Ci sono esperienze che hanno un solo difetto: prima o poi finiscono.
Detta senza troppi giri di parole: il viaggio migliore di sempre.
Mi riesce ancora difficile scrivere questo report in maniera lucida, poter dare un giudizio “rotondo e completo” (cit.), perché penso a dove mi trovavo e a cosa facevo neanche una settimana fa e mi vien voglia di… Ballare.
Avevo delle aspettative piuttosto alte nei confronti di questo viaggio e nei confronti della stessa New Orleans, ma posso dire tranquillamente di aver dimostrato nel mio articolo introduttivo di avere informazioni parziali o errate e un’immaginazione piuttosto limitata.
Perché New Orleans, NOLA, “the big easy”, è una città viva, nel vero senso della parola. Dalle paludi e la loro fauna, passando per i quartieri popolari delle stradine che incrociano Canal Street, fino al Quartiere Francese e al suo ritmo irresistibile per ogni viaggiatore in cerca di musica, intrattenimento ed emozioni forti, non c’è angolo dove non ci sia qualcosa che attragga, distragga, intrattenga o che faccia prendere il volo alla propria mente e al proprio corpo. C’è qualcosa di intrinsecamente primitivo ed esotico in ogni cosa, persona o animale con cui io abbia avuto a che fare durante la mia permanenza laggiù in Louisiana, dal caldo estivo che mi ha accolto appena sceso dall’aereo (alla faccia della stagione degli uragani) all’esperienza in ostello.
Ma partiamo con ordine
[IL MODELLO DI RIFERIMENTO BY HERR FRULLO]
Volo – Come sempre, la parte più rognosa, economicamente parlando. O, almeno, nella stragrande maggioranza dei casi. (io avevo un bel po’ di miglia Alitalia a disposizione grazie ad una generosa spintarella dall’alto, quindi farsi Milano-New York-New Orleans-Atlanta-Heathrow-Milano è stato molto più conveniente del previsto.)
La regola da seguire normalmente è la solita: occhi aperti sulle compagnie low cost, su siti come tripadvisor e le loro offerte e prenotate sempre con largo anticipo (soprattutto se vi gira lo sghiribizzo di andarci per Halloween come me o per il Mardi Gras nei prossimi anni).
Clima – Come già accennato, le mie ansie per quanto riguarda la stagione degli uragani si sono rivelate eccessive. Una media di 25 gradi (con picchi di 28 nei primissimi giorni della mia permanenza) e un tempo tendenzialmente sereno. Ha piovuto soltanto la notte di Halloween, ma non è stato affatto un problema (ve ne riparlerò prossimamente) e le uniche occasioni in cui infilarsi una felpa e/o una giacchetta leggera si sono rivelate le prime notti di novembre, quando un’escursione termica discreta ma percepibile ha fatto il suo ingresso nel clima di New Orleans. Chiedendo a qualche nativo mi sono informato: la temperatura media annua è intorno ai 20 gradi, le precipitazioni sono concentrate nel periodo estivo e nel mese di settembre (mi hanno spiegato che per tre/quattro mesi all’anno di tanto in tanto gli arrivano dei temporali estivi mostruosi, i quali talvolta sono veri e propri uragani) e il clima è tendenzialmente piuttosto umido (il fatto che la città si trovi in una depressione e la presenza del Mississippi e delle sue paludi contribuiscono pesantemente). Si potrebbe dire che New Orleans come meta turistica può andar bene per tutte le stagioni, tenendo a mente il rischio temporali/uragani del periodo estivo e pre-autunnale e che il periodo più freddo dell’anno è tra Dicembre e Febbraio (con minime intorno ai 15 gradi). Per ulteriori informazioni, ecco qua.
Alloggio – E qua si entra nel vivo del reportage. Perché India House si è rivelata un ostello praticamente perfetto.
Rapporto qualità/prezzo incredibile (un letto in un dormitorio costa sui 20 Dollari, 15 Euro a notte; condizioni di pulizia più che accettabili; ottimi i pasti con prezzi compresi tra i 5 ei 6 Dollari – 4,50 Euro circa, cucinati al momento e in porzioni generose), posto veramente bello da vedere e comodissimo come campo base (situato in una zona residenziale relativamente sicura e a 10-15 minuti di tram dal Quartiere Francese e dal centro cittadino in generale) e con un ambiente estremamente familiare ed accogliente. Vorrei concentrarmi proprio su quest’ultimo aspetto: ogni ostello ci viene propinato come “ambiente familiare, amichevole, accogliente, le tipe ci provano con te, etc.” e sappiamo che la realtà spesso è MOLTO diversa. A volte in meglio, a volte in peggio.
