Ogni era ha i suoi idealisti e ogni idealismo, per definizione, ambisce necessariamente ad essere applicato nella sua forma più estrema. I giacobini francesi ghigliottinavano i traditori della causa rivoluzionaria. I bolscevichi sovietici erano impegnati in una purga continua degli apparati statali e del partito, alla ricerca degli eterodossi. Il clima da caccia alle streghe nel dopoguerra americano, in cui, col maccartismo, la religione di Stato era di fatto un culto laico della costituzione degli Stati Uniti, ha mietuto le sue vittime tra le fila di qualsiasi celebrità e personaggio pubblico fosse sospetto di intrattenere rapporti con l’altro lato della cortina di ferro.
La nostra epoca non fa eccezione. L’utopia in voga in Occidente nel XXI secolo è la solita: l’uguaglianza sostanziale e totale degli individui. I novelli crociati? Non più gli austeri generali russi, né gli affascinanti Robespierre e Saint-Just. Molto più banalmente, i nostri giacobini sono orde di millennials armati di connessione a internet e account Tumblr, sito aggregatore principale per il cancro intellettuale del nostro secolo: I Social Justice Warriors o SJW.
Il movimento, nato e cresciuto su internet nell’ultimo decennio e da poco tempo ufficialmente riconosciuto e radicato in diversi campus e università anglo-americane (ma non solo) è per molti versi sconosciuto in Italia, paese la cui arretratezza culturale (termine usato senza la minima accezione negativa) benedice molti dei suoi abitanti con una fortunata ignoranza riguardo al tenore dei dibattiti nelle facoltà umanistiche d’oltralpe e, specialmente, sull’altra sponda dell’Atlantico.
Immaginate, per esempio, che il vostro professore di italiano si rifiuti di spiegare Dante, in quanto autore non abbastanza inclusivo e troppo bianco e cattolico per l’alunno musulmano o la ragazza immigrata di seconda generazione che, fino a quel momento, hanno in ogni caso, giustamente ignorato la questione.
Immaginate che l’insegnante di lettere decida di saltare a piè pari la storia di Roma, colpevole di imperialismo e genocidio, per concentrarsi invece sulle comunità di cacciatori-raccoglitori dell’america precolombiana, adducendo come motivo la necessità di avere un programma più moderno e orientato alla politica del Diversity & Equality.
Immaginate che a Sanremo vengano introdotte quote razziali per far si che la percentuale di cantanti bianchi non superi la metà dei partecipanti al festival, a prescindere, e lo si tenga bene a mente, dagli effettivi meriti degli artisti selezionati.
Questo è sostanzialmente ciò che sta avvenendo in diverse università e altri ambienti culturali americani, in cui il grosso degli studenti e dei professori è di fatto succube delle battaglie ideologiche dei Social Justice Warriors, per ora una fastidiosa e rumorosa minoranza.
La recentissima polemica riguardo al nobel per Bob Dylan (colpevole dell’imperdonabile peccato originale, l’essere un maschio bianco) è solo l’ultima e certamente non la più folle delle diatribe contro ogni aspetto della vita pubblica sia sprovvisto di quote di genere, razza, orientamento sessuale, religione (e di qualsiasi sfaccettatura dell’essere umano che possa causare divisioni) e che non venga adeguatamente supervisionato dai SJW e dal comitato centrale dell’equality&diversity team. Pochi mesi fa il dibattito riguardava gli oscar, rei di essere ancora troppo bianchi, e dunque intrinsecamente oppressivi. Qualche settimana fa un teatro non ha potuto mostrare l’Aida di Verdi, in quanto lo spettacolo – a detta di un gruppo di SJW – sarebbe stato un caso di ‘appropriazione culturale’ a danno dei ragazzi di origini etiopi e egiziane. Il caso delle università americane in cui diversi studenti hanno chiesto di eliminare Shakespeare e Chaucer dal programma di letteratura perchè ‘troppo bianchi’ per chi non dovesse avere un background etnico anglo-sassone o comunque europeo è stato in Italia riportato solo dal ‘Foglio’.
Nessun aspetto della cultura è al sicuro dalla nuova furia giacobina che, in fin dei conti, sta paradossalmente contribuendo ad alimentare le divisioni nella società: uomini contro donne, musulmani contro cristiani, eterosessuali contro il resto, bianchi contro minoranze etniche. Il pattern è un classico del pensiero marxista, all’interno del quale l’intera storia dell’umanità deve necessariamente essere interpretata in un’ottica materialista di conflitto tra classi (ora comprendente anche razze, generi, religioni e chi più ne ha più ne metta).
Anche al di là dell’aspetto ovvio, ovvero il fatto che questa retorica sia in sé il più grande ostacolo alla pacifica convivenza tra individui diversi (che, piaccia o no, non si uniformeranno certo grazie a petizioni, decreti legge e quote rosa), è importante e preoccupante notare come la crociata sia potenzialmente infinita. Sono ormai diverse le osservazioni, i pensieri e le parole che sono diventati tabù nel nome del politicamente corretto.
Quanto ancora dovremmo aspettare prima che libertà di espressione e meritocrazia vengano completamente sostituiti da un clima che oscilla tra la polemica continua e la censura in stile psicoreato orwelliano? Se il trend perorato dai SJW dovesse (come sta già iniziando a fare) trovare una cassa di risonanza nel dibattito e negli ambienti mainstream, l’occidente, patria di una lunga serie di valori universali, rischierebbe di perderli tutti nel nome dell’eterno e pericoloso mito dell’uguaglianza assoluta.
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