Adolescenti liceali vestiti in modi totalmente privi di senso, ricordi lontani di un certo vampiro londinese amato da tutti, un cuoco italiano che più stereotipato non si può, un alieno allergico al suono delle sirene, un gatto morto che resuscita in un fiore, ben due serial killer con qualche patologia mentale di troppo: sembrano le prime battute di una barzelletta fin troppo improbabile ma non sono altro che l’antipasto di ciò che vi aspetta nella trama di JoJo’s Bizarre Adventures – Part 4: Diamond is Unbreakable.
Nel caso in cui non lo sapeste, proprio ieri è andato in onda l’Episodio 39 – il gran finale della trasposizione in anime del manga di Diamond is Unbreakable, a cura della David Productions – e riteniamo più che opportuno parlare qui delle impressioni che questa serie ci ha lasciato. Iniziamo con una breve introduzione per i totali neofiti di JoJo (e per chi non conosce la Part 4), accompagnata dall’ascolto di Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd; non si tratta di una traccia casuale, bensì del brano simbolo ed emblema della Part 4, del suo protagonista e del suo ⌈STAND⌋ Crazy Diamond. La prima cosa che dovreste sapere su JoJo, infatti, è che l’autore Hirohiko Araki ha infarcito ogni Part con una quantità davvero smodata di citazioni musicali, le quali danno il nome a personaggi, luoghi e poteri speciali (gli ⌈STAND⌋, appunto): questo singolare dettaglio potrebbe già farvi percepire perché il titolo di quest’opera sia proprio Le bizzarre avventure.
Diamond is Unbreakable è ambientata nella città giapponese di Morioh nell’estate del 1999 e il protagonista è il liceale Josuke Higashikata, che più di ogni altra cosa odia quando qualcuno gli critica la pettinatura. Non fatevi ingannare subito dai toni prepotentemente pop della sigla Crazy Noisy Bizarre Town e dalle vicende tipicamente cliché, in pieno stile da commedia scolastica giapponese, che accadono in alcuni archi narrativi della trama: le premesse sono volutamente banali proprio per dare allo spettatore un sentore concreto e verosimile della quotidianità dei protagonisti, che fino a questo punto hanno vissuto pigramente e senza alcunché di inusuale. Allo stesso tempo, però, Araki non è l’ultimo arrivato quando si tratta di scrivere storie dallo sviluppo ingegnoso e coinvolgente (nonostante certi scivoloni futuri…): aprendo la Part 4 con questa scena ci fa venire fin dal primo istante dubbi e sospetti sulla bella patina colorata e felice che riveste la città di Morioh e i suoi segreti ancora ben celati. Araki inizia così a gettare le fondamenta per una suspense che si farà sempre più forte col passare degli episodi e col susseguirsi di scene simili a quella appena menzionata, sempre in netto contrasto con le risate e la vita blanda dei protagonisti. Il tutto in un crescendo di ansia e disagio che sfocerà infine nella comparsa di quello che riteniamo essere uno dei due villain principali migliori di tutto JoJo, nonché, forse, uno degli antagonisti narrativamente e caratterialmente meglio costruiti di tutta l’animazione e la fumettistica giapponese.
Il primo personaggio a fare la sua comparsa esplicita sulla scena è Jotaro Kujo, vecchia conoscenza risalente alla Part 3 (della quale era il famosissimo e apprezzatissimo protagonista); pochi minuti dopo, a lui si aggiunge un ancora poco maturo Koichi Hirose (che in certi momenti, tra cui questo, fa anche da narratore interno) e infine il già menzionato Josuke. Una breve scazzottata, un siparietto comico, alcune rivelazioni che prendono decisamente alla sprovvista chi conosce le Part precedenti, e veniamo improvvisamente a sapere che i nostri sospetti di prima erano fondati: a Morioh è da poco evaso dal carcere un noto e feroce assassino soprannominato nientemeno che Angelo e, come è ovvio aspettarsi, abbiamo a malapena fatto in tempo a conoscere i membri del cast principale che già si trovano in pericolo. È da qui che inizia a svilupparsi la trama di Diamond is Unbreakable, verso un susseguirsi di imprevisti e loschi figuri dall’abbigliamento e dai modi di fare stravaganti, le cui vicende faranno assomigliare Morioh sempre più a quella città «pazza, chiassosa e bizzarra» che ci viene presentata dal nome della sigla.