[FRULLO NE PARLO’ A SUO TEMPO]
Bhe, India House propone un luogo e un’atmosfera che posso descrivere solo come “una comune di hippie sfascioni”. Che detta così mi fa venire in mente soltanto cose che normalmente aborro, ma è una sintesi adeguata, per quanto imperfetta. Probabilmente si tratta di un’ex casa coloniale (più precisamente un complesso di due, tre case coloniali) ed è decorata con motivi orientaleggianti e tappezzata di post-it, graffiti, disegni, souvenir, foto… Ogni persona che è passata di lì ha lasciato un segno e l’ambiente ne ha decisamente giovato. L’atmosfera è rilassata e contraddistinta da un vero, maturo e ragionato “vivi e lascia vivere”: le regole di cortesia e convivenza pacifica sono ampiamente condivise e caldeggiate, chi non le rispetta tende ad essere visto come uno stramboide, ogni volta che qualcuno apre un pacco da sei birre è già pronto ad offrirtene una (da che mondo è mondo capita anche con altre sostanze, ma sorvoliamo) e se rifiuti gentilmente perché bevi poco o perché per quella sera ne hai avuto abbastanza (cosa che capita spesso), nessuno insiste. Lo staff ovviamente mantiene un pizzico di distacco in più, ma applicano una regola che ho sempre apprezzato molto: “Finché non fai cagate, sei il benvenuto”. Quanto agli ospiti invece posso solo dire che India House e il suo carico di bellissimi, dolcissimi residenti, freak, sognatori, scappati di casa e viaggiatori vari ha ufficialmente segnato la mia personalissima vetta in quanto a persone da incontrare casualmente durante un viaggio. E’ una frase piuttosto impegnativa e ne convengo, forse ho avuto ancora una volta una certa dose di fondoschiena, magari è stato un periodo particolarmente fortunato: d’accordo, ma il gruppo di persone incontrato lì non aveva storie da raccontare, aveva intere biblioteche.
C’è il ragazzone dal cuore d’oro di origine argentine che fa la spola tra Austin e Philadelphia e si aggira per New Orleans vestito da Gesù (non solo ad Halloween), c’è il ragazzo di Los Angeles che si è trasferito per cercare lavoro perché ha già una famiglia da mantenere, c’è il trio di punk di Chicago che appena scoprono che conosci i Dead Kennedys e i Black Flag ti guardano con occhi diversi e ti vogliono offrire da bere, c’è l’unica altra Italiana dell’ostello che ha avuto l’intraprendenza e il coraggio di andare a vivere negli Stati Uniti e di girarseli in lungo in largo completamente da sola, c’è l’anziano ex motociclista originario di New Orleans che ti racconta di come fosse andato a trovare preoccupato sua sorella a Baton Rouge durante l’uragano Katrina per poi tornare e scoprire di averla scampata per un soffio, c’è il giocatore di football cresciuto nei sobborghi di Boston e con due braccia larghe quanto la mia testa (prese singolarmente, ovvio), c’è il laureato in fisica e ricercatore stipendiato che cinque anni fa si è rotto le palle e si è messo a girare gli Stati Uniti con soltanto uno zaino in spalla e che forse si fermerà a New Orleans in quanto innamorato della Big Easy, ci sono le due bellegnocchehmragazze di Tucson, Arizona che ti spiazzano in quanto laureate in Biologia e che mentre sei in gita alle paludi ti snocciolano l’impossibile smerdando la guida a più riprese…
E NON AVREI NEMMENO FINITO.
Diciamo per tagliare corto che quel posto ha un’atmosfera molto, molto particolare. Direi che ha una “vibrazione positiva”, ma suonerei come un vecchio scorreggione anni ’60 e sinceramente non è il caso: sappiate soltanto che per me un ostello dovrebbe essere sempre così, di default.
Ci sono ancora tanti temi da trattare, e lo farò nel prossimo articolo dove parlerò di come muoversi e soprattutto dove muoversi, a presto!
Non molto tempo fa uno studente specializzando operante a Milano venne ingiustamente condannato da un tribunale militare. Evaso da un carcere di massima sicurezza iniziò a spacciarsi per studente Erasmus. E' tuttora ricercato, ma se Spina, Frullo e Weber hanno un argomento di nicchia che interessa a quattro gatti, forse, ogni tanto, ingaggiano il famigerato... COLIN FARTH.
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24 Ottobre 2013
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