Quando il primo Europa Universalis venne alla luce nel Febbraio del 2001, i ragazzi della Paradox non potevano immaginare che l’allora spin-off virtuale di un gioco da tavolo poco conosciuto sarebbe diventato a breve il primo capitolo della serie di punta di tutta la loro produzione.
Se si dovesse riassumere la serie di Europa Univeralis per spiegarne il fulcro ai profani, la classica definizione di ‘Grand-Strategy Game’ non sarebbe probabilmente sufficiente. Questo tipo di prodotto è infatti spiegabile come una sorta di wargame in cui l’importanza della microgestione (muovere le singole truppe, e allocare i raccoglitori alle diverse risorse) viene messa in secondo piano rispetto alla strategia generale (l’organizzazione delle alleanze e di una diplomazia coerente, i piani a lungo termine per l’economia, lo sviluppo tecnologico). Il popolare Risiko è un buon esempio da cui partire e fa ben capire quanto le origini del genere siano effettivamente radicate nei classici giochi da tavolo, le cui ovvie limitazioni fisiche vengono magari superate con l’aiuto della CPU che aiuta a gestire azioni automatiche, lanci di dadi e, più in generale, a rendere più scorrevole il gioco. La piattaforma virtuale rende possibili l’evoluzione verso un prodotto più complesso e l’introduzione di meccaniche prese in prestito da altri generi come i wargames e gli RTS: alcuni titoli, per esempio, offrono un’esperienza in tempo reale, abbandonando i classici turni. Altri ancora (come la versione virtuale del board-game Axis&Allies) permettono al giocatore di ignorare la risoluzione delle battaglie con lancio di dado per consentirgli di ingaggiare il nemico in una tradizionale ‘random map’ che richiama i moderni RTS.
In questo cosmo di giochi, reali e virtuali, ha le sue radici anche il titolo della Paradox. Sin dal suo primo episodio, Europa Universalis si è però distinto dai sui concorrenti per aver introdotto un concetto nuovo e in un certo senso rivoluzionario nel gameplay: l’accuratezza storica. I giochi sopracitati, infatti, puntando a un bilanciamento perfetto tra le varie fazioni giocabili, erano costretti a scendere al compromesso per quanto riguardava realismo ed equilibrio delle parti in gioco finendo con l’offrire ai giocatori scenari in cui ogni nazione godeva sostanzialmente dello stesso numero di province, le stesse entrate fiscali e la stessa tecnologia militare. In Europa Universalis tutto questo è pura fantasia. Ogni nazione giocabile (dal minuscolo land tedesco agli immensi imperi mediorientali e asiatici) è praticamente unica, grazia alla minuzia con cui eventi storici, dinastie, istituzioni politiche e persino la mappa del mondo nel 1400 d.C., epoca in cui inizia la partita standard, vengono ricreate. Questo aspetto del gioco in particolare è costantemente migliorato con l’uscita di nuovi episodi, espansioni e DLC. Ma andiamo con ordine.
La base del gioco, presa in prestito come già detto dal gioco da tavolo, era già ben definita nei primi due episodi della serie, virtualmente uguali e ora disponibili su Steam sotto il nome di ‘To the glory: an Europa Universalis game’. Concetti, al tempo relativamente nuovi per un gioco di strategia, come il casus belli (l’impossibilità pratica di dichiarare guerre senza un valido motivo accettato dalla comunità internazionale), l’espansione coloniale e diplomatica (vincolata alla tecnologia navale e all’abilità di monarchi e ambasciatori), l’utilizzo della religione e del commercio, iniziavano già a delinearsi in questi due primi episodi.
Tuttavia, il vero salto di qualità che diede nuova linfa vitale alla serie, ancora considerabile come un prodotto di nicchia, si ebbe con l’uscita nel 2007 del suo terzo capitolo. Sebbene la sua prima versione fosse ancora abbastanza acerba (e, per dirla tutta, esteticamente improponibile), la Paradox rilasciò col tempo una serie di DLC che limarono alla perfezione il prodotto finale. Europa Universalis 3 fece felici sia i giocatori (da ora impegnati più che mai con la creazione di tutorial e contenuti che resero possibile introdurre i non addetti ai lavori alle complesse meccaniche del titolo) che i modder (che poterono godere della maggiore ‘customizzazione’ del prodotto). Il gioco apportò modifiche alla mappa e alle province disponibili, estese il numero di regni, repubbliche e imperi giocabili e fece grandi passi avanti per quanto riguarda l’incidenza degli eventi storici sulla partita e quindi la personalizzazione del gameplay in base alla nazione scelta. La gestione di economia e politica venne ulteriormente approfondita con miglioramenti alle meccaniche del commercio, la creazione della Santa Sede, organo politico che da adesso competerà per importanza con il Sacro Romano Impero, e l’introduzione dello spionaggio, canale addizionale con cui il giocatore può interferire nelle politiche delle altre nazioni, assassinando funzionari e ministri o fomentando rivolte e guerre intestine.
Dopo l’uscita del suo ultimo DLC, Europa Universalis 3 poteva essere considerato un gioco ormai completo, vantando una solida community, una longevità fuori dal comune, e il mercato dei grand strategy games ormai monopolizzato dalla Paradox, che aveva a quel punto affiancato a EU altri titoli che ne riprendevano il gamplay cambiando l’ambientazione storica (Crusader King, Victoria e Heart of Iron). Dopo 6 lunghi anni di intrighi, guerre, alleanze ed esplorazioni anche il miglior videogioco deve però andare in pensione, o almeno nominare un degno erede. Critica e fan risposero entusiasti al rilascio il 13 Agosto 2013 del nuovo e ultimo capitolo della serie, Europa Universalis 4.
