A un solo anno dal primo capitolo, costituito da Dr. No/Licenza di Uccidere, la saga che narra le vicissitudini dell’Agente 007 raggiunge la maturità nel 1963, con il film Dalla Russia con Amore. La crescita tecnica e quella stilistica, rispetto alla precedente pellicola, sono impressionanti, soprattutto grazie al ritorno – davanti e dietro le telecamere – della stessa squadra già collaudata. L’opera, già dal titolo, si focalizza sui rapporti tra il blocco occidentale e l’Unione Sovietica, con le due parti che, per una volta, non sono nemiche ma involontarie alleate. Questo tema viene sviluppato nelle figure degli agenti James Bond e Tatiana Romanova, che si ritrovano a fronteggiare la spietata organizzazione SPECTRE. Oltre che al desiderio di vendetta del “Numero 1” per l’uccisione del Dr. No, la vicenda ruota anche intorno al furto del Lektor, un dispositivo di decodificazione sovietico che nella storia funge da MacGuffin.
La produzione scelse di adattare questo quinto racconto di Adam Fleming dopo che il Presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy lo segnalò – in un’intervista apparsa sul Time Magazine – tra i suoi dieci romanzi preferiti di tutti i tempi. Secondo il libro Death of a President di William Raymond Manchester, questo sarebbe stato l’ultimo film che Kennedy vide prima di morire. Dopo la première mondiale, avvenuta a Londra il 10 ottobre 1963 all’Odeon Leicester Square, il film incassò ottanta milioni di sterline, a fronte di un budget di due milioni. In base al potere d’acquisto dell’epoca, questo corrisponde a circa 1.300 milioni di sterline attuali. È stato inoltre il primo James Bond a ricevere una nomination ai Golden Globe per la Miglior Canzone, From Russia with Love di John Barry.
La sceneggiatura è ancora una volta affidata a Harwood e Maibaum, ed è decisamente più articolata e meno lineare rispetto a quella del primo film, con una suspense irrobustita, una maggiore ironia e una migliore capacità di sfruttare il budget, per altro raddoppiato, con una serie di spettacolari (specie per l’epoca) scene d’azione. Al copione di Connery – capace come sempre di alternare, alle notevoli performance fisiche nei duelli, quelle seduttive con le donne – vengono aggiunti svariati tocchi di spionaggio d’alta classe, come il riconoscere una spia sovietica dal solo fatto che accompagna il pesce con del vino rosso. La storia, inoltre, ha un ritmo meno altalenante, e spazia attraverso un gran numero di location collegate dai lussuosi ambienti dell’Orient Express, resi meravigliosamente da una fotografia che restituisce una pellicola perfettamente calata nelle atmosfere anni Sessanta. Il film è in sostanza molto più moderno, tanto che quasi si stenta a credere che sia trascorso solo un anno rispetto a Licenza di Uccidere, invecchiato decisamente peggio. Se a questo si aggiungono poi le migliorie nella direzione, nonché nella caratterizzazione dei personaggi, si ottiene un serio candidato al titolo di miglior film di 007.
Sono molte, in questo capitolo, le novità che sono poi diventate consuetudini della saga. Tra le più importanti ci sono i primi gadget mascherati da oggetti insospettabili, nonché le inquadrature, a mezzo busto e in penombra, di Ernst Stavro Blofeld, “Numero 1” della SPECTRE, senza dimenticare la scena prima dei titoli di testa e la scritta «James Bond will return» nei crediti finali.
Gran parte della scena se la prende uno dei cattivi del film, il fortissimo e quasi muto tirapiedi Robert Red Grant (Robert Shaw), che già a inizio film troviamo intento ad addestrarsi per uccidere Bond su dei sostituti, in attesa di quello vero. Ed è proprio dal punto di vista dei nemici che Dalla Russia con Amore spicca: oltre alla prima apparizione del Numero 1 della SPECTRE Ernst Stavro Blofeld – il mai inquadrato in viso Anthony Dawson, che già interpretò il Professor Dent nel film precedente e che fu quindi doppiato da Eric Pohlmann – si segnalano anche Rosa Klebb (Lotte Lenya), Numero 3 e agente sovietico doppiogiochista, e Kronsteen (Vladek Sheybal), maestro di scacchi e ideatore di piani per l’organizzazione, di cui rappresenta il Numero 5. Gli henchmen sono invece, oltre al sopracitato Grant, l’assassino bulgaro Krilencu (Fred Haggerty) e Morzeny (Walter Gotell).
