Guardare una partita di calcio sovente nasconde insidie che uno spettatore distratto potrebbe non comprendere: le storie di chi su quel campo macina chilometri, gli errori commessi e quelli evitati per un soffio. I sentimenti, le passioni, la voglia di sentirsi liberi. Ogni piccolo e potenzialmente poco insignificante scheletro nell’armadio resta dentro l’anta per 90 e passa minuti, per chi il calcio lo fa ma anche per chi lo ammira.
Non è un caso, dunque, che molto spesso questo sport così intenso venga paragonato ad un altro argomento cardine dell’italico paese come la politica. D’altronde, come sostenuto dal giornalista e scrittore Roberto Gervaso, “La politica è l’arte d’impedire agli avversari di fare la loro”. Un po’ come nel calcio, appunto.
Accomunare queste due attività pare più che altro basilare, perché calcio e politica sono inscindibili come lo Yin e lo Yang, Tango e Cash, i canditi e il panettone. Come l’animale politico raccontato da Aristotele, l’uomo lotta con sé stesso ogni volta che l’intreccio irrimediabilmente genera danni, confusione o chiacchiere da bar. E nel calcio, specie in quello italiano, la politica da sempre fa parte del vissuto quotidiano.
Ne parleremo dettagliatamente in un articolo successivo ma nelle curve italiane palesemente sono presenti tifosi di differente fede politica.
Tra le più note tifoserie di destra, estrema o moderata, vengono annoverate dal Viminale quelle di Lazio, Verona, Triestina, Treviso, Padova e Vicenza. Dall’altro lato impossibile non citare i supporters del Livorno, da sempre considerati i portabandiera del tifo di sinistra in Italia e che anni fa, in una gara d’esordio di Serie A giocata contro il Milan a San Siro, si presentarono goliardicamente con varie bandane, a richiamare un momentaneo look del Presidente del club avversario Silvio Berlusconi, noto esponente politico di fazioni opposte.
In totale, le tifoserie di destra tra Serie A, Serie B e Lega Pro sarebbero 27, mentre 15 quelle di sinistra. Alcuni supporters sarebbero stati individuati come apolitici e dunque in una posizione di equilibrio, come ad esempio quelli delle curve di Brescia, Perugia e Crotone. Paradossalmente, tra le tifoserie di questa categoria trova spazio anche quella del Milan, nonostante i tantissimi anni trascorsi sotto l’egida dei Berlusconi.
Sul terreno di gioco in molti decidono di non metterci la faccia e tenere le proprie idee a contatto solo con ciò che resta personale. Due di loro invece si sono sempre esposti alla luce del sole: parliamo di Paolo Di Canio e Cristiano Lucarelli, ex bandiere di Lazio e Livorno, tifoserie come noto piuttosto contrastanti dal punto di vista politico.
Nonostante si sia spesso dichiarato apolitico, Di Canio è noto per le sue simpatie verso una fede politica fascista. Soprattutto durante il suo nuovo periodo italiano post Premier League l’attaccante finì nel centro del mirino per via delle sue esultanze: sotto la curva dei tifosi della Lazio esponeva infatti il saluto romano. Di Canio ha sempre provato a giustificare questa usanza come qualcosa che esulava dalla politica attiva: “Le mie esultanze non hanno nulla a che vedere con comportamenti politici di alcun tipo”, spiegò a La Repubblica, tanto da ritenere lo stadio “il centro sociale più grande che ci sia”, come riportato in un libro di Nicola Guerra. Per l’ex punta di Napoli e West Ham il saluto romano era semplicemente un modo di mostrare vicinanza alla curva biancoceleste, un gesto di appartenenza verso la sua gente.
Proprio nelle ultime settimane Di Canio è tornato alla ribalta a causa di questioni politiche: prima di una puntata del suo programma “Di Canio Premier Show” su Sky, l’ex calciatore ha reso palese in una foto un tatuaggio con la scritta “Dux”, essendo in quell’occasione a maniche corte.
Si scatena dunque un putiferio, che costringe la rete addirittura a cacciare l’apprezzato opinionista, come spiegato da Jacques Raynaud, executive vice president Sky Sport & Sky Media, in un virgolettato riportato da La Gazzetta Dello Sport: “Abbiamo fatto un errore, ci scusiamo con tutti quelli di cui abbiamo urtato la sensibilità. Dopo aver parlato a lungo con Di Canio, nonostante la sua professionalità e competenza calcistica, abbiamo deciso insieme di sospendere la sua collaborazione”.
Lo stesso Di Canio ha commentato in maniera molto polemica l’interruzione del rapporto di lavoro con Sky: “Quello che più mi indigna è l’ipocrisia di chi ancora finge di scoprire soltanto ora il mio modo di essere e certe mie idee, viceversa arcinote da sempre”, ha spiegato l’ex Charlton ad Ansa.
Anche all’estero un calciatore è divenuto famigerato per aver esultato con il saluto fascista: si tratta di Giorgos Katidis, che balzò alla cronaca sportiva e non per aver sfoggiato tale gesto dopo una vittoria dell’AEK Atene nel campionato greco. Le polemiche furono acuite anche dal fatto che nella stagione successiva il calciatore venne a giocare proprio in Italia, precisamente al Novara: nel club lombardo ha collezionato 10 presenze, senza brillare. Attualmente è svincolato, ad appena 23 anni.
Così come Di Canio, sul fronte opposto Cristiano Lucarelli non ha mai nascosto di avere una fede politica di altro colore. Un ideale che il ragazzo ha portato sempre sulla maglia: il numero 99, tipico dell’ex Shakhtar nella maggior parte delle squadre in cui ha militato, deriva dall’anno di nascita delle Brigate Autonome Livornesi, gruppo ultras di estrema sinistra di ideologia comunista scioltosi nel 2003.