Il gioco porta il realismo storico e la profondità del gameplay che hanno consacrato la serie a un livello esagerato. La gestione dell’economia, relativamente semplice nei primi capitoli, cambia totalmente: il giocatore non ha più a disposizione i classici indicatori del bilancio statale e le leve per decidere i settori in cui investire, ma è ora più che mai legato alla politica commerciale, alla scelta dei consiglieri, alle abilità amministrative del monarca e allo sviluppo industriale delle provincie. Viene abbandonato anche il vecchio sistema dei punti relazione tra le nazioni. I rapporti con gli altri paesi ora vengono regolati in base a una serie di fattori nuovi: L’opinione che il proprio regno ha del suo vicino, l’opinione che quest’ultimo ha di noi, la presenza di nemici in comune, e l’eventuale parentela delle dinastie regnanti. Altra grande innovazione è l’introduzione delle idee nazionali: ogni nazione ha ora, insieme alle varie idee sbloccabili già presenti in EU3, dei perks personalizzati. Dall’inquisizione spagnola, al bonus al prestigio per la Firenze rinascimentale; dalla tolleranza degli eretici della Francia rivoluzionaria alla tecnologia navale degli inglesi, ogni singola fazione potrà godere di questi piccoli bonus, sbloccati mano a mano che si progredisce nella partita. I DLC successivi continuano a spingere per un’ulteriore personalizzazione delle nazioni offrendo altre meccaniche uniche: i popoli berberi del Nord Africa possono condurre delle incursioni alle rotte commerciali del Mediterraneo e fare man bassa di schiavi, la monarchia inglese gode ora di un sistema di governo unico dotato di parlamento, le nazioni nomadi dell’est ottengono un punteggio “unità” che le costringe alla razzia continua per non veder la propria orda disgregarsi.
Il nuovo DLC in uscita ad Ottobre, ‘Rights of Man’, approfondisce, tra le altre cose, una precisa fase storica che per importanza e influenza non poteva essere lasciata in secondo piano: la rivoluzione francese. La rivoluzione, innescabile dopo il 1700 a patto di avere bassa stabilità, debiti ed essere ancora governati dalla monarchia francese, consiste in una serie di eventi che potranno cambiare totalmente la faccia della principale potenza del continente: il periodo del terrore, la parentesi del direttorio, l’avvento di Napoleone e la fondazione dell’Impero permetteranno al giocatore di decidere quello che sarà l’esito finale della rivoluzione. ‘Rights of Man’, ci permetterà persino di supportare una delle diverse fazioni rivoluzionarie: giacobini, girondini e imperiali. Altra area del gioco che viene sviluppata è quella della religione. Le nazioni di fede copta potranno ottenere dei bonus conquistando le provincie che ospitano gli antichi patriarcati cristiani. Inoltre, le religioni feticiste dell’Africa avranno la possibilità di fondersi con altre fedi e dare origine a nuovi sincretismi. In Rights of Man, le nazioni più potenti hanno lo status di “grande potenza” e sbloccano una serie di azioni diplomatiche che permettono di influenzare i regni minori. La novità più scottante sembra comunque essere quella delle istituzioni, che sostituiranno il vecchio sistema delle diverse tecnologie (occidentale, orientale, africana etc…). Si tratta sostanzialmente di ‘idee’ che durante la partita nasceranno in certe aree della mappa (spesso storicamente accurate) per poi diffondersi automaticamente in tutto il mondo. Per esempio, il rinascimento avrà necessariamente origine in una provincia italiana dopo il 1450 e sarà successivamente disponibile nelle regioni limitrofe fino a espandersi globalmente. Le istituzioni sono 7: feudalesimo (fin dall’inizio della partita diffusa in tutta Europa e buona parte dell’Asia), rinascimento, colonialismo, stampa, commercio globale, manifattura e illuminismo.
In generale, il fatto che un gioco appartenente a un genere per sua natura poco conciliante con il mercato videoludico più mainstream abbia visto la sua popolarità aumentare lungo quattro episodi e dozzine di DLC senza mai perdere per strada i vecchi fan è di per se qualcosa di incredibile. Europa Universalis può per questo motivo essere considerato una mosca bianca nel panorama dei Grand Stategy Game, la cui fetta più grande è comunque, grazie ad esso, nelle mani della Paradox. Le molteplici ragioni dell’indiscusso successo sono sicuramente da ricercare nell’apertura e maturità della community, alla quale qualsiasi giocatore volenteroso di imparare si deve necessariamente rivolgere, e nella meticolosità e cura con cui i programmatori (o gli storici?) della software house svedese hanno realizzato il prodotto. Dalla colonna sonora (con folk medievale, barocco e musica classica nei primi episodi, e una soundtrack completamente originale dal terzo capitolo in avanti) e i vari artwork alla maniacale ricostruzione degli eventi storici più oscuri; è chiaro che Europa Universalis trasuda la passione e l’impegno dei suoi sviluppatori, consci che – a prescindere dalla complessità del prodotto – quando la qualità viene offerta né il grande pubblico né la fanbase più tradizionale tardano a mostrare riconoscenza, apprezzamento e fedeltà all’ormai storico marchio.
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