Per fondare la mia città sono tentato di scegliere esattamente il posto in cui inizio, poichè ricco di argento, bestiame e pietra. Tutte cose che dovrebbero garantirmi una buona fonte di cibo e denaro. Resisto alla tentazione in nome di qualche turno di esplorazione, ma il terreno accidentato mi costringe a cedere: troppi turni per muovere i coloni potrebbero costarmi caro. Fondo Roma e l’avventura ha inizio.
Subito arrivano frotte di barbari (“Spuntano dai fottuti esagoni”) che rendono la mia espansione difficile, allora punto tutto su Roma, che cresce economicamente e culturalmente; fondo il Pantheon “Devozione al monarca” e il potente Cesare è ora leader divino. Le mie esplorazioni mi portano in contatto con altri imperi: I mongoli e i giapponesi. La memoria di vecchie partite mi colpisce come il referendum se fossi grillino e mi pento di aver incontrato Gengis Khan (Guerrafondaio e traditore). Poco dopo, alla schiera degli imperi emersi dal nero cosmico, appare anche Nabucodonosor, che mi accoglie con fare altezzoso: già lo odio.
Mentre l’impero Imdiano Romano diventa una repubblica fondata su libertà, devozione e meritocrazia (nella forma di politiche sociali) fondo Anzio, in prossimità di giacimenti di argento e ferro, nonchè una ricca dose di piantagioni di banane, futuro elemento trainante della mia civiltà.
La politica estera langue: Giappone e Mongolia mi offrono pubblicamente la loro amicizia, ed essendo tra di loro già amici e cooperanti, dopo aver accettato inizia un “circle-jerking” in cui ci battiamo tutti sulle spalle a vicenda complimentandoci reciprocamente di essere felici e fedeli.
L’argento delle mie città va a ruba, tutti mi offrono qualcosa (principalmente cavalli… Sempre cavalli) per averlo. Nessuno pensa alle mie banane, che di certo non vanno sprecate nelle festicciole orgiastiche tipicamente romane. Il mio primo errore è lasciare carta bianca ai miei lavoratori, che iniziano a costruire miglioramenti su ogni casella possibile, abbattendo giungle e riempiendo ogni esagono libero con una fattoria, cosa che presto peserà sulle mie casse.
In concomitanza, arriva la prima guerra, indovinate contro chi? Gengis Khan, in nome della nostra amicizia mi chiede di entrare in guerra contro Babilonia. Nabucodonosor val bene un debito pubblico, dalla mia, perciò gli chiedo 10 turni di preparazione per imbottire i miei archi di democrazia e poco romano furor. Sono pochi i turni che passano prima che le mie truppe comincino a succhiare soldi dalle mie casse come gli anziati con le loro banane. Il debito pubblico cresce e mi chiudo nei miei confini. Una scelta di cui non pentirsi: I mongoli asfaltano i babilonesi ma chiamano il time-out prima di marciare su Babilonia, che mi regala una città in cambio della non belligeranza. Senza aver sparato una freccia mi ritrovo ricco e con uno stato fantoccio.
Ma la pace è destinata a non durare. La Grecia e il Giappone si alleano contro Gengis Khan, io vendo il mio ferro ad entrambi i fronti (in cambio di cavalli… Già) e guardo i tre distruggersi a vicenda mentre rido malefico sul mio trono di argento e potassio. Babilonia si unisce alla guerra contro il Khan, ma viene lasciata sola dalla coppia giappo-greca che si ritira in pace, faccio la mia mossa: I territori mongoli si frappongono tra me e Nabucodonosor, allora mi alleo con il nemico per un fine più alto; i mongoli sono forti e rinuncio dopo poco. E’ di nuovo la pace: Solo una preparazione alla guerra, perchè Babilonia deve cadere.
Inizia un periodo florido per l’impero, età dell’oro dopo età dell’oro le casse si riempiono, i musei della capitale anche; nascono Cuma e Napoli, create per collegare Roma e Anzio.
Gengis Khan torna amico ed alleato dell’impero, come se la guerra precedente fosse stata poco più di un tafferuglio da stadio, e per rinsaldare i rapporti e magari farsi un bagno di sangue ristoratore, mi chiede di aiutarlo nella guerra contro Babilonia. Di nuovo tento la via dell’aggressione e accetto. I confini di Nabucodonosor sono troppo lontani dai miei, allora lo colpisco indirettamente attaccando la città stato sua alleata, Bogotà.
