La settimana scorsa vi abbiamo proposto quelli che noi riteniamo i migliori FPS usciti quest’anno. Ma non è tutto oro quel che luccica: tra i vari titoli usciti nel 2016, non tutti sono meritevoli. In questa sede andremo a vedere quali sono stati i peggiori shooter usciti durante l’anno corrente.
Il nuovo CoD porta sul piatto una campagna di tutto rispetto, ben realizzata e con level design di buon livello, ma non aspettatevi di restare incollati allo schermo per più delle 6-7 ore necessarie al suo completamento. Curato anche il comparto grafico. Se il reparto single-player è ben fatto, lo stesso non si può dire della parte multigiocatore: il gioco non vede implementato alcun sistema anti-cheat (con la presenza in media di un cheater ogni 2-3 partite avviate), gli aimbotter sono all’ordine del giorno; comunissimi gli spike di lag; hit registration pessima. Riassumendo: un’esperienza multiplayer a dir poco ridicola, per un titolo che, ormai da diversi anni a questa parte, punta molto sulla componente multigiocatore. A questo aggiungete il fatto che, almeno su pc, il titolo è ben poco giocato (circa 6000 giocatori dopo tre settimane dall’uscita); per non parlare della componente zombie, nella quale il tempo di attesa per una singola partita supera i dieci minuti. CoD (almeno su pc) è morto, viva CoD.
L’ultimo Far Cry cambia completamente le carte in tavola dal punto di vista dell’ambientazione: se in FC4 ci trovavamo a sparare tra le montagne del Tibet; Primal ci porta indietro di qualche decina di migliaia d’anni, quando la civiltà umana era divisa in tribù in guerra tra loro. Il problema è sorto quando Ubisoft ha pensato che riciclare beatamente la mappa utilizzata in Far Cry 4 e piazzarla nel nuovo con cambiamenti minimi, fosse un’ottima idea. Uno dei punti di forza di FC3 e 4 era la libertà concessa al giocatore nell’approcciarsi agli accampamenti nemici: entrare sparando a qualsiasi cosa o avvicinarsi in uno stealth ragionato? In Primal questa libertà viene compromessa dalla presenza del vostro companion: una bestia preistorica. Impossibile l’approccio silenzioso e l’eliminazione dei nemici con l’arco se vi porterete appresso il preistorico bisteccone; l’unico metodo per riuscire a completare gli accampamenti senza far scattare nessun allarme, è lasciarsi alle spalle l’inutile quadrupede. Fa storcere il naso anche il sistema di combattimento e la varietà dell’arsenale: mazze e picche non sono sufficienti a garantire più di qualche ora in spensieratezza, oltretutto non esiste alcun sistema di parate o schivate e il combattimento si riduce ad un frenetico click del tasto sinistro del mouse fino alla morte del vostro avversario. Il comparto grafico, al contrario, si difende bene e gode di un’ottima stabilità; peccato che il resto lasci molto a desiderare.
Il primo Homefront era uno spreco di spazio sull’hard disk, non aveva assolutamente nulla che poteva salvarlo: campagna single-player da quattro ore, grafica e IA pessima, un multiplayer dimenticabilissimo. Homefront: TR è invece un FPS open world ambientato in una Philadelphia invasa dalla Corea del Nord, ma non riesce a migliorare tutti i difetti riscontrati nel primo capitolo. L’IA dei nemici è terribile: una volta presa copertura, non si sposteranno mai da lì; frequenti sono anche i casi in cui gli avversari si incastrano nei muri. La storia principale è ugualmente dimenticabile, sprizza “AMERICA FUCK YEAH” da tutti i pori. Presenti anche moltissimi bug: da NPC che si incastrano nelle porte, a casuali cadute attraverso la mappa che vi faranno perdere preziosi minuti di gioco; fino ad arrivare al quasi onnipresente stuttering. Due cose riescono però bene al nuovo titolo Deep Silver: il comparto grafico e la fedele riproduzione di una Philadelphia invasa dalle milizie Nord Coreane. Anche dal lato ottimizzazione non ci siamo: crash inaspettati e cali di fps, anche su macchine performanti, sono molto comuni. Questo seguito soffre ampiamente di problemi dovuti al travagliato sviluppo. Una volta fallita THQ, il brand è passato nelle mani di Crytek e infine di Deep Silver, che è riuscita a rilasciare questa….cosa. Non compratelo, nemmeno per sbaglio.
L’ultima fatica DICE ci porta indietro fino al primo conflitto mondiale e ci fa prendere le parti di America, Italia ed Austria. Grafica e sonoro da urlo, il problema sorge quando la campagna è di una banalità e inutilità spiazzante, e il livello degli Arditi sul Montegrappa ne è la prova: con un’armatura sperimentale in acciaio e armati di mitragliatrice leggera, dovrete farvi largo tra orde di austro-ungarici; è un corridoio linearissimo in cui è praticamente impossibile morire, siccome i danni che vi verranno inflitti sono ridicoli e l’health regen è presente. Però nel comparto multiplayer dovrebbe fare faville, giusto? E invece no. Il reparto multigiocatore non trasmette il feeling di stare combattendo nella Grande Guerra: non sarete sdraiati in una trincea, evitando di essere eliminati dai cecchini nemici; non partirete all’assalto all’arma bianca delle postazioni avversarie; non morirete male per colpa dei nidi di mitragliatrici. Il multiplayer è Star Wars: Battlefront (l’ultimo) reskinnato: corri; salta; spara; conquista il punto; muori e spawna di fronte ai nemici. Se volete provare un vero gioco ambientato durante la Prima Guerra Mondiale acquistate Verdun senza nemmeno pensarci.
Molti lo danno per disperso, ma il titolo Gearbox esiste ancora (purtroppo). Complice una campagna di marketing molto confusa, Battleborne è stato ignorato dalla massa. Un gioco confusionario, con una UI pessima, gameplay macchinoso e che è stato ucciso dalla finestra di lancio scelta, poco prima di Overwatch. Lo schema cromatico accecante, i menu da titolo free-to-play da bassa lega, una player base inesistente ed una confusione generale, rendono Battleborne una delle peggiori esperienze videoludiche dell’anno. Non va bene nemmeno come fermo per le gambe ballerine del tavolo, statene alla larga.
Classe 1992. Sin dalla tenera età di 6 anni affamato videogiocatore. Cresciuto a pane e pc games, solo negli ultimi anni si è dotato di qualche console, rimanendo comunque fedele al suo credo originale.
30 Maggio 2017
29 Aprile 2017
28 Marzo 2017
25 Marzo 2017
18 Marzo 2017
Classe 1992. Sin dalla tenera età di 6 anni affamato videogiocatore. Cresciuto a pane e pc games, solo negli ultimi anni si è dotato di qualche console, rimanendo comunque fedele al suo credo originale.
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