Estratto dall’introduzione (ad opera mia, giusto perché quella sera non avevo proprio un cazzo da fare) di “Tipi Umani”, di Andrea Passador e Francesco Boz, mastermind del blog Oltreuomo, pubblicato da Nativi Digitali Edizioni.
Che cosa sono sti benedetti “Tipi Umani”? Una lista di stereotipi, per buttarla giù banale, sulla fauna umana che ci circonda e rallegra le nostre altrimenti tristi esistenze o, più spesso, rattrista le nostre altrimenti allegre esistenze. Quando si parla di stereotipi, nella cultura popolare contemporanea, di solito lo si fa con un’accezione negativa, all’interno di proclami spesso radical-chic o finto perbenisti come “gli stereotipi sugli immigrati ostacolano l’integrazione!”, proferiti da individui che poi cambiano marciapiede quando incontrano gruppi di diversamente bianchi. Oppure nei comunicati stampa dei Circoli Arci. Oppure su repubblica.it. Insomma, pare che sti cazzo di luoghi comuni siano così XX secolo, inopportuni per il brillante giovane o non-più-così-giovane metropolitano.
Ma se fosse davvero così, allora come mai gli stereotipi ci fanno ridere così tanto, e perché sentiamo un così forte bisogno di aggrapparci a loro? Beh, Lotman, o un altro semiologo misconosciuto ai più che ora confondo con Lotman, riconosceva ai luoghi comuni la funzione di decodificare la complessità del reale in riferimenti comprensibili e comuni a una cultura. È poi altresì vero che gli stereotipi si basano quasi ineluttabilmente su fondamenti di verità. Le aspettative che la gente ha verso di noi per via della nostra estrazione sociale, del nostro lavoro, del colore della nostra pelle e quant’altro magari ci potranno sembrare inique e discriminatorie, ma chi è che può dire di non fare lo stesso con gli altri?
I Tipi Umani giocano su un altro elemento interessante, cioè quello delle liste, o elenchi. Anche in questo caso non si tratta di altro che di categorizzazione del reale: scomporre una moltitudine confusionaria in una serie di unità definite, più facilmente comprensibili. O qualcosa del genere, insomma. Umberto Eco, un altro semiologo, aveva scritto un mattone devastante, “La Vertigine della Lista”, proprio sul tema. Persino La Divina Commedia, se vogliamo, definisce i Tipi Umani della Firenze del primo ‘300, attraverso esempi noti ai più.
Ecco, i sagaci guasconi dell’Oltreuomo non avranno magari l’onniscienza di Eco o le agenzie di PR di Dante, però hanno un bel vantaggio: sono uomini del nostro tempo. E quindi, dai “Tipi Umani” potrete trovare un estratto delle contraddizioni e degli psicodrammi della nostra epoca. Magari non vincerà il Pulitzer, ma difficilmente vi risparmierà una ghignata. A meno che non siate l’incarnazione vivente di tutti i Tipi Umani descritti con più ferocia. In quel caso, beh, vi anticipiamo che abbiamo ottimi avvocati.
I Tipi Umani qui umilmente presentati sono divisi in 20 liste, a loro volta mirabilmente indicizzate per appartenenza alle macro-aree dell’esistenza umana: studio/lavoro, tempo libero e amore/vita sociale. Ripeto, sta a voi la decisione di prendere questi brevi ma puntuali elenchi sghignazzando e inghiottendo popcorn, analizzandoli come una lucida trasposizione della realtà o incazzandovi e prendendola sul personale. Ecco, forse, se manca qualcosa è proprio un “Tipi Umani dei lettori dei Tipi Umani”.
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(non c’è ancora sull’Apple store perché il fantasma di Steve Jobs ha messo il veto)
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