“I miei personaggi preferiti dei cartoni animati sono i Metallica e Slash.”
(William Bruce Bailey – Rose, in arte “Axl”)
“Io ero un chitarrista solitario con un serpente, che girava la sua scena e si faceva i cazzi suoi..”
(Saul Hudson, in arte “Slash”)
“Che due coglioni. O si idolatra Slash o lo si scarnifica. Ho deciso, farò domanda per entrare in IMDI apposta per fare uno stracazzo di articolo sui minchioni che si scannano su Slash.”
(Colin Farth, detto “Colon Farth”)
Le sottoculture partono da un pretesto semplicissimo, ulteriormente semplificato dall’avvento dei social network e della cultura di internet: “ascolto/leggo/guardo/faccio/penso una certa cosa in particolare, ergo sono diverso, unico e faccio parte di un’élite e gli altri non capiscono un cazzo.” Per quanto mi riguarda, il discorso si fa particolarmente grottesco quando si entra in campo musicale: c’è chi è fermamente convinto che ascoltare un certo tipo di musica equivalga automaticamente ad avere un certo tipo di mentalità.
Praticamente, frenologia musicale.
Rabbrividiamo.
Un artista contemporaneo che tende ad estremizzare il concetto ogni volta che viene tirato in ballo su internet e su cui discussioni “è sopravvalutato? Sì/no/ticrepolafamigliaamorsi” si sprecano, è Slash, ex chitarrista dei Guns N’ Roses (e degli Snakepit, dei Blues Ball, dei Velvet Revolver, piu una caterva di ospitate varie).
Chi è a favore
“Il roooooooock n roll!!!11! Slesc!!11 Axel Ros merda!!11 Il rock è emozzione, non merda pop di plastika!!!111 TEIK MI DAUN TU DE PARADAIS SITI!!!”
Orde di pagine a sfondo rock scritte e seguite da gente che ne sa (o è convinta di saperne) che con la provincialità tipica di noi italiani quando ci avviciniamo a culture non nostre, si focalizzano sugli aspetti più triviali, aneddotici del chitarrista. “Che fiko qst aforisma di slesc! Cm è rocchennrolll!!!111!” e via discorrendo. Poi ogni tanto capita anche qualcuno che riesce ad andare oltre e a parlare di MUSICA, l’unica cosa che conta davvero (in teoria), ma quando finalmente si parla di questo argomento, ecco spuntare un’ulteriore moltitudine di chitarristi truccati come se fossero/convinti di essere nella Los Angeles degli anni ’80 e di nuovo si ripiomba nell’abisso della mediocre provincialità nostrana. Tristezza a palate.
Chi è contro
“Slash fa cagare, è il chitarrista piu sopravvalutato di sempre, altro che [INSERIRE NOME DI CHITARRISTA GRINDCORE ROTWEILER DEATH APOCALYPSE PROGRESSIVE VEGETARIAN METAL SCONOSCIUTO AI PIU’]!!”
Masse di indie intellettuali, jazzisti, studenti del conservatorio, metallari duri e puri pronti a scarnificare suddetto chitarrista per motivi che sinteticamente si possono riassumere in
1) “Giudico il personaggio [notare che non ho detto “la musica” NDA] in base ai suoi fan perché questi ultimi mi stanno sulle palle”
2) “Mi brucia il culo abbestia che il chitarrista X del gruppo Y non abbia la stessa notorietà, maledetto pubblico generalista!”
3) “Mi brucia il culo abbestia che i Gans end rosis siano considerati di più degli Unbelievable Cazzons e di tanti altri gruppi indie, maledetto pubblico generalista!”
4) “Mi brucia il culo che tutti dicano che Slash è bravo quando nessuno si è fatto il culo per studiare la chitarra quanto me e capire che in realtà [SEGUE LUNGA DISSERTAZIONE CHITARRISTICA]”
Ossia, varie sfumature di butthurt.
La verita (forse) nel mezzo.
Slash ha fatto il botto nel 1987 con Appetite For Destruction insieme resto dei GNR. Il resto cercatevelo su wikipedia, limitiamoci a dire che il gruppo pur con pochissimi album nell’attivo è riuscito comunque a fare breccia nell’immaginario collettivo.
Questo è un fatto.
