La terra trema e nulla è più come prima. Il terremoto scuote la terra, le vite, le coscienze: imprevedibile e spietato si abbatte cancellando, con un colpo di spugna, tutto ciò che era. La natura ha il potere di creare e distruggere: la sua forza rovinosa lascia morte e dolore. Accanto alla disillusione, eco prolungata della furia geologica, è possibile però scorgere un barlume di speranza. Nell’intervista che ha concesso alla nostra redazione Federico Feliziani, un giovane che ha vissuto in prima persona i drammatici attimi del sisma, lascia trasparire l’attaccamento alla propria terra di origine e il desiderio di una comunità intera di poter ricostruire il proprio piccolo mondo il più in fretta possibile.
Introduzione e domande a cura di Francesco Stati e Anna Annunziata, intervista a cura di Anna Annunziata, fotografie a cura di Federico Feliziani.
Federico, raccontaci la tua esperienza. Come mai tu, romano, ti trovavi ad Amatrice al momento della scossa?
Io vivo a Roma ma la mia famiglia paterna è nata e cresciuta lì. Io ho, anzi avevo, la mia seconda casa lì e ci trascorrevo tutte le estati, come è facile immaginare.
Dov’era la tua casa precisamente?
A Sant’Angelo, una frazione che si trova a due chilometri di distanza da Amatrice. In auto si arriva in tre minuti, è praticamente attaccata.
Come hai trascorso le ore che, la notte del 24 agosto, hanno preceduto la prima, violentissima scossa?
Nel paese c’era un gruppo di ragazzi e ogni sera ci riunivamo e facevamo tardi. Ragazzi come me di 19, 20 anni. Quella notte però mi trovavo leggermente fuori da Sant’Angelo. Ero seduto, in compagnia, su una panchina che dista un centinaio di metri dal centro. Come puoi immaginare, in quella che è una zona di montagna, la strada che collega i due paesi era completamente isolata. Avevo proprio una visuale rettilinea della strada che portava al paese.
E poi, alle tre e trentasei…
E poi, improvvisamente, alle ormai famose 3:36, questo tuono. Questo vero e proprio tuono, forte, di quelli che avverti vicinissimi. La sensazione che hai in quel momento, in cui vivi il terremoto, è quella di star seduto su una sedia mentre qualcuno la scuote in continuazione.
Devono essere stati attimi interminabili.
Io non ero a casa, e questo ha cambiato le cose. Ho sentito poi le persone che in quei minuti erano a casa, e mi hanno detto che è durato, per loro, un’eternità; io, essendomi trovato all’aperto, ho avvertito una sensazione diversa: per me è durato relativamente poco. Io non so se sia stata immaginazione, semplice suggestione o realtà, non te lo so dire, non riesco a distinguere forse… ma ho visto un lampo verso il paese e sentito un tuono, e da quanto ho capito non sono stato l’unico a vederlo: ho saputo che ci sono diverse relazioni tra terremoti e fenomeni del genere che si possono verificare. Su questo non posso darti la certezza, ma solo dirti che sono stati minuti, o secondi non lo so, terribili.
Dalla tua particolare visuale, deve essersi profilato uno scenario apocalittico.
Esatto. Ho visto la strada rettilinea che puntava verso il paese, muoversi come un serpente. Intorno a me non c’era nulla e sono stato, da questo punto di vista, fortunato, ma a un certo punto ho visto una nube gialla che ricopriva Sant’Angelo, una grande nube gialla che lo avvolgeva. Le case, anche quelle nuove, sono costruite con murature prevalentemente in pietra e le pietre sono unite tra loro dalla malta, fatta di terra e acqua; queste case crollavano davanti a noi, davanti a me. Il paese era avvolto da una patina gialla e tutto crollava.
Immagino che il tuo primo e forse unico pensiero in quel momento fosse rivolto alla tua famiglia. Come hai fatto a raggiungerla?
Mi sono indirizzato subito verso casa mia ma a mano a mano che mi avvicinavo al paese, ho capito che non potevo proseguire per quella strada, era troppo pericoloso respirare quella polvere e addentrarsi. Abbiamo fatto una strada diversa e mi sono immediatamente diretto verso la mia casa. Sono arrivato davanti casa ma vivere quella cosa, in quel momento, quando non sei sicuro della… della situazione della tua famiglia, non ti fa essere te stesso. È l’adrenalina che ti guida, solo l’adrenalina. È davvero una cosa istintiva, animalesca.
Cosa hai trovato davanti a te? Cosa hai visto?
