“Fatti non foste a viver come bruti ,
ma per seguir virtute e canoscenza”
Inferno, XXVI, 119-120
Come ogni persona che non sia completamente ritardata amo Dante. E questi versi continuano a ritornarmi in mente negli ultimi due giorni. Ogni volta che mi ritrovo da solo, ogni volta che mi ritrovo a riflettere mi ritornano in mente e continuo a ripeterli. Non mi stufo mai. Me li farei tatuare. Su tutto il corpo. Sarà perché mi suonano strani essendo versi di un cristiano (presuppongono che qualcuno si sia scomodato a creare gli uomini), sarà perché sono critici ma non misantropi, sarà perché (chiamalo poco) sono parole del Poeta, non so. So solo che amo sti cazzo di versi e volevo farvelo sapere. Ah, sottinteso, chi non avesse approfondito Dante (l’Inferno in primis) nella vita privata (sì, la scuola non vale a meno che non abbiate avuto un professore come il mio) dovrebbe rimediare. Come? E’ semplice. Prendete dieci euro e cinquanta. Uscite di casa. Lasciate stare Amazon e uscite fuori da quella cazzo di casa visto che siamo in Italia e di cose belle da vedere camminando ce ne sono. Ok. Raggiungete una libreria qualunque (meglio se vicino al centro storico, così vi pigliate pure un caffè e vi godete il panorama, se siete di Venezia tralasciate sto punto) e compratevi “L’Inferno” parafrasato da Vittorio Sermonti (lo trovate in edizione Bur). Non lo volete fare? I casi son due. O ce l’avete già, o non vi va di leggere Dante. In tal caso son fatti vostri. Ma non rompete il cazzo urlando “Viva l’Italia” ai quattro venti se non conoscete/non volete conoscere le vostre radici culturali.
E ora passiamo al soggetto d’oggi. Arcimboldo. Forse molti di voi lo conoscono già, ma non importa. Si ha sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
Sta volta sarò molto sintetico visto che le sue opere parlano da sole. I ragionamenti da fare sui suoi dipinti sono numerosi, per lo più linguistici. Ma ve ne citerò uno solo, a voi il resto:
“Una conchiglia sta per un orecchio: è una Metafora. Un ammasso di pesci sta per l’Acqua (dove vivono): è una Metonimia. Il Fuoco diventa una testa fiammeggiante: è un’Allegoria. Enumerare frutti, pesche, pere, ciliegie, fragole, spighe per lasciare intendere l’Estate: è un’Allusione. Ripetere un pesce per farne qui un naso, là una bocca: è un’Antanaclasi (ripetizione di una parola con senso mutato). Evocare un nome con un altro che ha la stessa sonorità (<<Tu sei Pietro e su questa pietra…>>): è un’Annominazione; l’evocazione di una cosa tramite un’altra che ha la stessa forma (un naso tramite la groppa di un coniglio) è un’annominazione di immagini, ecc.”
Arcimboldo, Roland Barthes, Abscondita, Milano 2005, pp. 23-24
Passiamo agli elementi. L’Aria, 1566
Il palindromo nei suoi dipinti non è palindromo. Reversibile, sì. Però cambia il soggetto.
Arcimboldo deve stupire la corte degli Asburgo. E alla sua epoca (non che oggi siano cambiate molto le cose, se solo non ci fosse per quel velo d’ipocrisia…) lo si faceva tramite i “freaks” e compagnia bella. Ed ecco che un delizioso prato di fiori, trasposto nei suoi dipinti diventa la faccia di una donna (Flora, 1591 ca.). Bella cosa, se non fosse per il fatto che alcune malattie della pelle assumono forme di fiori.
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