Mentre proseguono i sottili flirt con Miss Moneypenny e le strigliate nell’ufficio di M, fanno per la prima volta la loro comparsa i fantastici gadget di Q, insieme all’attore, Desmond Llewelyn, che interpreterà il personaggio per ben diciassette film. Quelli comparsi in questo capitolo sono ancora abbastanza verosimili, rispetto a quelli che verranno proposti col progredire della saga. Si parte da una speciale valigetta multiuso, che nasconde nei suoi componenti venti caricatori, un coltello da lancio e cinquanta sovrane d’oro, e che contiene un fucile di precisione calibro venticinque – completamente sistemabile nel proprio stesso calcio – con tanto di mirino telescopico a raggi infrarossi, nonché un barattolo da borotalco con una cartuccia di gas lacrimogeno, che può esplodere se la valigia viene aperta senza conoscere l’esatta posizione in cui devono essere rivolte le cerniere di apertura. Vi sono, infine, un detector telefonico per monitorizzare le chiamate di un normale telefono fisso, un rilevatore di cimici, un orologio con garrota estraibile dalla corona, e una macchina fotografica-registratore che cela un magnetofono al suo interno. Dalla sua, la temibile SPECTRE risponde con una scarpa-pugnale a scatto dalla punta avvelenata, indossata da Rosa Klebb.
Le automobili sfoggiate dall’agente 007 sono una Bentley 3.5 Litre del 1935, prima vera Bond-Car, e una Bentley S3 Continental. C’è da dire, però, che questa volta Bond guida pochissimo, e passa la maggior parte del tempo a scroccare passaggi dagli innumerevoli figli del suo alleato Kerim Bey. Nonostante ciò le location sono, come si è detto, numerose: oltre all’immancabile Londra compaiono infatti Istanbul, Belgrado, Zagabria e Venezia. Alcune scene, in assenza di Bond, si svolgono anche nel quartiere generale della SPECTRE, situato nell’immaginaria Spectre Island.
La Bond girl principale è il già citato agente sovietico Tatiana Romanova, interpretata, dopo il rifiuto di Virna Lisi, dall’italianissima Daniela Bianchi. La Bianchi, appena tre anni prima dell’uscita del film, si era classificata al secondo posto a Miss Universo 1960, e grazie alla sua performance nella saga di 007 verrà scelta poi da Dino Risi per recitare al fianco di Sandra Milo ne L’Ombrellone. Ancora oggi è considerata una delle migliori Bond girl di sempre. A inizio film compare brevemente anche Sylvia Trench, già vista in Licenza di Uccidere, che nei piani degli sceneggiatori doveva essere la fidanzata regolare di Bond, idea poi accantonata in favore del flirt con Miss Moneypenny. Rimane comunque l’unica Bond girl a essere apparsa in due film. Si aggiungono al conto anche le due ragazze zingare Zora e Vida (Martine Beswick e Aliza Gur), incontrate al campo da James assieme a Kerim Bey.
Nota di merito per quest’ultimo personaggio, probabilmente il più riuscito del film. Purtroppo il suo interprete, l’attore messicano Pedro Armendariz, morì di cancro subito dopo le riprese. Era stato suggerito a Terrence Young dal suo collega e amico John Ford. La malattia gli è stata diagnosticata durante le riprese ad Istanbul, e la produzione si spostò in anticipo in Gran Bretagna per permettergli di terminare le riprese assegnate, secondo il suo volere. Suo figlio, Pedro Armendáriz Jr., molti anni più tardi interpreterà il Presidente della Repubblica di Isthmus nel sedicesimo film della saga, Vendetta Privata (1989).
Probabilmente, Dalla Russia con Amore è il miglior film della serie: è pervaso da un clima di perenne guerra di spie, c’è il fascino dell’ambientazione veneziana e il sapore classico di un romanzo di viaggio nella lunga scena a bordo dell’Orient Express, mentre l’ironia presente per tutta la durata del film aiuta la pellicola a non scivolare nell’esaltazione di un superuomo o di un personaggio fuori dalla realtà. È forse meno brillante del successivo Goldfinger, ma più reale e più lineare all’interno di una trama di puro spionaggio che è comunque di grande inventiva, con colpi di scena fino all’ultimo minuto e antagonisti stratosferici.
IMDI Cinema Classics 007:
– Licenza di Uccidere (Dr.No), 1962
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