Non c’erano luci e con la torcia del telefono ho puntato alla mia casa, al tetto che era ancora in piedi. Dietro la porta di casa c’era la mia famiglia che non riusciva ad uscire perché le scosse di terremoto di quell’entità provocano degli scostamenti strutturali che bloccano le porte; non ero me stesso e sentivo mio padre urlare. Ho cercato di sfondare la porta a spallate e non so come abbia fatto sinceramente ma ci sono riuscito.
Liberata la tua famiglia, ti sarai reso conto di ciò che c’era intorno a te. Cosa hai fatto poi?
Una volta tirata fuori la tua famiglia torni in te stesso. Nella casa attaccata alla nostra c’erano quattro persone bloccate dentro. La porta non si riusciva a forzare. Due persone non ne sono uscite vive, madre e figlio di 11 anni. Il bambino aveva festeggiato il compleanno 10 giorni prima. Oggi ci sono stati i funerali. Puoi immaginare come nei piccoli paesi come Sant’Angelo di Amatrice, tutti conoscono tutti. Il bilancio è stato tragico: 7 morti su 150 persone è un numero che pesa. Io e mio padre abbiamo soccorso persone, scavato tra le macerie. Abbiamo messo in sicurezza mia madre e mia nonna di 90 anni in una stradina in cui non ci sono case. Nel nostro paese poi abbiamo un’associazione che ha una struttura che è rimasta illesa perché fortunatamente, essendo di recente costruzione, ha una base di calcestruzzo e noi ragazzi tutte le sere eravamo lì, era un luogo di ritrovo. Gli adulti c’erano stati poche ore prima, quella sera c’era stata una festa. Io avevo la macchina lì ma la stragrande maggioranza delle macchine è stata fortemente danneggiata.
In questo disastro la fortuna ti ha assistito su più fronti: eri fuori dal paese ed hai potuto, proprio per questo, liberare la tua famiglia e soprattutto sei qui a raccontarcelo.
Le temperature erano bassissime, qui di notte fa freddo. C’erano 5 gradi quella notte, e questo ha peggiorato di molto le cose, pensa alle persone di novant’anni come mia nonna. Lei e mia mamma sono state portate in questo campo dell’associazione, come ti dicevo, e piano piano si è raggruppata gente mentre io e mio padre siamo andati in cerca di coperte.
Quante persone sei riuscito a tirar fuori?
Ho sfondato la finestra e ho permesso ad Antonio di uscire. Insieme ad un alpinista esperto, per fortuna, nella parte alta del paese siamo riusciti a tirare fuori Vincenzo. Era rimasto completamente sotto le macerie. Parlava ma non riusciva a vedere la luce della torcia che gli puntavamo. Io ho partecipato al primo turno di scavi per il soccorso. È stato estratto alle 18 del pomeriggio, ed è stato portato via in elicottero. Poi abbiamo cercato in tanti, tra cui io e mio padre, di sfondare la porta della casa affianco alla mia, di cui ti parlavo. Sono uscite vive solo due persone. Non c’era nulla da fare per il piccolo e la madre.
Credi che se qualcuno avesse avuto la possibilità di agire prima, se voi foste arrivati prima, ora sarebbero ancora vivi?
Non te lo so dire. Non ne ho idea. Ho saputo però che le persone nella mia frazione, a Sant’Angelo, sono morte quasi tutte sul colpo. Quindi forse, spero, non si è trattato davvero di tempistica.
I soccorsi sono stati tempestivi?
Non solo a Sant’Angelo, ma anche in altri paesi c’è stata tempestività ed efficienza. All’inizio per un po’ di tempo siamo stati da soli, poi in questo campo dell’associazione sono state allestite le tendopoli della protezione civile. A destra e a manca sono arrivati soccorsi: è arrivato l’esercito, i vigili del fuoco, la Croce Rossa; una decina di elicotteri nella sola giornata del 24 agosto.
Quando hai cominciato davvero a realizzare ciò che era successo?
Con il sorgere del sole, quella mattina, ho cominciato davvero a realizzare e ad accusare non solo la stanchezza ma anche il dolore alla spalla. Se la mia casa fosse crollata, se la mia famiglia fosse rimasta lì… insomma. Puoi immaginare. Ti cade il mondo addosso.
Sì…
Ci tengo a dirti una cosa. Nella frazione di Sant’Angelo il 13 agosto era stata inaugurata una Chiesa, che era rimasta completamente danneggiata dal terremoto del 2009 che come sai è stato avvertito anche da noi; dopo questa scossa è completamente crollata, di nuovo.
A tal proposito, Norcia non è crollata perché sono state costruite case antisismiche. Ciò che è successo non credi sia un chiaro segno dell’incapacità italiana di imparare dalle catastrofi passate?
