Prima di affrontare le miniserie di guerra prodotte da HBO, è bene premettere una cosa molto importante: se ti piace l’azione pura e semplice questo articolo non è rivolto a te. Se invece capita spesso che il trigger ti investa irrimediabilmente guardando i sequel di Rambo (First Blood), rovinando la tua fruizione del solito pompato che massacra nemici in hip fire, bene, allora sei il benvenuto.
Ora, diciamolo, il gigante del via cavo americano sa il fatto suo in materia di serie, e anche sulle trasposizioni letterarie è un frequent flyer (basti pensare a Game of Thrones e a Boardwalk Empire). Alcuni più fedeli al libro e altri meno, gli adattamenti made in HBO sanno far parlare di sé, e talvolta consigliano amichevolmente un libro di ottima fattura che ci era precedentemente sfuggito. Il tema bellico è, tra gli altri, uno dei più cari alla produzione, e viene trattato in miniserie AAA, da una decina di episodi, che attirerebbero i più fanatici seguaci di r/CombatFootage. Ma andiamo in ordine associativo.
Uno show che non ha bisogno di presentazioni (ben sei Emmy, tra cui quello per la Miglior miniserie 2002, e altri ventotto premi): se non l’hai visto vivi in una caverna e quindi sorge il dubbio su come tu possa leggere questo articolo. Band of Brothers annovera tra i suoi produttori esecutivi Steven Spielberg e Tom Hanks (reduci da Salvate il soldato Ryan) ed è una drammatizzazione degli eventi descritti nell’omonimo libro di Stephen E. Ambrose. La serie dipinge la storia della Compagnia “Easy” (506th Parachute Infantry Regiment, 101st Airborne Division), dall’addestramento ai campi di battaglia del fronte occidentale. È importante sottolineare come la Compagnia sia la vera protagonista, dalla Normandia a Market Garden, da Bastogne al Nido dell’Aquila; si deve infatti rivedere la serie più volte per imprimersi in testa i nomi dei veterani, che non mancano certo di personalità e caratterizzazione, ma soprattutto di numero. In un continuo susseguirsi di point of view dei parà americani si ha l’occasione di vivere scene adrenaliniche, ma al tempo stesso realistiche, respirando l’orrore e il fascino della guerra, quella vera.
NB: nella serie vedrete un sacco di facce conosciute, quasi che la serie sia servita come trampolino di lancio per le carriere di diversi fortunati attori – vedi Damian Lewis e Donnie Wahlberg – o come “cameo” di attori allora semi-sconosciuti, quali Tom Hardy, Andrew Scott, Simon Pegg, James McAvoy e Micheal Fassbender.
A nove anni di distanza dal successo mediatico e critico di Band of Brothers, HBO ritenta con la formula rodata e con la seconda guerra mondiale, stavolta scegliendo come scenario il Pacifico. Protagonisti delle puntate sono tre marine della prima divisione appartenenti a reggimenti differenti, cosa che fa perdere un grande punto di forza che caratterizzava la produzione del 2001. Tuttavia, così facendo, gli autori hanno avuto modo di pescare a piene mani dalle memorie e dai libri scritti da due di questi marine, fornendo punti di vista diversi del grande conflitto, a discapito del ritmo narrativo. Peleliu, Guadalcanal e Iwo Jima sono i must have che la serie non si fa sfuggire, mantenendo sempre, o quasi, l’approccio realistico cui si è già accennato.
NB: da evidenziare in particolare un Remi Malek che si ritaglia egregiamente il ruolo del sociopatico, anni prima di Mr. Robot.
Tratta dall’omonimo libro del 2004 dell’allora reporter di Rolling Stones Evan Wright, la serie che ci troviamo di fronte è un raro gioiello di questo genere, anche se passato in sordina. Complice la professionalità della scrittura di Wright, che accompagnò il First Recon Marine durante l’operazione Iraqi Freedom, gli eventi descritti nella serie sono particolarmente vividi e ricchi di dialoghi eccezionali, merito anche degli stessi marine. Il narratore rimane volutamente in secondo piano, lasciando il microfono ai soldati del corpo di ricognizione con i quali interagisce e condivide gli stessi rischi. Convertiti in punta di lancia dell’invasione americana, i marine combattono a bordo di Humvee scassati, in attesa di un attacco chimico che mai arriverà, senza filtro alle loro esperienze. Oltre agli effetti speciali premiati e ad un realismo crudo, ciò che rende speciale Generation Kill è lo humour che questi sboccati – per loro stessa definizione – “guerrieri professionisti” oppongono all’assurdità degli avvenimenti attorno a loro. Non sono rare scene di combattimento inframmezzate da esibizioni canore cult, citazioni di South Park o fantasiosi insulti ai “ritardati” dei piani alti, che colorano lo sfondo di questo conflitto vinto in partenza, mentre i protagonisti vedono e commentano le basi della sconfitta de facto a lungo termine in Iraq, delineando l’ottusa macchina da guerra americana.
NB: alcuni degli ex marine della Bravo hanno effettivamente recitato una parte nella serie: tra questi, “Fruity” Rudy interpreta se stesso.
Riuscirà HBO a mantenere questo grado di qualità in futuro? Ma soprattutto, a quando la prossima War Serie?
Ingegnere, Jack of all trades e spina nel fianco, a tempo perso mi diverto anche.
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