Nel mondo dello sport professionistico l’età o, per ampliare il concetto, la gioventù sono dei fattori che. via via che l’esordio dei giocatori in questo contesto è divenuto sempre più precoce, vengono tenuti in grande considerazione.
Potenziale, capacità di apprendimento o simili concetti applicati a giocatori appena draftati significano una sola cosa: il giocatore è giovane ed è possibile lavorarci sopra, in senso tecnico e tattico, per modellarlo come si pensa sia necessario per renderlo efficiente e utile ai suoi compagni e alla squadra.
Tuttavia nonostante gli esordi dei giocatori siano sempre più oggetto di critiche per il loro eccessivo anticipo, come per il caso Thon Maker, la natura fa sempre e comunque il suo corso, corso che si mostra sotto forma di esperienza che il cestista acquisisce nel corso della sua carriera NBA (in cui il concetto di veterano, se usato in maniera intelligente, è molto importante nella costruzione di roster vincenti).
I Minnesota Timberwolves centrano perfettamente il punto scritto sopra perché, nonostante un roster giovanissimo e che decisamente non pecca di talento, in questo momento hanno un record di 14-27 a dispetto delle aspettative iniziali.
Con la chiamata al draft, l’anno scorso, di Karl-Anthony Towns e la presenza contestuale di Kevin Garnett in quello che sarebbe stato il suo ultimo anno, le aspettative sui T-Wolves erano altissime e condivisibili; con KG a insegnare a KAT l’arte di vincere e un gruppo giovane e profondo da esplorare, mancava solo un coach degno di questo nome per completare tutti i passaggi preparatori necessari per imboccare il giusto cammino.
Con l’ingaggio di Tom Thibodeau questo sembrava compiuto, nonostante la sua scarsa attitudine ad allenare i giovani e la sterilità offensiva del suo coaching, visto il grosso problema difensivo dei Timberwolves dello scorso anno, con un Defensive Rating di 110.1 (28esimi su 30 nella NBA).
Miscelate tutto questo a un roster che contiene anche: Zach LaVine, Andrew Wiggins e Ricky Rubio e un accesso ai PO che manca dal 2004 e otterrete questo tipo di previsioni entusiastiche di inizio anno.
I Minnesota Timberwolves sono attualmente: quinti nella Division, dodicesimi nella Conference e hanno un Defensive Rating di 109.8 (23esimi su 30).
Le belle intenzioni iniziali sono state prima incrinate e poi spazzate via da una serie di problemi prevedibili, ma probabilmente ignorati in virtù dell’hype e della disperata voglia di vedere i T-Wolves tornare a brillare dopo anni di anonimato; due, però, sono le problematiche principali che affossano la squadra: la gioventù del roster e Ricky Rubio.
Il problema dell’età dei giocatori, con alcune eccezioni, si palesa soprattutto in difesa e in generale nel mondo di stare in campo come squadra perché la difesa, in un contesto NBA ma a un livello di eccellenza sportiva in generale, richiede una profonda conoscenza del gioco e delle reazioni e attitudini dei propri compagni in campo; risulta quindi abbastanza comprensibile come questi imberbi Timberwolves risultino spersi sul parquet nel seguire i tagli o ruotare difensivamente (come in questo caso).
Ricky Rubio è invece un grosso rebus per i T-Wolves, non sono in virtù di quanto detto sopra a livello difensivo, ma soprattutto in un’ottica offensiva, dati i suoi problemi al tiro.
In un pick and roll classico il suo difensore diretto tende, la maggior parte delle volte, a passare dietro il blocco, invogliandolo chiaramente al tiro e si limita, qualora Rubio prosegua in una penetrazione a canestro, a guidarlo gentilmente verso gli aiuti dei lunghi sottocanestro che lo obbligano a cercare un tiro difficile e tutto questo ha una doppia valenza perché non solo rende Rubio prevedibile ma, se la difesa si muove bene, chiude varie linee di passaggio che il giocatore spagnolo, data la sua visione periferica, riuscirebbe a sfruttare per generare punti facili per i compagni; se invece, passato il blocco, tira e segna la difesa accetta quella situazione perché sa che, nel lungo periodo di una partita, quel tiro non entrerà con costanza (la sua shot chart è impietosa da questo punto di vista).
Inoltre il coinvolgimento in attacco di Ricky Rubio, quando il pick and roll non è con Towns, occupa le linee di penetrazione di quest’ultimo o il suo prendere posizione in post basso, limitandone fortemente le possibilità di andare a punti, o produrre comunque qualcosa di utile per la sua squadra, e frustrandolo.
Tutto questo unito all’incapacità di Thibodeau di inculcare i suoi mantra cestistici, intensità e difesa, alla squadra ha generato l’attuale stagione dei Timberwolves.
Al netto di quanto scritto qui sopra la situazione in casa Minnesota Timberwolves non è drammatica come ci si aspetterebbe.
Messo in conto che non sarà questo l’anno delle soddisfazioni e delle rivincite è palese però che il roster, nonostante i problemi, abbia dei punti di forza e dei giocatori che già quest’anno stanno brillando e mostrando sprazzi della loro efficienza e del loro potenziale (Towns o Dieng su tutti).
L’inserimento di un veterano capace di dare ordine e disciplina a un gruppo di giovani scalmanati potrebbe essere già un notevole passo avanti, così come l’aggiunta di un tiratore perimetrale affidabile capace di far spaziare meglio un attacco alle volte molte raffazzonato; tutto ciò ammesso, e non concesso, che la dirigenza continui a dare fiducia a coach Thibodeau, nel corso degli anni a venire.
Insomma i Minnesota Timberwolves hanno ampi margini di miglioramento, ma più dilazionati nel tempo di quanto ci si sarebbe aspettato.
Quindi “Quant’è bella giovinezza che sì fugge tuttavia” ma anche un minimo di sale in zucca può aiutare, alle volte.
Gioco a pallacanestro da quando ho 5 anni e mi piacciono i libri scritti da gente morta almeno un secolo fa. Per il resto tutto bene.
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Gioco a pallacanestro da quando ho 5 anni e mi piacciono i libri scritti da gente morta almeno un secolo fa. Per il resto tutto bene.
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