Il cinema prende spesso ispirazione dalla letteratura, e quando capita che un romanzo venga adattato per il grande schermo, uno dei discorsi che si presentano con più frequenza, è sempre il classico “eh, ma era meglio il libro”. Ma è davvero sempre così?
Iniziamo questo percorso chiamato “Parole su pellicola” con “La schiuma dei giorni”.
Nel 1958 Boris Vian muore durante la prima della versione cinematografica di un suo romanzo: Sputerò sulle vostre tombe; romanzo scritto, fra l’altro, in 14 giorni e per scommessa. Vian non era certo un uomo assennato e la sua opera più famosa, La schiuma dei giorni, ne è la prova. Un romanzo definito da Queneau “la più struggente opera d’amore mai scritta” e che ha influenzato non solo scrittori, come ad esempio Vinicio Capossela “schiuma dei miei giorni sarai, che bagna e poi si asciuga”. Morna.
Infatti, fin dalle prime pagine incontriamo il Pianococktail (un pianoforte che in base alla melodia suonata produce cocktail diversi) bisogna aspettare Michel Gondry per poterlo vedere realizzato. Gondry confessò in un’intervista che La schiuma dei giorni è stata la prima sceneggiatura che ha scritto (e disse di averlo fatto prima ancora di sapere cos’è un film) ma ha dovuto aspettare il 2013 per realizzarlo.
E’ la storia di Colin, di Nicolas (il suo valletto), di Chick (fanatico di Jean-Paul Partre) e del suo topo domestico. Colin è un giovane facoltoso e ad una festa, dopo aver imparato a ballare lo sbircia-sbircia incontra Chloè, i due si innamorano e poco dopo si sposano. Chick, invece, alla presentazione del nuovo libro di Partre incontra Alise e si fa prestare i soldi da Colin per sposarsi. Dovrebbe essere tutto perfetto, solo che Chloè durante il viaggio di nozze si ammala, una ninfea le cresce nel petto e Chick spreca tutto quello che ha per completare la sua collezione di opere di Partre. Tutta la frenesia iniziale rallenta fino a sparire, quando Colin è costretto a farsi crescere canne di fucile sul dorso della schiena per pagare le cure di Chloè.
Le descrizioni narrative e le introspezioni psicologiche dei protagoniste vengono tradotte in immagini piuttosto che semplicemente trasposte.
Gondry conosce il valore che Vian ha dato a ogni sua “invenzione” e lo ribadisce inserendo delle scene in cui tante macchine da scrivere lavorano come se fossero in una catena di montaggio.
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