Continua il reportage del mio recente viaggio a New Orleans (NOLA per gli amici): in questa prima parte avevo consigliato come viaggiare & pernottare senza spendere un capitale (e vivendo nel frattempo l’esperienza più scombinata, affascinante, sfasciona e anni ’60 di sempre), ora le cose si fanno ancora più serie. Parliamo quindi di:
Mangiare & bere – Una premessa fondamentale: siamo negli Stati Uniti, avere più o meno di 21 anni può cambiare drasticamente le cose e anche a New Orleans è così. I luoghi dove vengono somministrate e consumate bevande alcooliche hanno divieti (e buttafuori) inoppugnabili e alcuni ristoranti (tra cui il mio preferito, che vi indicherò tra poco) applicano lo stesso regolamento a causa della presenza di apparecchi per il video poker nel locale. Ci sono anche ambienti 18+ o soluzioni intermedie (alcuni locali ti timbrano sulla mano in maniera da poterti bollare come under 21, per esempio), ma la media è comunque piuttosto restrittiva. Tenetevelo a mente nel caso programmiate un viaggio a New Orleans. ( e non è così per tutti gli Stati Uniti, per esempio a New York la scelta per i 18+ è molto più ampia, mentre in California invece non c’è proprio un cazzo se hai meno di 21 anni).
Altra premessa fondamentale: le mance. Di solito si dà tra il 15% e il 20% per i ristoranti, mentre per le bevande alcoliche in qualche bar normalmente basta un dollaro a consumazione. Non è obbligatorio darla, ma è una consuetudine talmente radicata (e a ragione, visto che sostituisce la paga dei camerieri) che cercando di svangarvela, otterreste unicamente il risultato di passare per degli emeriti figli di buona donna. Considerando che la media del servizio (almeno nella mia esperienza) è piuttosto buona, questo sistema ci sta tutto.
Veniamo al dunque: cibo e bevande. Per quanto riguarda cosa mangiare, New Orleans offre due profili di base: quello americano più stereotipato (cioè varie bisteccherie/steakhouse, fast food assortiti e ristoranti etnici, dall’italiano al thailandese) e uno più tradizionale: la cucina cajun. Si tratta di una cucina con fortissime influenze creole: erbe aromatiche, verdura mista, riso a tonnellate, carne di pesce e maiale. Ci sono anche elementi più esotici: in primis il gambero d’acqua dolce della Louisiana (ingrediente principale di praticamente tre piatti cajun su quattro), in secondo luogo carne di alligatore, rana o serpente. Ho provato solo la carne di alligatore e devo dire che in variante “McNuggets”, impanato e con un filo di ketchup, mi è piaciuta molto (spoiler: sa di pollo). Il posto in cui vi consiglio di andare assolutamente se ne avete l’occasione si tratta del ristorante Coop’s Place : prezzi bassi e ottima cucina tipica. Spesso c’è da aspettare un po’ per entrare (il passaparola pesa), ma ne vale ampiamente la pena, è la cucina di New Orleans allo stato dell’arte. Fatevi un giro nella sezione menù del sito che vi ho linkato, c’è praticamente un ottimo compendio di tutta la cucina cajun.
Per quanto riguarda invece cosa bere, posso riassumere la mia opinione in una semplice frase: i baristi americani aprono il culo a quelli italiani, punto. I cocktail sono pensati per una platea di persone relativamente mature, sopra i 21 anni, per cui il mercato dei sedicenni che vogliono sballarsi con un sciacquatura di piatti gusto frutta comprata alla LIDL per poi mettere foto trppp paxxerelle su Facebook non esiste, non c’è e mai ci sarà: ecco quindi finalmente Long Island Tea che riescono veramente a fregarti convincendoti di essere tè freddo per poi farti finire sotto al tavolo, ecco Cuba Libre che raggiungono il giusto equilibrio tra coca e rhum (quest’ultimo componente è disponibile in forme e varietà diverse e tutte molto interessanti, non mi ritengo un esperto e sono rimasto molto sorpreso: tutti i beoni all’ascolto ci facciano un pensierino), ecco Gin Lemon che sono davvero bevande a base di gin aromatizzate al limone e non limonate con una punta amarognola, c’è la specialità Hurricane, variante dolciastra del Daiquiri tipica di New Orleans e servita in bicchieri oversize. Ovviamente la scelta non è limitata solo ai cocktail: i vari whiskey, scotch, bourbon sono tutti al loro posto (e anche qui: provate qualsiasi cosa non vi sia mai capitato di vedere in Europa, spesso ne vale la pena), così come le birre americane (che però non mi sento di consigliare come le altre bevande, in quanto secondo me meno corpose e più annacquate delle birre europee). Il luogo migliore dove farsi qualche bevuta è l’epicentro della vita notturna di New Orleans, Bourbon Street, sede dei maggiori bar e discoteche/strip club ( e quindi non è il cuore della musica dal vivo come sostenevo nell’articolo introduttivo, non avevo capito una mazza e la vera mecca per i musicfags come me era un’altra, ma ne riparleremo nella prossima puntata).