Sono completamente d’accordo. Mi veniva in mente questo esempio emblematico e curioso della Chiesa che era stata completamente ristrutturata. Conteneva anche importanti oggetti, delle tele del ‘300.
Tu avevi un futuro già delineato e una tua strada già da percorrere, a Roma. Cosa faranno adesso loro, i ragazzi che vivevano lì? Avete parlato di questo?
La vita lì è sempre stata un po’ precaria in realtà. Le scuole erano ad Ascoli, i ragazzi dovevano svegliarsi alle 5 e mezza del mattino per andarci. Tra i miei amici e le mie amiche che vivevano lì, alcuni sono già stati trasferiti a L’Aquila, altri andranno a vivere, non so se per sempre o in questi primi mesi, a San Benedetto, ad Ascoli Piceno, chi può a Roma. Lì non ci rimarrà nessuno, per ora.
Federico, dove si trova la forza di andare avanti? Credi che il tempo potrà aiutare?
Rimarrà per sempre tutto dentro di me. Nei miei occhi. Una mia amica ha perso la migliore amica, la terra che ti trema sotto ai piedi, la gente che senti gridare, le persone morte, le case che crollano. Vedere tutto quanto che crolla in fondo, ma in un modo o nell’altro riusciremo a metabolizzare. Bisogna pensare al futuro. Ti dico una cosa, dall’aria che si respira, tra i miei conoscenti, tutti avevano una parte di cuore lì ed è anche bello vedere l’ottimismo di chi vuole andare avanti e ripete “ce la faremo, ce la faremo”. Ci tengo a precisare, a questo proposito, che la nostra associazione AIPS ha un IBAN per le donazioni. Aiutate, se potete, chi ha perso tutto.
Come vorreste gestire queste risorse? A cosa servirebbero?
Non servirebbero alla ricostruzione delle case. Per ricostruire ci vorrebbero, secondo me, milioni; queste donazioni possono servire per la riqualificazione del paese, dei borghi e delle economie locali. Le future operazioni verranno eseguite in collaborazione e con il controllo del comune di Amatrice e degli organi burocratici necessari; a livello di gestione della salute delle persone, nonché della loro sopravvivenza, abbiamo raggiunto buoni risultati, è stato addirittura dichiarato di non donare più cibo. Ora la priorità è di ricevere il maggior numero possibile di donazioni: serve denaro. Certo, non è l’unica cosa di cui abbiamo necessità: pensa che a Sant’Angelo c’è la quercia più vecchia d’Italia, che ha subito dei danni ma è ancora lì, un po’ come fosse il simbolo della vita. C’è stata una raccolta firme, promossa dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) per inserire la quercia nei luoghi del cuore; è stata inserita quest’anno negli albi della Forestale.
Quando la natura si abbatte come un flagello sugli uomini è bello riscoprire il valore della solidarietà. I soccorsi sono stati tempestivi, gente davvero amorevole proveniente da tutta Italia. Abbiamo ricevuto tante provviste, anche per celiaci, abbigliamento, acqua. Tutto. La natura, come scrisse Leopardi, è madre e matrigna. Ora come ora si respira un’aria carica di speranza; non dico serena, ma speranzosa.
Il premier ha detto: “Ditemi cosa è meglio per voi”. Avvertite la presenza e la vicinanza dello Stato? Le risposte che sono state date fino ad ora sono quelle che vi aspettavate di sentire?
Personalmente a me è piaciuto molto il comportamento di Renzi in questa prima fase, anche se è stato fortemente criticato e non riesco a capirne il motivo. Penso alle polemiche sui funerali di Stato, dovevano svolgersi a Rieti ma è stato chiesto, come è giusto, di svolgerli ad Amatrice e la richiesta è stata accolta. Credo si stia procedendo nel modo giusto: ora bisogna capire se il Governo riuscirà a mettere in piedi il progetto di ricostruzione e mantenere le promesse fatte.
Renzi ha affermato, inoltre, che la ricostruzione dovrà avvenire nel modo più trasparente possibile, con l’aiuto di strutture come l’Autorità anticorruzione. Corrono polemiche in questi giorni sull’uso che verrà fatto dei soldi raccolti grazie alle donazioni: ha infatti sottolineato come ogni centesimo di aiuti sarà verificabile. Temi possa riproporsi ciò che è già accaduto a L’Aquila?