Livorno e la fede politica come ragioni di vita: spesso lo stesso Lucarelli esultava mostrando il pugno sinistro in alto, tipico simbolo comunista, o facendo vedere la maglia di Che Guevara appena dopo una rete. L’ex attaccante di Torino e Napoli si è reso anch’egli protagonista di polemiche riguardanti la politica. Una delle più note riguarda un’intervista rilasciata nell’ottobre del 2004 dopo una gara persa contro la Sampdoria e riportata da La Repubblica, nella quale Lucarelli spiegava come il Livorno fosse destinato a retrocedere a causa delle posizioni politiche della sua tifoseria. “Abbiamo subito cinque torti nel corso della stagione. Non si parla più di calcio ma di politica. Lo scorso anno c’erano in A quattro tifoserie di sinistra e sono retrocesse, quest’anno c’è solo il Livorno e non avranno difficoltà a decidere chi scende. Sta accadendo quello che temevamo dopo la promozione: con noi gli arbitri non vedono”.
Il calciatore attirò su di sé le ire dell’allora Presidente di Lega Adriano Galliani, che invocò a gran voce delle scuse per via di un’accusa così dura. Per la cronaca, il Livorno quell’anno terminò il campionato al nono posto a pari punti con la Roma, garantendosi una salvezza più che tranquilla.
Di Canio e Lucarelli non sono però di certo gli unici calciatori ad essersi fatti notare per le loro posizioni in fatto di politica.
Un paio di episodi controversi coinvolsero anche l’allora giovanissimo portiere del Parma Gianluigi Buffon: dopo una partita il ragazzo mostrò sotto la curva una maglia con la scritta “Boia chi molla”, motto molto noto negli ambienti della destra neofascista italiana. Per quell’evento fu deferito alla commissione disciplinare.
Nella sua autobiografia, intitolata Numero 1, Buffon spiegò di aver notato quella scritta intagliata sul cassetto di un tavolo in collegio, evidentemente ignorandone il reale significato.
Inoltre, il futuro portiere della Nazionale fu criticato anche per aver scelto il numero 88: il portiere spiegò come fosse un riferimento al superamento brillante di un infortunio ma dopo le proteste delle associazioni ebraiche il futuro estremo difensore della Juventus optò per il 77.
Il caos era dovuto al fatto che, secondo alcune credenze, il numero potesse essere associato alla figura di Hitler poiché l’ottava lettera dell’alfabeto corrisponde ad “h” e l’88 sarebbe potuto essere stato interpretato come un “Heil Hitler”.
Anche altri membri della Nazionale di calcio furono, inconsciamente o meno, protagonisti di una polemica politica: questo perché durante la festa al Circo Massimo post vittoria del Mondiale 2006 sia Buffon che Pirlo e De Rossi sistemarono sul palco uno striscione con la scritta “Fieri di essere italiani”. Tale striscione però portava anche un minuscolo simbolo della Croce Celtica, dagli anni ’90 legato soprattutto alle tifoserie di destra.
Tantissimi altri esponenti del mondo del calcio hanno addirittura tentato la carriera politica in maniera attiva, candidandosi alle urne sia a livello italiano che Europeo.
Alcuni esempi lampanti sono quelli di Giorgio Chinaglia e Gianni Rivera: l’ex idolo dei tifosi della Lazio ebbe poca fortuna, non riuscendo a farsi eleggere all’Europarlamento di Strasburgo nel 1999. L’ex milanista invece visse un periodo d’oro anche come parlamentare: dal 1987 al 2001 partecipò attivamente alle questioni di Montecitorio con DC e Ulivo, mentre dal 2005 al 2009 fu eletto Parlamentare europeo.
Le cose andarono bene anche ad Amedeo Amedei, il quale per cinque anni rimase consigliere comunale a Roma per la DC. Poco fortunato è stato invece Daniele Massaro: l’ex Milan, candidatosi con Forza Italia a Milano in vista delle comunali, non riuscì a farsi eleggere.
Stefano Tacconi ha provato varie volte la carriera politica con Alleanza Nazionale senza però mai riuscire ad ottenere i voti necessari per delle poltrone istituzionali. Poco fortunato anche Paolo Rossi, che nel 1999 non fu eletto sempre con AN come europarlamentare. Un ko bruciante fu certamente quello dell’ex portiere Giovanni Galli: candidato sindaco a Firenze per il centrodestra nel 2009, fu battuto da Matteo Renzi.
Persino il contestatissimo Franco Carraro è riuscito a plasmare una brillante carriera politica. L’ex Presidente FIGC e CONI è stato infatti eletto più volte parlamentare con partiti di centrodestra e dal 1989 al 1993 è stato addirittura sindaco di Roma. Da citare anche l’esperienza del Campione del Mondo Marco Tardelli, che ha fatto parte delle liste europee del PD nel 2004.
Tra i tanti altri che hanno tentato l’avventura politica possiamo citare Boranga, Ulivieri, Moriero e Mauro. In particolare l’ex Napoli e Juventus che fu l’unico ad avere soddisfazioni venendo eletto prima in camera dei deputati e poi in consiglio comunale a Torino con l’Ulivo.
Inevitabile, dunque, che calcio e politica continuino ad andare a braccetto ancora per molti anni: due tra le passioni più grandi degli italiani che trovano spesso sfogo una devastante collisione di idee. E la polemica, ovviamente, è assicurata.
17 Maggio 2017
5 Maggio 2017
28 Aprile 2017
14 Aprile 2017
29 Marzo 2017
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.