Spostarsi & sicurezza – Spostarsi per New Orleans è piuttosto semplice ed economico: con 3 dollari potete comprare un pass giornaliero per i servizi di tram e autobus, mentre la corsa singola viene 1,25 (in qualsiasi caso il biglietto deve essere comprato a bordo appena saliti del mezzo e con il denaro contato, senza eccezioni). Il tram è stato il mezzo che ho preso più spesso (quattro volte al giorno in media contro le due in due settimane dell’autobus), fino alle 2 del mattino passa ogni dieci minuti, dalle 2 in poi invece approssimativamente ogni mezzora. Se volete visitare il centro cittadino e in particolare il Quartiere Francese (il quartiere tradizionale e/o turistico per eccellenza), le linee 47 e 48 fanno per voi: passano per quasi tutta la lunghezza di Canal Street, la via principale della città e permettono di arrivare comodamente nelle aree più centrali da praticamente qualsiasi punto vi troviate.
Ovviamente sono disponibili anche i taxi: sono comodi, ne trovate a carrettate e ricordatevi che una mancia del 15% è sempre cosa buona e giusta. Se poi siete in gruppo, non pagate praticamente niente (ricordo un viaggio surreale con otto persone nello spazio di sei: sei dollari a testa mancia compresa ed eravamo in ostello dopo nemmeno un quarto d’ora partendo da un punto piuttosto lontano).
Quanto alla sicurezza, anche qui le mie aspettative erano abbastanza distorte: da una parte i toni allarmistici della Lonely Planet, dall’altra un’esperienza che ha ulteriormente confermato il fatto che finché si usa il buonsenso, i rischi sono davvero pochi. Ho sentito storie di borseggi e rapine a danno di turisti e di alcuni ospiti dell’ostello in cui mi trovavo, ma finché evitate le zone poco frequentate di sera e vi tenete le cose più importanti addosso (quindi lasciate il passaporto in un armadietto lucchettato in ostello, tenete carte di credito e tessere varie in un porta documenti da tenere sempre nei pantaloni o comunque separatamente dal portafoglio, non lasciate borse o indumenti incustoditi in locali e bar affollati, etc.), potete stare tranquilli. Si potrebbe dire lo stesso di qualsiasi posto abbia visitato all’estero. Un consiglio generale quanto a zone da frequentare: il Quartiere Francese in quanto a vita notturna è la zona più affollata e sicura della città, i quartieri residenziali che danno su Canal Street tendono ad essere un po’ inquietanti dopo il tramonto, ma se siete in gruppo o su un tram potete stare tranquilli. Una zona da evitare invece (stando a quanto ho sentito prima di partire) sia di giorno che di notte è la zona di Louis Armstrong Park, anche se alcune persone fidate dell’ostello mi hanno detto che di giorno è piuttosto tranquillo. Io non ho fatto in tempo ad andarci (mi pare ci sia un memoriale dedicato al grande jazzista e non mi sarebbe dispiaciuto vederlo, ma amen), nel caso fateci un pensierino con le dovute precauzioni.
E questo è tutto per la seconda parte del reportage da New Orleans, Louisiana. Nella prossima, ultima puntata del reportage parlerò di Halloween, paludi, roba turistica e tanta, tanta musica.
Al prossimo articolo!
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