Sono passati cento giorni dall’insediamento di Duterte. Da quando ha preso il potere, il Presidente delle Filippine ha supervisionato l’uccisione di più di 3.500 persone nella sua guerra alla droga, offendendo i Leader del mondo e tendendo le relazioni con gli USA. In una prima esclusiva intervista dall’insediamento abbiamo parlato con Duterte della sua controversa guerra alle droghe e della sua politica estera – incluse le relazioni in deterioramento con gli USA e un avvicinamento alla Cina.
“Abbiamo tre milioni di drogati, e stanno aumentando. Se non facciamo qualcosa, la prossima generazione avrà un serio problema… Distruggi il mio paese, ti ammazzo. Ed è legittimo. Se distruggi i nostri giovani e bambini, ti ammazzo. Un’affermazione corretta. Non c’è nulla di male nel tentare di preservare gli interessi di una generazione”.
Duterte ammette che ragazzini e innocenti sono stati uccisi nella sanguinosa repressione e promette di investigare questi omicidi “extralegali”, ma li definisce “danni collaterali”. Riguardo alla questione sul Mare Cinese del Sud, il Presidente afferma:
“Noi non faremo a meno di nulla lì. Si tratta di un nostro diritto… puoi solo negoziare per prevenire una guerra… mi hanno invitato a discutere e andrò”.
In risposta sul perché le Filippine stiano seguendo un “paradigma differente” nelle relazioni con gli USA, Duterte spiega che la sua ostilità è dovuta alle critiche sulla guerra alle droghe da parte delle leadership americane.
“Se l’America avesse seguito la procedura normale per richiamare l’attenzione internazionale verso una nazione che stia violando i diritti dell’uomo, la situazione avrebbe seguito il suo giusto corso e sarebbe finita alle Nazioni Unite. Dovrebbero essere appunto le Nazioni Unite a investigare, dato che ne facciamo parte”.
Rapporti contrastanti riguardo i legami militari con gli USA hanno invaso i media. Duterte conferma la potenziale chiusura dei vecchi accordi tra le due nazioni, includendo esercitazioni militari, l’Enhanced Defense Cooperation Agreement e perfino il Mutual Defense Treaty del 1951. Mentre le controversie continuano a seguire il presidente filippino, che sia insultare pubblicamente il presidente USA Barack Obama, dichiarare l’ex dittatore filippino Ferdinand Marcos “il migliore leader” che la nazione abbia mai visto o essere a favore di scorciatoie di “emergenza” per eseguire decisioni “democratiche”, solo una cosa sembra certa: dal punto di vista di Duterte, nessuna delle sue decisioni va messa a confronto con quelle del dittatore.
“Non riuscirei a ricordare una mia azione che indicherebbe tracce di dittatorialità dal primo giorno di insediamento nemmeno se ne andasse della mia vita”.
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