Mi auguro possa essere davvero come dice Renzi: a l’Aquila è successo un disastro proprio per questo motivo. Addirittura parte della famiglia di mia madre, che ha subito il terremoto del 2009, ora vive in una casa fornitagli dallo Stato e di racconti sui terremoti ne ho sentiti tanti da sette anni a questa parte. E ho sentito davvero di tutto.
C’è paura tra di voi di essere lasciati soli?
Ti sto parlando proprio per questo: spero che non sarà così anche se l’attenzione mediatica dei primi giorni sta già scemando.
Qual è per te la linea di confine che separa l’informazione dall’invadenza e dalla speculazione?
Dal 24 agosto in poi ci sono state orde di giornalisti: abbiamo rilasciato interviste per la CNN, per un quotidiano svizzero e mio padre ha parlato in diretta per Rai news. In questo momento c’è bisogno di tenere alta il più possibile l’attenzione mediatica, di rendere partecipi le persone in modo che si manifesti nel migliore dei modi la solidarietà, in modo che si sappia tutto perché più passa il tempo e meno l’opinione pubblica si curerà della nostra situazione. Altra cosa però è la speculazione, scrivere articoli in cerca di scoop marciando su una tragedia come questa semplicemente per aumentare il proprio ego o gonfiarsi le tasche di soldi. Ed è una cosa terribile.
Cosa rimane ora del tuo paese e quali sono le prospettive future per Sant’Angelo?
Tutto completamente distrutto. Il 50 percento delle case è crollato, l’altra metà, completamente inagibile. Quello che io penso, e ti parlo da persona che ha vissuto e che ha perso qualcosa perché casa mia è completamente da radere al suolo, è che noi giovani dobbiamo impegnarci e guardare al futuro. Ma non impegnarci nel cercare solo una concretizzazione, una ricostruzione materiale: ricostruire la nostra vita, partire da zero, immaginare e sognare, perché questo ci è rimasto. Gli abitanti di Amatrice, ma soprattutto delle frazioni, al di là della loro casa, avevano una vita ad Amatrice, e Amatrice ora non esiste più.
Hai letto la lettera di Andrea Cucchiella rivolta a voi? Cosa ne pensi?
Quella lettera l’ho letta due giorni fa, me l’hanno fatta leggere e non mi è piaciuta per niente. In questo primo momento sono l’immaginazione, la speranza che ci fanno andare avanti, soprattutto agli abitanti dei paesi colpiti. L’unica cosa davvero in grado di farci reagire è credere in qualcosa di positivo.
Non mi aspettavo una risposta diversa. Non credi, però, che l’illusione possa essere deleteria? Non credi che i vostri punti di vista, benché antitetici, nascano entrambi dal coinvolgimento emotivo di chi quella stessa esperienza l’ha ormai vissuta e metabolizzata e di chi, invece, la sta vivendo adesso?
Anche l’illusione in questo momento va bene. Qual è l’unica cosa che puoi donare in questo momento a chi è rimasto orfano, ad esempio, non solo dei genitori ma anche del proprio paese, della propria casa, senza più radici né terra? Ciò di cui niente e nessuno potrà privarli mai è la speranza. Il tempo per capire che magari la tua vita in quel luogo non potrà mai più tornare a come era prima c’è; sicuramente a farci parlare diversamente è il fatto che lui, a posteriori, parla da disilluso. Io parlo da speranzoso. È necessario, più di quanto si creda, per ricominciare a vivere.
Caporedattrice della testata e coordinatrice della sezione Diritto ed Economia. Nata a Napoli nel 1993. Collaboro e lavoro per diverse testate giornalistiche ( tra cui, in passato, La Repubblica e Impatto Magazine) da 6 anni. Vincitrice, all'età di 18 anni, del primo premio nazionale per un concorso indetto da Repubblica@scuola. Amo scrivere da sempre e amo la mia città. Caparbia e ostinata. Diplomata con votazione di 100 con lode al liceo classico A.Diaz di Ottaviano. Frequento l'ultimo anno alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli.
30 Dicembre 2016
30 Ottobre 2016
26 Agosto 2016
25 Agosto 2016
25 Agosto 2016
Caporedattrice della testata e coordinatrice della sezione Diritto ed Economia. Nata a Napoli nel 1993. Collaboro e lavoro per diverse testate giornalistiche ( tra cui, in passato, La Repubblica e Impatto Magazine) da 6 anni. Vincitrice, all'età di 18 anni, del primo premio nazionale per un concorso indetto da Repubblica@scuola. Amo scrivere da sempre e amo la mia città. Caparbia e ostinata. Diplomata con votazione di 100 con lode al liceo classico A.Diaz di Ottaviano. Frequento l'ultimo anno alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II di Napoli.
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