The Young Pope era senza dubbio una delle serie più attese di quest’autunno, sopratutto perché avrebbe rappresentato l’esordio nel mondo delle serie TV del regista Paolo Sorrentino.
Sorrentino, dopo l’Oscar vinto nel 2014, si è guadagnato il titolo di maestro. E a buon diritto, visto che è uno dei registi più talentuosi che il nostro Paese possa offrire in questo momento, avendo diretto – solo per citarne alcuni – degli ottimi film quali Il divo e Le conseguenze dell’amore. Il problema, piuttosto, è venuto dopo l’Oscar. La grande bellezza è un grande film, certo, ma spesso indulge in momenti esageratamente onirici, come le lunghe inquadrature di soggetti bizzarri di cui il film è pieno. Queste scene possono essere anche molto belle, dal lato visivo; tuttavia, come ogni cosa, se sono troppe possono appesantire il film e annoiare lo spettatore. Potremmo attribuire a queste scene il nome di “sorrentinate”.
Una delle più grandi paure, per questo The Young Pope, era proprio che ci fosse un eccesso di sorrentinate, che si volesse puntare troppo sulla poesia visiva e troppo poco sul contenuto, e che il tutto potesse – per questi motivi – risultare pesante. Inoltre, questa serie è uscita in un momento delicato, ossia insieme ad altre due serie attesissime – e molto criticate, a dir la verità – con le quali è scattato inevitabilmente il paragone. La prima è I Medici (di cui abbiamo parlato qui), affine in un certo senso a The Young Pope per il fatto di essere una produzione italiana con un cast internazionale; la seconda, invece, è Crisis in Six Scenes di Woody Allen (di cui abbiamo parlato brevemente qui), simile alla serie di Sorrentino in quanto diretta anch’essa da un acclamato regista cinematografico.
Venerdì scorso, il 21 ottobre, sono state trasmesse le prime due puntate su Sky Atlantic, con uno share che ha superato i numeri di altre grandi serie trasmesse da Sky, come Gomorra e Game of Thrones. Da questi due episodi, sembra che Sorrentino non si sia abbandonato troppo alle succitate sorrentinate, ma anzi pare che abbia intenzione di creare una storia fedele e precisa su questo giovane papa. The Young Pope, molto brevemente, parla di un giovane cardinale americano orfano, interpretato da Jude Law, che viene eletto papa. La cosa più interessante di questo Pio XIII è il fatto che sia un pontefice conservatore, se non addirittura reazionario. Questa caratteristica è molto notevole, visto che – di solito – la gioventù viene collegata a idee progressiste più che a idee conservatrici. Allo stesso tempo, però, è anche un papa moderno, che fuma e sopratutto che vuole rimanere nell’anonimato: desidera essere il capo della chiesa rimanendo nascosto, quasi fosse J.D. Salinger o un membro dei Daft Punk.
Altri due personaggi molto importanti e degni di nota sono Suor Mary (Diane Keaton) – la suora che accolse il giovane papa nell’orfanotrofio e in seguito gli fece da consigliere e complice, quasi una sorta di Alfred della situazione – e il Cardinal Voiello (Silvio Orlando), segretario del vaticano e in un certo senso antagonista della storia, anche se in questi primi due episodi mostra molte caratteristiche particolari. Alquanto interessanti sono poi i rapporti del papa con il Cardinal Spencer, mentore del giovane e favorito al Soglio pontificio prima delle elezioni del papa. Ben costruiti, infine, sono anche i personaggi secondari e terziari, che dipingono un universo vaticano contraddittorio ma allo stesso tempo tradizionale. La serie è stata paragonata a House of Cards, e per molti versi la somiglianza con la serie prodotta da Netflix è reale, con la scalata al potere del pontefice in mezzo a tanti cardinali che sminuiscono il suo potere per via della giovane età.
The Young Pope parte forse con qualche esitazione, affidandosi ad alcune scene oniriche molto stravaganti, le quali – come si è detto sopra – fanno ormai parte dello stile del regista dopo l’Oscar. Tuttavia, fortunatamente, Sorrentino non eccede. In entrambi gli episodi, relega infatti le stravaganze all’inizio, per poi raccontare la storia in maniera del tutto tradizionale. In questi due primi episodi, in realtà, si respira l’aria dei suoi film più realisti, come Il divo, piuttosto che l’aria quasi felliniana de La grande bellezza. Il che, senza ombra di dubbio, è un grande pregio, visto che evita di rendere eccessivamente barocca la serie. La regia è a dir poco ottima, con un ritmo lento ma arricchito da una curatissima ricerca delle giuste inquadrature: in particolare, merita di essere menzionata la scelta di inquadrare i vari personaggi dalla vita in su, dando l’illusione che i soggetti volino. Una tecnica, per ammissione dello stesso Sorrentino, mutuata da Spike Lee.
In conclusione, queste due prime puntate promettono molto bene per The Young Pope. L’unica cosa da fare, al momento, è aspettare la fine della prima stagione, per curiosità ma soprattutto per poter dare un giudizio più completo. In ogni caso, se la serie dovesse proseguire con questo equilibrio, e se riuscisse a evitare le esagerazioni delle sorrentinate, potrebbe uscire qualcosa di veramente ottimo.
Ha cominciato a scrivere a 12 anni per il giornale della parrocchia. Poi per qualche strano motivo, è finito a scrivere su Imdi dopo la classica adolescenza complicata. Studente universitario, admin a tempo perso di Matthew Mr. Renzie e appassionato di cinema, musica, serie tv, fumetti, cultura pop e tante altre cose che non stiamo a dire che senno non è più una descrizione dell'autore ma diventa una biografia.
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