Un’altra particolarità molto evidente di JoJo e dello stile artistico di Araki è la cura per i dettagli dei personaggi, soprattutto nelle scene che inquadrano i volti in primo piano; alcuni esempi di questa tendenza si possono riscontrare nelle immagini corredate a questo articolo, che mostrano una piccola carrellata del meglio di ciò che l’anime ha da offrire. Proprio su questo punto ci sono però da fare alcune critiche, poiché un po’ troppo spesso si nota una certa pigrizia nella qualità dei dettagli di disegni e animazioni dei personaggi se essi si trovano in secondo piano o sono inquadrati in gruppo da lontano. A onor del vero, è giusto ammettere che anche il manga non è del tutto esente da queste pecche, ma non si può non dar peso al fatto che nell’anime, semplicemente, questi cali di qualità si notano di più, ed è veramente un peccato.
Stare qui a raccontare ogni singolo dettaglio della trama sarebbe controproducente per chi non avesse ancora visto la serie, e tedioso per chiunque altro, perciò ci limiteremo brevemente a menzionare alcune situazioni e personaggi particolarmente degni di nota. Iniziamo dal co-protagonista e mangaka Rohan Kishibe e dal suo ⌈STAND⌋ Heaven’s Door come pretesto per poter ascoltare Knockin’ on Heaven’s Door di Bob Dylan.
Un altro alleato dalla comparsa esilarante è il cuoco italiano Tonio Trussardi della Trattoria Trendy. Tra i nemici dei protagonisti spiccano il già citato Angelo (che finirà con l’essere trasformato in un masso), Akira Otoishi e i suoi sogni di diventare una stella del rock, una coppia di ratti (letteralmente), Ken Oyanagi e la sua ossessione per il gioco della morra cinese, l'”Enigma Boy” Terunosuke Miyamoto (che verrà invece trasformato in un libro) ed infine “lui”.
Affascinante, colto, benestante, riservato, diligente nel lavoro, abita in una casa d’epoca, veste sempre alla moda, conduce una vita sana e senza eccessi, si rilassa ascoltando musica alla radio, gli piace passare le mattine libere facendo un picnic al parco, sta molto attento a tenere sempre le unghie tagliate corte e suo padre prova stima e amore immensi nei suoi confronti; ha una certa affinità con i gatti, sa essere un cuoco provetto ed un fidanzato molto premuroso, il suo aspetto fisico è ispirato a quello di David Bowie e le citazioni musicali che riguardano il suo personaggio e il suo ⌈STAND⌋ Killer Queen derivano tutte, appunto, da canzoni dei Queen. In poche parole, Yoshikage Kira sarebbe potuto essere il protagonista perfetto – se solo in realtà non fosse proprio lui il villain principale della Part 4.
Il modo in cui i protagonisti vengono a sapere della presenza di Kira a Morioh è grazie all’aiuto del fantasma della sua prima vittima: Reimi Sugimoto, uccisa all’età di sedici anni insieme a tutta la sua famiglia. Con le sue parole diventa immediatamente chiaro il fatto che tutto il focus futuro della trama sarà in qualche modo incentrato sulla figura di questo assassino, sfuggevole e ancora incognito, e che incontrerà i protagonisti solo pochi minuti dopo, per pura casualità, con Araki che sceglie di presentare il personaggio agli spettatori giocando fino all’ultimo sulla sua aria perfettamente insospettabile. Questo perché Yoshikage Kira vuole soltanto vivere una vita tranquilla senza preoccupazioni, senza avere attriti con le altre persone, senza spendere fatiche inutili per arrivare primo nelle competizioni, senza farsi notare, ma nonostante questo veniamo subito a conoscenza anche di un lato ben più oscuro della sua personalità: Kira ha un feticismo per le mani femminili (scoperto da bambino osservando le mani della Monna Lisa in una foto) e ha degli impulsi omicidi periodici che lo costringono ad uccidere una donna per poterne conservare la mano mozzata, trattandola come se fosse una fidanzata vera e propria ancora in vita – parlando con essa e portandola con sé in tasca quando esce di casa.
