’edizione di Le Mans 1965 al traguardo non ne arrivò nessuna.
I milioni e milioni di dollari spesi da Ford per la guerra contro il Drake fino a quel momento non avevano portato i risultati sperati. Come si suol dire, non c’è due senza tre, e per il terzo anno consecutivo la Ford si presentò a Le Mans con il proprio gioiellino. Gioiellino che, nelle mani di Ken Miles, era stato sviluppato ulteriormente in test su pista, macinando chilometri e chilometri eliminandone i problemi di stabilità. testando il motore e la trasmissione per simularne lo stress a cui viene sottoposta una macchina in una gara di 24 ore. Per contro, vista l’evoluzione messa in atto dalla Ford, la Ferrari nel 1966 si presentò in Francia con la Ferrari P3, più lenta rispetto alla GT40 ma, nelle intenzioni di Enzo, più agile e meno assetata di carburante.
Con queste aspettative la gara di Le Mans 1966 mise di fronte per l’ennesima volta il colosso statunitense contro la fabbrica artigianale di Maranello, portando, dopo un avvio di gara che sembrò una replica delle precedenti edizioni, la prima vittoria di Ford, con una strepitosa tripletta, grazie al pilota che tanto aiutò lo sviluppo della Ford GT, Ken Miles, che condusse la casa automobilistica americana alla vittoria. Dopo questa vittoria, sarebbero arrivati ulteriori successi per la Ford sempre a Le Mans e in altre classiche. Successi nati con un grande dispendio di dollari (quasi 400 milioni di dollari) nella battaglia dell’orgoglio che Ford intraprese nei confronti di Ferrari, ma che, se non altro, oltre a regalare grandi emozioni in pista, ha regalato al mondo una macchina dal design unico. Nata da un bisticcio con un italiano un po’ testardo.
19 Novembre 2016
21 Ottobre 2016
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