Il resto sono opinioni e diverse gradazioni di talebanaggine musicale: Slash ha svolto per il rock classico (rock di derivazione blues nato a cavallo di ’60 e ’70, con gruppi come Led Zeppelin, Deep Purple, Kiss, Aerosmith etc.) una funzione molto simile, praticamente uguale a quella che Stevie Ray Vaughan ha svolto per il blues: negli anni ’80 vanno di moda new wave, glam/thrash metal e pop di varia natura, arriva un chitarrista che senza inventare nulla riprende in mano una grande tradizione passata e la rende appetibile alle grandi masse grazie ad una personalità e ad uno stile musicale ed estetico facilmente riconoscibili.
Stevie Ray Vaughan riprende il blues di Chicago degli anni ‘50 e il sound di Hendrix, aggiunge un pizzico di jazz e condisce il tutto con un’immagine a base di stivali e cappelli da cowboy che strillano “TEXAS!” da tutti i pori.
Slash riprende il rock anni ’70, prende fraseggi di Jimmy Page, Jeff Beck, Brad Withford, Joe Perry e altri chitarristi, attualizza leggermente il tutto per gli anni ‘80 e diventa inconfondibile grazie all’accoppiata riccioloni neri e cappello a cilindro.
Il comun denominatore, come già detto, è che non viene inventato niente, semplicemente si produce musica nuova (no, non è un controsenso) e si crea un personaggio che il pubblico adotta istantaneamente sia per idolatrarlo che per stroncarlo senza mezze misure.
Concentrandoci esclusivamente su Slash (dopotutto l’articolo è su di lui…), non c’è molto da dire senza rischiare di sforare nel campo delle opinioni personali. Chi scrive ha un’opinione abbastanza precisa, ma non è questo il punto.
Limitiamoci ad una piccola, grande verità, tanto invisibile agli occhi degli adoratori quanto utilizzata a sproposito dai detrattori:
Slash è un brand.
Il che non significa che abbia smesso di fare musica che può essere più o meno apprezzata e non significa che lui stesso non apprezzi più quello che fa e che lo faccia solo per soldi (quindi evitiamo di metterci a strillare “Venduto” senza capire ciò di cui si sta parlando).
Significa semplicemente che se Slash a distanza di quasi trent’anni fa ancora parlare di sè… E’ perchè tutti, più o meno inconsciamente, nel bene e nel male, lo riconoscono in quanto “nome, simbolo, disegno, o una combinazione di tali elementi, con cui si identificano prodotti o servizi di uno o più venditori al fine di differenziarli da altri offerti dalla concorrenza” (avete visto quanto sono bravo a mettere dentro la definizione di “brand” a sorpresa? eh? eh? eh?) e in un modo o nell’altro sono interessati a cosa propone (il primo che dice “Eh ma a me non piace, quindi non mi interessa” lo prendo a saponettate: se hai un minimo di coscienza intellettuale e dici che qualcosa non ti piace è perché un minimo ti interessa… Se no stai solo parlando per partito preso). E’ entrato nell’immaginario collettivo, alla pari di Lady Gaga (definita da molti come “un brand su due gambe”, ad ulteriore dimostrazione del fatto che un musicista può essere anche un brand), della Coca Cola, della Apple, etc.: sappiamo più o meno tutti istintivamente chi è e cosa fa, sappiamo più o meno tutti il campionario di suoni e/o immagini che dovrebbe farci venire in mente appena vediamo una sua foto (ma neanche, basta solo la sua sagoma o anche di meno). Possiamo essere più o meno fedeli al brand di Slash, ma questo non cambia il fatto che esista e che sia molto radicato nel mondo che ci circonda.
Morale della favola?
“Bene o male, basta che se ne parli.”
Ossia, non saranno due fazioni di bimbiminkia polarmente opposte a dire la verità assoluta su un chitarrista in particolare, semplicemente gli daranno ulteriore longevità.
Certo, se per giudicare un artista ci limitassimo a giudicare esclusivamente la sua musica senza perdere tempo a leggere biografie e aneddoti e a scaricare foto o a fare paragoni distorti, vivremmo in un mondo migliore.
Ma non è così.
Non molto tempo fa uno studente specializzando operante a Milano venne ingiustamente condannato da un tribunale militare. Evaso da un carcere di massima sicurezza iniziò a spacciarsi per studente Erasmus. E' tuttora ricercato, ma se Spina, Frullo e Weber hanno un argomento di nicchia che interessa a quattro gatti, forse, ogni tanto, ingaggiano il famigerato... COLIN FARTH.
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