Matteo Salvini pur essendo un buon trascinatore di folle non ha mai avuto la statura morale e intellettuale necessaria per essere considerato un politico di razza; eppure, nonostante gli evidenti limiti di un programma politico indirizzato ad analfabeti e basato per lo più su disprezzo verso musulmani e omosessuali, per un buon lasso di tempo è sembrato capace di contendere all’altro Matteo (quello del PD) il governo dell’Italia.
Dopo un certo periodo di ascesa apparentemente incontrollabile (era tale che, a un certo punto, ne ha scritto pure il sottoscritto) è cominciata una situazione di stallo, seguita poi da una contrazione in cui s’è fatto sempre più brutto; lo stesso fato, per inciso, che hanno subito i 5S e il loro leader Grillo. Ironia della sorte, in entrambi i casi il leader carismatico che li ha portati al top si è poi ritrovato a diventare la putt*** il buffone di un pubblico che per impressionarsi sposta l’asticella della decenza sempre più in basso e vuole sempre di più; uno l’abbiamo lasciato mentre faceva spettacoli-comizi in cui distribuiva grilli come ostie, l’altro dopo aver fatto polemiche con un paio di artisti scadenti (Fedez e J-Ax, più volte) a inizio mese s’è improvvisato dj mandando la canzone di quegli stessi artisti e a fine mese, non pago, si è messo a ballare di fronte a tutti (male, peraltro, ma questo è il meno…) la canzone ancora più scadente di un artista ancora più scadente, cambiando le parole per essere sicuro di ottenere l’effetto più trash possibile.
“Con la ruspa in tangenziale, andiamo a governare”
Abbiamo dimostrato empiricamente un nuovo abisso di schifo in cui può cadere la politica. “Chihuahua” forse sarebbe stato appena appena peggio come base, ma il cambio di lyrics ha veramente stabilito un primato di bruttezza.
È chiaro che di una simile caduta di stile si può solo gioire; ciò vuol dire che quell’uomo non diventerà mai premier per il solo e semplice fatto che nessuno lo sta prendendo più sul serio (all’estero un leader dell’opposizione come Jeremy Corbyn, con tutti i suoi difetti, in consolle non ci va nemmeno per sogno, e ad andarci non lo invitano manco per scherzo). Ma intanto ci si vuole interrogare su quanto si deve cadere in basso per arrivare al punto di far apparire come un gigante un uomo del calibro di Renzi che, pure considerando i suoi sfondoni più infelici, di sicuro ha sempre mantenuto in pubblico la dignità necessaria per essere il rappresentante politico del partito di maggioranza della nona economia mondiale.
E dire pure che, paragonando il curriculum del “Matteo Giusto” con quello dei suoi predecessori all’interno della Lega, questo sembra quasi una personcina a modo. Certo, ha portato una bambola gonfiabile sul palco di fronte ai militanti per paragonarla alla terza carica dello Stato e s’è fatto fotografare nudo da un giornaletto di gossip, ed entrambe le cose sono abbastanza un unicum nelle democrazie occidentali, ma queste sono poco meno che ragazzate se paragonate alle becerate che hanno combinato i suoi compari di partito. In effetti Salvini, pur essendo gramo come il peccato, non ha mai tentato di mordere il polpaccio di un poliziotto, a differenza di Maroni. Né è stato accusato di aver arraffato vagonate di denaro pubblico, a differenza di Bossi, e terzi non gli hanno comprato una laurea finta senza nemmeno essere così cortesi da avvertirlo, a differenza del figlio di Bossi. Né ha tentato di interferire con le attività parlamentari utilizzando un algoritmo per creare milioni di emendamenti ad una legge, a differenza di Calderoli. Insomma, è molto meno eclatante rispetto a qualsiasi altro gerarca leghista.
Però una cosa è certa: il percorso che ha seguito Salvini è quello naturale di ogni leader populista. La fase di ascesa iniziale, che si alimenta tramite sparate sempre più grosse da dare in pasto all’opinione pubblica per essere sempre al centro dell’attenzione (il cosiddetto metodo Blumenthal), poi la fase in cui il pubblico si desensibilizza alle solite cose e, comprensibilmente, si stufa per passare ad altri giocattoli, infine quella in cui il personaggio si rende conto troppo tardi che il suo quarto d’ora di celebrità è finito e prosegue imperterrito con la tattica che l’ha portato fin lì, senza rendersi conto che è il pubblico ad essere cambiato e che percorrendo quella strada avrà come unico risultato quello di diventare sempre più brutto; lo standard minimo di decenza si abbassa sempre di più e si comincia a ballare i tormentoni dell’estate. Per ora teniamoci la soddisfazione di sapere che non diventerà premier, ma ricordiamoci dei risultati che avrebbe potuto ottenere rendendo la Lega una seria alternativa, invece della buffonata da fiera di paese che vediamo oggi. A prescindere dalle posizioni che si possono avere a riguardo una sana offerta per l’area federalista, così priva di rappresentanza politica, non avrebbe potuto fare altro che bene all’opinione pubblica italiana, e il vuoto lasciato da Berlusconi e compagnia cantante all’interno dell’elettorato di destra pesa come un macigno. Quel vuoto qualcuno lo dovrà colmare, ma verosimilmente non sarà Salvini (per fortuna, aggiungo io) e rinunciare a un bacino di voti così grosso e così ignorato è un’opportunità sprecata. Se resterà a capo della Lega, rimarrà per sempre a fare opposizione, che è più semplice e rende meglio e, forse, è questo ciò a cui realmente punta. Se non resterà a capo della Lega, invece, sarà solo uno dei tanti Cola Di Rienzo tutti uguali che arrivano, passano e se ne vanno.
E anche in questo caso vincerebbe: il lavoro ce l’ha garantito comunque. Metti caso un giorno si stufasse di fare l’europarlamentare, può sempre riciclarsi nell’intrattenimento: i circhi, di pagliacci, ne cercano sempre.
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