Il Giappone, alleato di Babilonia, irrompe nella guerra e Roma se la fa un po’ nella tunica: Non solo i suoi confini sono molto vicini ad Anzio, ma ha dalla sua anche la Grecia, che infatti non tarda a seguirlo. Mi defilo dai conflitti prima che qualcuno possa dire “sparagmòs” e li guardo, di nuovo, distruggersi a vicenda. La cosa non mina i miei rapporti con il Khan, che colmo di furor mongolo sbaraglia gli avversari; per aiutarlo come un’eminenza grigia gli regalo il mio prezioso ferro e i miei cavalli, e saranno quelli a distruggere le mura di Nabucodonosor; se non i miei soldati, saranno le mie spade a far cadere Babilonia.
La guerra continua e i greci, con fare vagamente minaccioso, mi chiedono soldi per supportarla, gli lancio una banana (Sono bianchi, non è razzista) e chiudo le trattative con un categorico NO. Sappiamo tutti cosa succede a prestare soldi ai greci (questo è razzista)…
Mi rintano nel mio florido impero, la cultura accresce la mia grandezza mentre intorno imperversa la guerra.
Un po’ in sordina, nel panorama mondiale, nasce il consiglio delle Nazioni Unite, che mi porta a scoprire gli ultimi imperi ancora rimasti nell’ombra: Cina, Inca e Danimarca. Quest’ultima mi offre subito vino in cambio di argento; Harald Dente Blu non saprà destreggiarsi nella diplomazia, ma sa come prendere il popolo romano: accetto. Roma cresce, culturalmente e scientificamente avanti ad ogni nazione sul mappamondo, rimane pacifica e defilata e preferisce aggredire politicamente ad ogni consiglio delle nazioni che, pur avendo sede in Grecia, viene manovrato magistralmente grazie alla rete di alleanze con le città stato, cosa che garantisce un buon numero di delegati e quindi voti.
Tolomeo trova il tempo di dire al mondo che siamo la nazione più ricca e colta, sempre merito del fosforo nelle banane, io credo. Il tempo, o i turni, vedono la fine di grandi nazioni: Inca e Cina spariscono, facendo seguito a Babilonia, ormai sotto il dominio mongolo da secoli. Le ere passano, da quella industriale arriviamo all’età moderna mentre qualcuno è ancora al rinascimento, ed è lì che si svela il vero piano romano.
Mentre come al solito Giappone e Grecia si alleano contro la Mongolia, fanno pace e poi ricominciano, Roma porta alla luce il progetto Manhattan; il sorriso malefico del nostro leader è corrucciato solo da un piccolo, insignificante problema: la materia prima più vicina e importante per la costruzione di un arsenale nucleare è entro i confini della città stato immediatamente più vicina: Bruxelles. Fischiettando con noncuranza cominciamo ad ammassare soldati e artiglieria al confine mentre Anzio comincia la produzione di bombardieri che Luftwaffe levati. Un attacco lampo e Bruxelles è romana, pochi turni dopo anche il prezioso uranio.
La Grecia annusa la fregatura ma noi copriamo l’odore con il vino danese e le banane di Anzio, prodotto pregiato ormai da millenni. Gengis Khan con candore omicida di nuovo ci offre la sua amicizia, mentre l’impero, ormai un gioiello culturale e scientifico, meta turistica preferita da tutti, potente elemento politico in ogni riunione delle nazioni unite, ascende finalmente alla forza ultima: la pura potenza dell’atomo.
In ricordo di vecchi screzi, la volontà di rendere Babilonia un landa desolata e radioattiva è un tarlo che divora la materia grigia dell’imperatore ma anche dei più bassi lavoratori.
Purtroppo o per fortuna, giunge la vittoria culturale, e tutto si conclude.
Spengo il computer dopo 12 ore, 23 minuti e spiccioli, caffè in corpo per il prodotto interno lordo della Colombia e sedere appiattito. Vado in bagno, aspetto un turno sull’esagono dell’anticamera, avanzo e sogno di farla sulla terra fumante di Babilonia. Poi, non senza allucinazioni visive di imperi e grafici che turbano la mia mente, cado sul letto.
23 Ottobre 2017
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