Il 2016 è ormai alle sue battute finali, dando spazio a un 2017 che ci darà la risposta a un paio di questioni lasciate in sospeso: come si comporterà Trump alla guida degli Stati Uniti? Il Regno Unito riuscirà ad uscire definitivamente dall’Unione Europea? Come reagirà l’Italia dopo la vittoria del No sulla riforma costituzionale e le conseguenti dimissioni di Renzi?
Ma il 2017 sarà anche un anno di grandi anniversari musicali: sono infatti passati cinquant’anni dal 1967, una stagione floridissima della musica rock e pop che ha visto sbocciare artisticamente alcuni dei musicisti più influenti del secolo scorso. Quindi, per celebrare al meglio questo importante anniversario, ecco una top ten dei migliori dischi pubblicati durante quell’ottima annata musicale.
Il 4 gennaio 1967 esce l’omonimo album di debutto dei Doors, la band californiana capitanata dal carismatico Jim Morrison. Light My Fire, Break On Through (to the Other Side) e Alabama Song (Whisky Bar) sono solo alcune delle tracce presenti in questo disco, uno dei più rappresentativi della breve discografia del gruppo. Composto da undici brani di intenso blues psichedelico arricchiti dalle distintive tastiere di Ray Manzarek, vero marchio di fabbrica della band, The Doors culmina sul finale con The End, ultimo agonizzante atto di questa incredibile opera prima e reso famoso grazie al suo utilizzo nel film Apocalypse Now.
È il 10 marzo del 1967 quando viene pubblicato I Never Loved a Man the Way I Love You, undicesimo album di Aretha Franklin. Questo disco è forse il momento più alto dell’intera discografia della Franklin, una delle voci più potenti e sensuali di tutta la musica del dopoguerra. Grazie a brani come la rabbiosa Respect (cover della meno nota versione di Otis Redding), il trascinante blues della title-track e lo struggente gospel di Drown in My Own Tears, la Franklin si conquista meritatamente lo scettro di regina del soul.
Una banana su sfondo bianco: questa è la tanto semplice quanto efficace copertina, firmata da Andy Warhol, del debutto dei Velvet Underground, la storica band newyorchese fondata da Lou Reed e John Cale. In questo disco si possono sentire i primi vagiti delle maggiori tendenze musicali degli anni a venire, in particolare per quanto riguarda il punk, il noise rock e la new wave. Anche le tematiche affrontate nei brani escono dagli schemi convenzionali della musica pop: il mondo urbano descritto da Lou Reed e compagni è un alienante quadro di droghe e perversione sessuale, attenuato dalle dolci Sunday Morning e I’ll Be Your Mirror.
A distanza di un anno dal suo debutto discografico, Zappa e le sue Mothers of Invention tornano alla carica nel 1967 con Absolutely Free, pubblicato il 26 maggio 1967. Zappa si dimostra un’artista ancora più geniale e irriverente, in grado di legare testi satirici ad articolate composizioni musicali. Nella musica di Zappa si possono cogliere spunti di qualsiasi genere, dalle citazioni più o meno esplicite di Stravinsky alle schitarrate distorte del rock tipico di quegli anni, passando per il jazz, il doo wop e il blues. Nonostante sia solo il suo secondo disco, Zappa sfoggia un’inventiva da musicista consumato, manifestando fin da subito le sue enormi potenzialità e il suo spiccatissimo senso dell’umorismo.
Jimi Hendrix, forse il chitarrista più famoso di tutti i tempi, fa il suo esordio discografico nel 1967 con Are You Experienced?, assieme al bassista Noel Redding e al batterista Mitch Mitchell. Hendrix unisce un talento invidiabile ad un suono di chitarra tagliente e affascinante, in grado di rivoluzionare tutta la scena rock e non che sarebbe arrivata dopo di lui. La forza dei suoi assoli fulminanti riesce ancora oggi a stravolgere l’ascoltatore, le note distorte sembrano quasi prendere vita dal disco per la loro potenza incendiaria. Nello stesso anno, a dicembre, Hendrix pubblicherà Axis: Bold as Love, album di pregevole fattura ma leggermente inferiore a questo poderoso debutto.
