«L’umanità rappresenta oggi una vera e propria forza geologica in continua e illimitata crescita» VladimirVernadskji
Se è “la terra” e non “il terro” un motivo ci doveva pur essere.
Ebbene, anche il nostro pianeta ha il ciclo. Il ciclo del carbonio.
Che è tanto instabile quanto pericoloso, proprio come il corrispondente femminile.
Ma le analogie possono finire qui. Il ciclo del carbonio è il processo mediante il quale il carbonio “viaggia” tra geosfera (in breve: strati del suolo), idrosfera (mari e oceani), biosfera (dove c’è vita) e atmosfera terrestre.
È questo ciclo a permettere la vita sul pianeta. Infatti, in linea teorica il processo è perfetto. Fa corrispondere a determinati valori di output equivalenti valori di input nell’atmosfera del gas più famoso di tutti, l’anidride carbonica (CO2). La CO2 viene prodotta da diverse attività:
La concentrazione di questo gas è mantenuta costante grazie alla compensazione principalmente ad opera della fotosintesi vegetale – che conoscete tutti in quanto la maggiore persecuzione dell’ora di scienze alle elementari- che assorbe e trasforma il gas in biomassa.
Il problema è che il procede dello sviluppo umano fin dalle antichità venne condotto prima attraverso incendi volontari di foreste per fare spazio ad agricolutra e allevamento intensivi (e che continua anche oggi), e poi, soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale, reinserendo in circolazione quello che per millenni di evoluzione geologica aveva giaciuto indisturbato sotto la crosta del pianeta . Di cosa si tratta? Dell’estrazione e l’utilizzo dei combustibili fossili ( carbone, petrolio, …) per produrre energia. Questo ci da definitamente il diritto di definirci uno degli “agenti di trasformazione planetaria”.
Sono, questi ultimi, due meccanismi di rapida produzione di CO2, che hanno alterato l’effetto serra naturale, col risultato che la produzione di CO2 oggi è circa il doppio della sua rimozione, e la sua concentrazione nell’atmosfera ha raggiunto i massimi storici e questo, negli ultimi 100 anni ha riscaldato la terra in media di 0,7° gradi, creando il fenomeno dello scioglimento dei ghiacci.
E tutto questo ha dell’incredibile se si pensa che la CO2 è una componente che nell’aria si aggira intorno allo 0,03%, e la sua presenza in essa, che sarebbe concentrata nelle zone di produzione, è resa invece omogenea dall’azione dei venti. Pensare però che questo possa diminuirne gli effetti sul clima è ingenuo dal momento che la CO2 ha un tempo di permanenza nell’atmosfera di decenni. Riesce perfino a compiere più volte il giro del mondo. E può essere rimossa dall’atmosfera solo tramite fotosintesi oppure con la dissoluzione negli oceani (di cui parlerò in un futuro articolo).
Ma l’anidride carbonica non è l’unico elemento prodotto dalla combustione del carbonio. Insieme ad essa si creano monossido di carbonio (CO), materiale particolato (PM), anidride solforosa (SO2) nel caso dei combustibili fossili, e monossido e biossido di azoto (NO e NO2). Tutti questi elementi, inoltre, reagiscono tra di loro creando anche CO2 e pericoloso ozono troposferico (O3) – parola del Premio Nobel Paul Crutzen-, senza dimenticare anche l’acido solforico e l’acido nitrico che in quanto liquidi si aggiungono ai particolati e che sono i principali “responsabili” delle piogge acide.
Un episodio molto esplicativo, letto tempo fa, mi ha particolamente colpita. Tra il 4 e il 9 Dicembre del 1952 a Londra, dove la principale fonte di riscaldamento domestica era il carbone, ci fu un drastico aumento di malattie respiratorie e polmonari poichè i fumi dei camini in quei giorni non si dispersero…per mancanza di vento. Con il quadruplo delle concentrazioni normali di SO2, le morti quotidiane sono passate da 250 a oltre 800 persone in questi giorni.
Certo va ammesso che l’anidride solforosa allora era oltre 100 volte superiore a quella dei giorni nostri, ma grazie all’ozono è comunque vero che chi vive in grandi città come Milano o Bruxelles ha un’aspettativa di vita di 1-2 anni più breve rispetto a chi vive in aree rurali non inquinate (il perchè specifico “non inquinate”, qui). Nevertheless, l’ozono è una molecola molto reattiva, che interagisce con il materiale biologico vegetale, oltre che umano, e lo danneggia per esempio con la diminuzione della crescita del raccolto. Si stima infatti che la produzione di legname nelle foreste europee sia diminuita del 10%. E questo è stato dimostrato grazie anche ad esperimenti: la coltivazione in serra con filtri per l’aria è più produttiva di una fatta in serra senza filtri o addiritura all’aperto.
Certo il rapido sviluppo che si ha avuto negli ultimi 100 anni in una parte del mondo è stata possibile grazie alla alla disponibilità di energia a basso costo prodotta da fonti fossili. Ancora oggi l’80% del fabbisogno energetico mondiale è coperto da questi, che per questi motivi vengono sostenuti con sussidi.
«La notizia positiva è che il peso delle fonti energetiche rinnovabili -che non producono CO2- nella produzione di energia elettrica è costantemente cresciuto in quindici anni, con una forte accelerazione negli ultimi cinque. Alla fine del 2008, il 18,7 per cento dell’elettricità mondiale era prodotta da fonti rinnovabili, contro il 13.5 per cento del nucleare. Nel 2010 tale percentuale ha superato il 20 per cento.»
Secondo l’IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change), per contenere l’aumento delle temperature attorno a 2-2,4 gradi, le nazioni industrializzate dovrebbero ridurre le emissioni del 25-40 per cento (rispetto al 1990) entro il 2020 e dell’80-95 per cento per il 2050.
La soluzione per un’aria più pulita e per contrastare il cambiamento climatico, è un lavoro di sincronia tra un cambiamento dello stile di vita (trasporti pubblici, rismarmio ed efficenza energetica) ed un buon uso della tecnologia (filtri, scrubbers industriali, auto ecologiche ed energie rinnovabili, più che OGM).
Ma se aspettiamo che sia la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite a risolvere il problema ci sbagliamo di grosso.
«Nel caso dei cambiamenti climatici, le scelte individuali giocano un ruolo molto importante. I soli accordi internazionali di alto livello non serviranno a bloccare i pericolosi cambiamenti climatici: saranno necessari cambiamenti di abitudini da parte di singoli e comunità, soprattutto in relazione alle scelte in campo edilizio, nei trasporti e nei consumi alimentari.» (dal Rapporto Stern sui cambiamenti climatici)
Iniziamo il cambiamento con l’abbassare la luminosità dello schermo, dai.
Derpette
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