Spesso, molto spesso un racconto breve può lasciare, in chi lo legge, emozioni, riflessioni o qualsiasi tipo di traccia, che un libro intero non riesce ad assicurare o trasmettere.
Pochi considerano i racconti brevi come veri e propri capolavori, magari valutandoli come bozze mai finite da parte dell’autore o semplicemente opere da infilare qua e là in qualche raccolta non capendo magari, che in realtà il racconto breve spesso è la più alta concentrazione di significati e abilità che un autore riesce a trasmetterci, solo il succo, la polpa senza l’inutilità della buccia.
Come non apprezzare alcuni racconti brevi di Poe o Lovecraft ad esempio?
Comunque vorrei parlarvi esattamente di tre racconti brevi recenti che mi sono rimasti maggiormente impressi o che mi hanno fatto riflettere a lungo spingendomi alla ricerca di risposte, soluzioni o semplicemente ricordandoli con piacere.
Il primo, anche in ordine cronologico, è un racconto letto alle medie e i cui particolari mi tornano in mente vividi come non mai.
La luce è come l’acqua – Gabriel Garcia Marquez
Questo racconto è nella mia mente da anni, vuoi perché quando lo lessi ero un moccioso impressionabile, vuoi che è cosi strano che resta nella memoria a lungo, ma è cosi.
Il racconto parte come una normalissima storia di vita familiare quotidiana, per poi sfociare in qualcosa di fantastico e assurdo.
Totò mi aveva domandato come mai per accendere la luce bastava pigiare un bottone, e io non avevo avuto il coraggio di pensarci due volte.
“La luce è come l’acqua ” gli avevo risposto: “si apre il rubinetto, ed esce”.
Procedendo nel racconto si ha quasi l’impressione di vedere scorrere, zampillare la luce che esce dalle lampadine quasi come se davvero, rompendone una potremmo allagare casa. Leggere/vedere mobili e oggetti galleggiare nella luce ( mi è rimasta impressa l’immagine della scatola di preservativi del padre dei bambini che galleggia nella luce) e la reazione della gente per nulla spaventata o sorpresa, credetemi è strano. Tirando successivamente le somme, facendo le proprie considerazioni anche a distanza di tempo i significati che potremmo dare al racconto sono molteplici, potrebbe essere una metafora della fantasia dei bambini, della loro voglia di sregolatezza, oppure un’analisi di quanto preziosa sia la luce per tutti e di come un suo spreco, come anche di tutte le fonti di vita, porti a conseguenze negative.
Il secondo racconto che andrò ad analizzare è abbastanza recente, ma consiglio vivamente di leggere l’intero libro da cui è tratto.
Ranocchio salva Tokyo – Haruki Murakami
L’intero libro da cui è tratto il racconto (Tutti i figli di Dio danzano) è un intreccio continuo di molteplici significati, reali e non, che hanno tutti in comune un evento, il terremoto di Kobe del 1995. Come detto gli eventi possono essere realistici oppure no, come dimostra il racconto che vado a presentarvi.
Dopo aver letto le prime storie, questo parte con eventi cosi strani ed assurdi che l’espressione di chiunque l’ha letto è WAT?
Il ranocchio gigante che compare al protagonista del racconto, Katagiri, uomo la cui vita è priva di slancio, rappresenta l’antagonista del Gran Lombrico, personificazione dell’odio dentro cui le vite dei personaggi sono intrappolate.
Ho continuato la lettura del racconto con un misto di ironia e serietà, apprensione e riflessione su temi più che attuali nonostante la totale assurdità del racconto. I dialoghi sono pressoché perfetti, la narrazione è stupendamente ricca di dettagli e significati che ogni singolo lettore dovrà decifrare, dandone la propria visione. Come detto, tutta la raccolta è da leggere, ho scelto però questo racconto semplicemente perché è quello più assurdo, incredibile e che sicuramente provocherà in voi una miscela di tantissime emozioni anche in contrasto tra loro.
L’ultimo racconto, ma ovviamente non in ordine di importanza ( anzi) è un classico, che credo (spero) chiunque di voi abbia letto non è proprio un racconto breve bensì una parabola contenuta nel romanzo Il processo di Kafka.
Davanti alla legge – Franz Kafka
Un uomo di campagna persegue la legge e spera di conquistarla entrando in un portone. Il guardiano del portone dice all’uomo che non può passarvi in quel momento. L’uomo chiede se potrà mai farlo e il guardiano risponde che c’è la possibilità che vi riesca. L’uomo aspetta presso l’entrata per anni, tentando di corrompere il guardiano con i suoi averi; il guardiano accetta le offerte, ma dice all’uomo «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.». L’uomo non tenta né di ferire, né di uccidere il guardiano per raggiungere la legge, ma attende presso il portone fino a che non sta per morire. Un attimo prima che ciò accada, chiede al guardiano perché, seppure tutti cerchino la legge, nessuno è venuto in tutti quegli anni. Il guardiano risponde «Nessun altro poteva entrare qui perché questo ingresso era destinato soltanto a te. Ora vado a chiuderlo.
In questo breve racconto chiunque ami o semplicemente apprezzi Kafka e le sue opere vi ritroverà tutto quello che rappresenta lo scrittore, dal suo concetto dell’esistenzialismo al pessimismo e l’impotenza dell’uomo di fronte ad un sistema che non capisce, incapace di difendersi ma comunque mai rinunciatario o pronto ad arrendersi . Il lettore continua a chiedersi se si tratta semplicemente di una metafora e viene spinto alla rilettura del racconto.
Un capolavoro.
Grazie e alla prossima,
TommyWarsaw
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