“Abbiamo deciso di dare un segnale di cambiamento” – queste sono state le parole di Virginia Raggi, sindaca di Roma, alla fine della riunione di domenica scorsa tra assessori e consiglieri comunali M5S in seguito al caos dovuto all’arresto di Marra.
La giunta romana è quindi di nuovo nel caos: il capo del personale del comune Raffale Marra è stato arrestato il 16 dicembre scorso per reati di corruzione. Ex capo del Dipartimento politiche abitative durante la giunta Alemanno, e relegato a ruoli minori durante la giunta Marino, Marra è l’uomo su cui il Movimento 5 Stelle si era diviso già quest’estate, quando si era trattato di scegliere la squadra da portare in Campidoglio: alla fine Virginia Raggi, grazie anche all’appoggio di Di Maio, era riuscita a tenerselo stretto. Sbagliando, a quanto sembra.
I Pentastellati, dopo quest’ennesimo scivolone della sindaca, avevano due opzioni: togliere il simbolo del movimento dalla giunta romana, abbandonando la prima cittadina, o “commissariare” il comune. La scelta è ricaduta su questa seconda strada e il tanto odiato “rimpasto” sta prendendo forma in Campidoglio: Raggi si è arresa al suo partito mettendo fuori dai giochi Romeo e Forgia, suoi fedelissimi. Poi è riuscita a spuntarla sui nomi dei sostituti, scegliendo Montanari come nuovo assessore all’ambiente (al posto della Muraro) e Luca Bergamo come vicesindaco, nonostante il Movimento volesse Massimo Colomban, imprenditore molto vicino alla Casaleggio Associati.
“Sono stati fatti degli errori che Virginia ha riconosciuto: si è fidata delle persone più sbagliate del mondo. Da oggi si cambia marcia” ha poi dichiarato Beppe Grillo in seguito alla riunione segretissima con i vertici M5S. Sembra perciò che, per ora, Virginia Raggi goda ancora al pieno dell’appoggio del suo partito. Ma ad uno sguardo più attento traspare come la sindaca sia tenuta sotto stretto controllo, a giudicare sia dal contratto che ha sottoscritto che dalle parole di Alessandro Di Battista: ”Dobbiamo imparare dagli errori, capire che ci sono realtà come Roma che hanno bisogno di un supporto maggiore del M5S”.
Quindi ora il comune di Roma è di fatto nelle mani del Movimento 5 Stelle e non più di Virginia Raggi, la persona eletta dai cittadini. La sindaca ha fatto degli errori e si è contornata di persone inadatte a ricoprire ruoli importanti. Lo ha fatto per riconoscenza, forse, o perché, conscia della propria inesperienza, ha ritenuto opportuno appoggiarsi a persone che erano dentro l’amministrazione capitolina da anni. Così facendo, però, ha rinunciato al tanto acclamato “cambiamento” alla base di ogni campagna grillina: scegliere come proprio braccio destro uno dei fedelissimi di Alemanno non è esattamente un segno di cambiamento.
I vertici del Movimento sono preoccupati dal caos romano e, dietro le quinte, sono pronti a togliere la fiducia alla prima cittadina al prossimo passo falso. Era chiaro fin dall’inizio che la vittoria nella Capitale non avrebbe portato molti vantaggi ai Pentastellati: ogni scivolone della giunta capitolina si ripercuote pesantemente a livello nazionale. Quando poi si tratta di veri e propri disastri come quelli in atto in questi giorni, la situazione si fa ancor più pesante.
Il Movimento 5 Stelle ha l’appoggio dei cittadini, dovrebbe solamente rafforzarsi e guadagnare un vero assetto politico-amministrativo che gli consenta di governare una città o il paese intero, senza però rinunciare alle promesse fatte nelle varie campagne elettorali. Gli “Onestà! Onestà!” o gli appelli alla discontinuità non possono valere solamente nei mesi pre-elezioni: i romani e gli italiani vogliono il cambiamento vero, vogliono vedere attuato il programma promesso, non i soliti giochi di potere interni per dividersi le poltrone.
Il mantra “Elezioni subito” post referendum costituzionale non funziona neanche per i Cinque Stelle: andare alle elezioni politiche adesso vorrebbe dire per il movimento di Beppe Grillo trovarsi completamente impreparati. Una vittoria, specie se resta in vigore l’Italicum, non è affatto improbabile: i grillini sono capaci di arrivare al ballotaggio, e se vanno al ballottaggio possono spazzare via la vecchia politica. Il problema è che non c’è una classe dirigente in grado di affrontare le sfide che attendono l’Italia nel 2017, e neanche i criteri adatti per selezionarla. Essere iscritti al movimento ed essere incensurati sono dei principi troppo generali per creare una squadra di governo competente e convincente. Se lo scopo è arrivare al governo, ai cinque stelle conviene rimandare le elezioni e mettersi alla seria ricerca di una classe dirigente esperta, senza cadere, come stanno già facendo, in faide interne sulla scelta della leadership.
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