Il punto di svolta nella discografia dei Beatles: uscito il 1° giugno 1967, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band segna definitivamente l’evoluzione dei quattro di Liverpool da boy band per ragazzine a pilastro della musica pop. Inizialmente pensato come concept album, Sgt. Pepper’s è un netto stacco rispetto agli inizi della discografia dei Beatles, una pietra miliare all’interno della scena pop e rock dell’epoca fin dalla copertina. Le influenze riscontrabili nell’album sono delle più varie: si passa da brani di ispirazione indiana (Within You Without You) a motivetti in stile anni ’20 (When I’m Sixty-Four), mettendo in mostra le vere doti del quartetto britannico. A chiudere il disco c’è A Day in the Life, canzone tratta dalla morte del nobile inglese Tara Browne e momento più alto di tutto il disco.
Registrato negli Abbey Road Studios mentre i Beatles stavano ultimando Sgt. Pepper’s, The Piper at the Gates of Dawn è il primo album dei Pink Floyd. Vero e proprio manifesto della psichedelia, in The Piper at the Gates of Dawn si percepisce in maniera nitida la presenza di Syd Barrett, primo chitarrista della band inglese e geniale mente dietro alla realizzazione del disco. La follia di Barrett prende completamente il sopravvento in Interstellar Overdrive, trip di quasi dieci minuti di improvvisazione strumentale che gira attorno all’emblematico riff di chitarra. Nonostante la complessità della musica qui presente, l’album ottenne un successo enorme: probabilmente le parti più innovative vennero prese come stramberie psichedeliche dal pubblico di allora.
Nell’agosto del 1967 esce Goodbye and Hello, secondo disco del cantautore americano Tim Buckley, padre del ben più noto Jeff. Un talento spesso ingiustamente dimenticato, Buckley riesce a porsi a metà fra la scena rock più sperimentale e alternativa e quella folk tradizionale. Alla sua grande capacità di fondere generi diversi va aggiunta una voce formidabile, in grado di estendersi a livelli impressionanti. Atmosfere ipnotiche (Pleasant Street, Hallucinations) si alternano a tenere dichiarazioni d’amore (Once I Was, Phantasmagoria in Two) fino a culminare nella lunga title-track, in cui il canto disperato di Buckley è sostenuto da un complesso accompagnamento di chitarre, violini e flauti.
Eric Clapton alla chitarra, Jack Bruce al basso e Ginger Baker alla batteria: questi erano i Cream, power trio britannico amante del blues. In Disraeli Gears, però, il blues è quasi completamente scomparso, lasciando spazio a sonorità più elettriche e con qualche tinta di psichedelia. Disraeli Gears è uno degli album che segna il passaggio fra il blues rock per bianchi degli inizi degli anni ’60 e l’hard rock più cattivo e tagliente dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath. Sugli scudi in particolare Clapton, capace di assoli chitarristici che faranno scuola grazie all’utilizzo del wah-wah, un pedale che distorge il suono della chitarra come suggerito dal suo onomatopeico nome. Nell’album è contenuta Sunshine of Your Love, uno dei riff più famosi del rock.
Il 27 dicembre 1967 fa il suo esordio un altro artista destinato a diventare un gigante della musica popolare: è infatti il 27 dicembre quando esce Songs of Leonard Cohen, primo disco del cantautore di Montreal. Nonostante la freddezza con cui venne accolto inizialmente, Songs of Leonard Cohen ha acquisito nel corso degli anni sempre più consenso sia dalla critica che dal pubblico, fino a diventare uno degli album più noti di Cohen. La voce calda ma poco duttile del cantante canadese è solo il veicolo attraverso cui recita le sue canzoni, delle ricercate poesie raccontate con una sbalorditiva semplicità. Purtroppo lo stesso Cohen è venuto a mancare il novembre scorso, a pochi giorni dalla pubblicazione del suo ultimo album You Want It Darker.
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