Tutto ciò è di una crudezza inverosimile, ma è anche narrativamente brillante perché eleva Kira ad essere un personaggio credibile, concreto, vero. Non siamo davanti all’ennesimo supercattivo megalomane stereotipato e riciclato, con troppi muscoli e troppo poco spessore caratteriale, il cui unico obiettivo è quello di conquistare il mondo come cosa fine a se stessa, o solo come risultato di una malvagità intrinseca che non riesce ad esprimersi in modi più creativi e che sanno meno di già visto (come purtroppo nel caso dei Pillar Men nella Part 2 e di ⌈DIO⌋ nella Part 1 e 3). Naturalmente anche Kira mette in mostra un certo livello di malvagità: quando si sente messo con le spalle al muro o particolarmente umiliato abbandona la maschera di persona mite e riservata e non si fa problemi a lasciar trasparire un lato di sé decisamente crudele, sadico e vendicativo; oppure il fatto che abbia l’abitudine ossessiva di registrare il tasso di crescita delle unghie delle proprie mani, credendo che una crescita più rapida del solito sia un segno di buona sorte e lasciando prendere il sopravvento ai propri istinti omicidi quando ciò accade, ma questo non fa altro che rendere ancora migliore la realizzazione del suo personaggio, che appare così incredibilmente, perversamente umano.
Con l’arrivo di Kira sulla scena, la vecchia sigla non è più adatta e quindi fa il suo debutto Chase, con uno stile molto più action e che fa percepire tutta la pesantezza della situazione attraverso certi “presagi” e piccoli dettagli che si distinguono decisamente bene dai toni più spensierati di Crazy Noisy Bizarre Town. Chase comunica alla perfezione l’inizio della caccia all’uomo dei protagonisti nei confronti di Kira, e l’urgenza di smascherarlo prima che possa uccidere di nuovo. E proprio quando ci riescono, Kira riesce a sfruttare alcune coincidenze fortuite per poterla fare franca di nuovo, nascondendosi nella casa della famiglia Kawajiri dopo aver assunto le sembianze e l’identità del padre Kosaku. A questo punto il ritmo della trama rallenta, dando ad entrambi gli schieramenti il tempo di riorganizzarsi; Kira-Kosaku, in particolare, deve ambientarsi nella sua nuova identità cercando di non destare sospetti nella moglie e nel figlio Hayato (che sarà un elemento determinante nella dipartita finale dell’assassino). La sigla di questa ultima parte della trama diventa Great Days (prodotta in 4 varianti diverse), che auspica ad un lieto fine tornando a toni allegri e scene colorate, e mostrando tutti i protagonisti uniti e determinati contro Kira.
Nonostante gli sforzi, Kira-Kosaku non riesce a trattenere i propri impulsi e finisce con l’uccidere di nuovo, facendosi scoprire da Hayato, che aveva iniziato a tenerlo d’occhio; questa situazione porta ad una delle scene di doccia padre-figlio più tese ed inquietanti che possiate mai aver visto, alla fine della quale Kira uccide impulsivamente anche Hayato. Ecco che finalmente arriviamo alla conclusione di Diamond is Unbreakable: Kira acquisisce il potere di Bites the Dust (dovreste aver già capito da quale canzone deriva) e inizia lo scontro finale, che non è fatto unicamente di pugni, violenza e figure maschili che si urlano addosso per decidere chi di loro sia il più forte. Lo scontro finale di Diamond is Unbreakable funziona proprio perché accade all’improvviso, senza alcuna aspettativa o preparativa da parte delle fazioni coinvolte nella disputa, ed è uno scontro che mette pienamente in mostra l’abilità strategica e la troppa sicurezza di sé di Kira insieme alle capacità di adattamento di Josuke nei confronti di qualcosa di inaspettato e inizialmente insormontabile.
