Nella situazione della Siria, la settimana passata ha regalato una serie di avvenimenti periodizzanti del conflitto che genereranno una serie di conseguenze a breve e medio termine nel proseguio della vicenda ma anche all’interno dei paesi coinvolti. Il conflitto civile siriano va avanti da oltre sei anni ed è iniziato sull’onda lunga delle “primavere arabe”, cause scatenanti guerre civili che hanno visto la propria protesta dirottata dai fondamentalisti islamici. Il caso siriano è particolare: è uno tra gli ultimi paesi a “scendere in piazza” ma è quello in cui lo scontro si è radicalizzato maggiormente e ha prodotto una guerra civile su larga scala, con una porzione dell’esercito siriano che si separa e si unisce ai ribelli e con la pressione costante del fondamentalismo islamico, rinato sotto le insegne dello Stato Islamico e del neonato califfato (disconosciuto da larga parte del mondo islamico), riapparso sui colli del Medio Oriente dopo un secolo dalla sua cancellazione, avvenuta con il trattato di Sevres.
Martedì scorso, alcuni aerei governativi siriani si sono alzati in volo dalla base di Shayrat per attaccare la città di Khan Shaykyun, situata settanta chilometri a sud di Idlib. Tra gli obiettivi prescelti il comando strategico ha individuato un ospedale che ospita, oltre ai civili, anche dei combattenti ribelli. L’attacco non viene effettuato con munizioni normali ma, secondo quanto rileveranno le autopsie disposte dalle autorità turche, con del gas sarin. L’offensiva lascia sul terreno 80 morti e oltre 700 feriti. La notizia dell’attacco si è diffusa relativamente presto ed è stata condannata con altrettanta velocità. Il governo siriano, dal canto proprio, si è limitato a disconoscere la paternità dell’attacco, dicendo che le bombe sganciate dai propri aerei hanno colpito un deposito dove era stoccato del gas sarin, poi rilasciato nell’ambiente dalle esplosioni.
Tale tesi, sostenuta a stretto giro anche dal Cremlino, non sta in piedi, in quanto il Sarin è immagazzinato come agente binario (ovvero con gli “ingredienti” divisi in due parti diverse), in quanto la reazione chimica principale che produce questo tipo di gas genera una molecola di fluoruro d’idrogeno che degrada il Sarin prodotto della reazione con discreta velocità. Oltre alla questione chimica, è presente anche una di sicurezza: gli operatori logisitici che spostano gli armamenti non vengono in contatto con una sostanza così rischiosa, che al contrario viene sintetizzata secondo bisogno. Anche nel caso in cui i due agenti fossero stati conservati vicini, il fluoruro d’idrogeno (infiammabile) avrebbe prodotto una violenta palla di fuoco che non è stata osservata in occasione dell’attacco.
In una parte dei media di informazione indipendente si sono immediatamente diffusi i dubbi riguardo la paternità dell’attacco: come può Assad, che dopo la caduta di Aleppo sembrerebbe aver guadagnato un buon abbrivio verso una posizione di controllo rispetto ai ribelli, lanciare un attacco su Idlib con il sarin, vietato dalla risoluzione Onu 2118 del 2013? Avrebbe corso il rischio di attirarsi tutte le antipatie a livello internazionale senza contare che avendo una posizione di supremazia avrebbe potuto tranquillamente continuare con un’offensiva tradizionale, giusto? Non proprio.
La settimana precedente il segretario di Stato Rex Tillerson ha reso noto che il rovesciamento di Assad non era più una priorità nel contesto siriano. Questo, unito alla protezione russa, potrebbe aver fornito un eccessivo senso di sicurezza al dittatore siriano, incentivandolo ad un attacco decisivo. In secondo luogo, la supremazia territoriale del fronte governativo è meno forte di quanto possa sembrare. I ribelli sono alle porte di Damasco e in diverse altre zone del paese l’esercito è in forte difficoltà, come dimostra la riconquista di Palmira da parte dei fondamentalisti dello Stato Islamico avvenuta a metà dicembre scorso. Inoltre, non bisogna dimenticare che a Giugno (salvo stravolgimenti) si terranno nuovi colloqui di pace ad Astana e con ogni probabilità Assad vorrà presentarsi al tavolo negoziale con obiettivi militari da trasformare in obiettivi diplomatici.
La condanna unanime dell’attacco governativo ha messo in moto un processo di revisione delle politiche isolazioniste annunciate a lungo dal presidente Trump (proclamate a più riprese quando questi non era ancora presidente). Già nella serata di mercoledì si tennero i primi briefing per presentare al capo dell’esecutivo le opzioni valide per una rappresaglia contro il regime di Assad. Nella notte tra giovedì e venerdì scatta l’offensiva: 59 tomahawk partono dalle navi statunitensi nel mediterraneo orientale e centrano la base di Shayrat, comprensiva di tre hangar e che ospitava, secondo il Pentagono, circa un quinto dell’intera forza aerea siriana. Oltre a questo, sempre secondo fonti americane, la base ospitava agenti chimici.
Per Trump si tratta di una notevole inversione ad U. Ha agito in solitaria senza legittimazione ONU e senza la legittimazione del Congresso, pertanto avrebbe violato la consuetudine interna cercando di proteggere il diritto internazionale. La base colpita inoltre stava guadagnando notevole importanza per la copertura aerea del governatorato di Homs, una delle zone in cui i governativi si trovano in discreta difficoltà. Il magnate newyorchese ha inoltre guastato i rapporti con la Russia, che aveva promesso di tenere in considerazione durante la campagna elettorale. L’intervento pone anche diverse domande per il futuro: in caso di nuove violazioni Trump continuerà su questa linea? Darà il via ad un’escalation della propria azione in Medio Oriente nonostante le minacce russe?
Nella giornata di domenica Assad ha lanciato un’offensiva usando il fosforo bianco, dimostrando la volontà di non regredire dalle proprie posizioni. Il fosforo non rientra negli strumenti vietati dalla convenzione sulle armi chimiche del 1993 in quanto è un incendiante e un agente schermante. In realtà i suoi utilizzi in guerra sono ben diversi dato che viene utilizzato per fiaccare il morale non solo dei combattenti ma anche delle popolazioni civili: produce ustioni combinate chimiche e da calore, con danni enormi su chi viene ne a contatto. L’intervento di Trump ha marcato l’inizio di una nuova fase nella guerra civile siriana, che ora sembra davvero destinata a terminare con la fine di Assad o l’annientamento completo delle forze di opposizione in campo, come ribadito ieri dal G7.
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
30 Maggio 2017
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