Non sapendosi più che altro inventare, dopo titoli e copertine allucinanti come quella a lato (Sì, un direttore marketing ha veramente pensato che fosse una buona idea mettere questa copertina a “De Brevitate Vitae”), l’ultima carta di un’editoria italiana in crisi nera che non sa più dove sbattere la testa (non sia mai investire una lira negli ebook eh, che i dirigenti hanno paura della pirateria) è il bibliopanettone, ossia il “libro” del personaggio famoso di turno con l’unico scopo di intercettare la più grande fascia di mercato, cioè quella di chi non legge un libro neanche per sbaglio.
Specifico subito: questo non vuole essere l’ennesimo articolo su cui si getta merda su Francesco Sole, Morgan o sul vip o vippino di turno che ha “scritto un libro”. In primis perché si tratterebbe di un’operazione superflua, e poi perché per gettare merda bisognerebbe prima leggerli sti “libri”, e non ne ho la più pallida intenzione.
Non vuole nemmeno essere una nostalgica esaltazione di un passato mitico opposto a un presente funesto e a un futuro deprimente, perché del resto le librerie sono sempre state piene di cagate, almeno dall’inizio degli anni ’90 da quando ho iniziato a frequentarle. La quasi totalità dei personaggi televisivi italiani ha “scritto” almeno un libro. In certi casi, l’operazione ha funzionato tanto bene da diventare ciclica: viene subito in mente Fabio Volo, che pure di libri ne ha scritti “solo” 7; molto più prolifici di lui Luciana Littizzetto (14) e Bruno Vespa (non ho avuto la voglia di contarli su Wikipedia, ma sono davvero tanti).
Perché si vendono (e con successo) “scrittori” che non sono veramente tali, spesso e volentieri in odore di ghost writer, quando un editore un po’ importante di talenti VERI italiani ne troverebbe facilmente a dozzine, anzi non deve neanche andarli a cercare (lo so perché tanti bravi scrittori si rivolgono a noi di Nativi Digitali Edizioni, che contiamo come il due di bastoni quando briscola è denari)? Beh, perché mica sono libri che devono essere letti. Pensavate che davvero la gente si mette a perder del tempo a leggere libri, quando può guardare Affari Tuoi o fare 30 km per andare a un aperitivo? Sì, lo fanno i famigerati “lettori forti”, in via d’estinzione, e varie nicchie di lettori semi-forti, quelli che magari leggono tutto di Stephen King ma solo o quasi di lui, per capirci.
Una buona fetta del mercato editoriale italiano è invece costituita dagli individui che frequentano le librerie solo nel mese di dicembre. Li riconosci perché guardano ai libri con aria distratta, tra un’occhiata all’iPhone e una alle borsette delle altre clienti, li guardano come si guarda ai tubetti di maionese all’Esselunga. Dal momento che non è gente che legge davvero libri, se ha la pretesa di fingersi intellettuale arrafferà il caso editoriale di turno di cui ha letto si sfuggita su un rotocalco, quest’anno probabilmente “Il Cardellino” di Donna Tartt (che tra l’altro è un mattone, ma chissenefrega, mica sarà letto davvero!), ma nella maggior parte dei casi prenderà la prima roba in lunghe pile di un nome che ha già sentito nominare. I bibliopanettoni, appunto.
Qual è la novità, allora? Che con il pompatissimo libro di Francesco Sole, dell’ammiraglia Mondadori, quest’anno per la prima volta si punta a tirar fuori un bibliopanettone da un personaggio “venuto dal web” (quando in realtà è più costruito di una boy band, se ne è parlato di recente proprio su IMDI con la figura di merda colossale di Selvaggia Lucarelli). Il mio consiglio allora? Se siete tra le persone che non sanno niente di libri ma devono comprare per forza dei libri a Natale, come regalo o come “contentino”, chiedete consiglio al libraio (meglio se di una libreria indipendente), leggete qualche recensione su internet, prendete un libro a caso tra gli scaffali più polverosi e malcagati, [MARCHETTA] sfogliate il catalogo virtuale della mia Nativi Digitali Edizioni se cercate un ebook di un autore veramente nuovo a prezzi stracciati[/MARCHETTA].
Insomma, di alternative ne avete. Il cinepanettone almeno punta tutto su tette, culi, battute da elementari e musica trash; il bibliopanettone invece non punta su niente, se non su un “brand” costruito a monte. Perché non è fatto per essere letto. Non comprate fenomeni commerciali artefatti che non c’entrano niente con la letteratura, ma neanche con la lettura, alimentando un mercato drogato a monte (e facendo danni pure su internet). Grazie!
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