Lo scontro funziona perché non arriva nessun deus ex machina ad aiutare l’uno o l’altro schieramento. Non siamo nella Part 3 dove Jotaro riesce a replicare il ⌈THE WORLD⌋ di ⌈DIO⌋ senza la minima spiegazione logica; non siamo nella Part 6 dove Enrico Pucci uccide tutti i protagonisti con ⌈HEAVEN⌋ perché ormai per esigenze di trama era stato deciso che sarebbero dovuti morire tutti a prescindere; non siamo nella Part 5 dove Giorno sconfigge Diavolo solo perché Gold Experience con il potere del Requiem diventa da un momento all’altro capace di contrastare i poteri di King Crimson annullandone ogni effetto e facendo come se non fosse successo niente. Certo, Crazy Diamond di Josuke può riparare le cose e questo contrasta in toto le bombe e la distruzione generate da Killer Queen e Kira, ma si tratta della loro abilità principale, quella che hanno sempre posseduto per tutto il corso della storia, non è qualcosa che sa solo di campato in aria all’ultimo momento in mancanza di idee migliori. Persino lo stesso Bites the Dust non è altro che un azzardo, un tentativo disperato di ottenere una seconda possibilità nel caso in cui Kira avesse commesso qualche errore di troppo, ed infatti non ha alcuna utilità nello scontro vero e proprio.
Con Kira ormai messo all’angolo (stavolta in modo definitivo), ecco che un serial killer che l’ha fatta franca per 15 anni uccidendo 48 donne e una quantità imprecisata di altre persone viene finalmente smascherato dalla sua stessa arroganza, disarmato di ogni suo asso nella manica, umiliato dall’impensabile astuzia di due bambini, ucciso per un motivo talmente futile che suona quasi beffardo. L’ambulanza che di li a poco gli avrebbe potuto salvare la vita gli spappola il cranio sotto una ruota durante una retromarcia. Un incidente d’auto, una fine vergognosamente “normale”, come se una persona talmente malvagia e ripugnante non meritasse nemmeno di essere sconfitta in modo bizzarro al pari degli altri antagonisti minori (come nel caso di Angelo e Terunosuke, menzionati sopra). Yoshikage Kira, per contrappasso, muore esattamente nel modo in cui ha ucciso tutte le sue vittime: scomparendo nel nulla, venendo dimenticato da tutti e non lasciando nel mondo alcuna traccia di sé e dei propri peccati.
Sebbene la Part 4 (e nello specifico il suo anime) abbiano dato prova di essere davvero molto apprezzabili, non è tutto oro quel che luccica e purtroppo anche JoJo, con i suoi momenti a volte brillanti e a volte un po’ meno, ne è un esempio calzante. A ricordarci questo mantra è, guardacaso, Gold di Prince: la canzone emblematica della Part 5 – Vento Aureo e del suo protagonista Giorno Giovanna, con lo 「STAND」 Gold Experience. Se dopo aver guardato Diamond is Unbreakable non vedete l’ora che vada in onda anche l’anime di Vento Aureo, potete sempre iniziare a leggerne il manga; se invece non avete ancora visto nemmeno la Part 4 e questa recensione vi ha incuriositi, vi ricordiamo che tutti gli episodi possono essere guardati (legalmente, gratuitamente e con i sottotitoli in italiano) su VVVVID ed è veramente un’occasione da non perdere. Non rimane altro che concludere con la promessa di rivederci di nuovo, alla fine dell’anime della Part 5.
Fuori posto, fuori corso e fuori strada.
23 Ottobre 2016
6 Gennaio 2014
Fuori posto, fuori corso e fuori strada.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.