Nel momento in cui mi accingo a scrivere qualcosa sulla memoria, non riesco a isolare le voci di alcuni scrittori, perché parecchio legati a questo argomento e per puro caso, sono sudamericani. Citazioni, divagazioni e riflessioni su Borges, Cortazar, Marquez e Llosa. Può anche definirsi una mini raccolta di “momenti” letterari direttamente dal Sudamerica.
La memoria invecchia in fretta.
“Io ricordo” fa parte dell’inventario degli utensili necessari a modellare il materiale plastico di cui è composta la memoria. In alcuni casi si tratta di ricomporre, tagliare da una parte e aggiungere dall’altra. Non è così semplice avere a che fare coi propri ricordi. Ci provo e riprovo a catalogarli, ma ciò che ottengo è che ripetutamente vengo investito.
Suona il telefono nell’altra stanza, rispondo al terzo squillo. Non accendo la luce, mi piace ascoltare al buio.
-Sono io.
-Non cercavo nessun’altro.
-Mi stavi aspettando?
-Forse.
-Che significa questa risposta?
-Significa che tutto può essere.
-Tutto può essere, ti odio quando fai così.
-Hai cominciato a ricordare?
-Forse.
-Riflettiamo un attimo sull’assurdità di questa affermazione.
E rimasi ad ascoltare il segnale assente, al buio.
“Allora cominciò il vento, tiepido, incipiente, pieno di voci del passato, di mormorii, di gerani antichi, di sospiri di delusioni anteriori alle nostalgie più tenaci.”
Inevitabilmente, ci circondiamo di frammenti, di brandelli, di momenti che nascondiamo sotto tappeti di bassa fattura e invece, dovremmo tenerli in tasca e usarli nei momenti più opportuni.
Ricordare è come raccogliere parte della matassa di Arianna nel giardino dei sentieri che si
biforcano “che è un enorme indovinello, o parabola, il cui oggetto è il tempo; quella causa recondita gli impedisce la menzione del suo nome. Omettere sempre una parola, ricorrere a metafore inefficaci e a perifrasi evidenti è forse il modo più enfatico per indicarla […] La spiegazione è ovvia: il giardino dei sentieri che si biforcano è un’immagine incompleta, però, non falsa, dell’universo quale lo concepiva.”
Dimenticare è un processo degenerativo che nasce nel momento in cui si smette di disegnare le caselle del gioco del mondo.
“Così era, l’armonia durava incredibilmente, non esistevano parole per rispondere alla bontà di quei due là sotto, che lo guardavano e gli parlavano dal gioco del mondo, perché Talita senza accorgersene era ferma alla casella tre e Traveler teneva un piede nella sei, per cui l’unica cosa possibile era muovere un pochino la mano destra in un timido saluto e continuare a guardare la Maga, Manù, dicendosi che in fin dei conti
un incontro c’era, anche se non poteva durare oltre quell’attimo terribilmente dolce in cui meglio sarebbe stato, e senza alcun dubbio, sporgersi leggermente più in fuori e lasciarsi andare, plaf tutto finito.”
Sono al bar della stazione degli autobus. Cerco un momento di pausa annegando quel che è rimasto della giornata con l’acqua sporca che qui dentro si ostinano a chiamare caffè.
-Vorrei una bottiglia d’acqua minerale.
Dice l’uomo accanto a me. È tarchiato, pochi capelli tenuti su con un riporto testardo, divisa da controllore. Il barista gli passa una di quelle piccole da mezzo litro, il controllore beve direttamente dalla bottiglia.
-Ma l’acqua minerale non è quella che ti fa venire le lacrime ai bordi degli occhi.”
Non sembra soddisfatto, mi guarda, cerca un consenso che ignoro. Guardo da un alto lato e un ricordo mi assale, dopo 15 anni come pendolare il déjà-vu è dietro l’angolo (non esistono coincidenze nella routine, ma questo è un altro capitolo) però non posso fare a meno di subirne l’effetto. Il sapore di gassosa ARNONE sul fondo della lingua e le passeggiate a piedi scalzi sulle rocce levigate, tornano e mi manca il respiro.
Ma devo scontrarmi con la tangibile realtà, l’autobus sta per partire e devo correre, altrimenti perderò la coincidenza.
Avrei preferito la locanda della Chunga.
“Fuori gli inconquistabili ridono, provocati dalla volgarità. La Chunga assicura la porta con una spranga. Va a spegnere la lampada di cherosene che pendeva sul tavolo dove giocavano gli inconquistabili. Con aria sonnolente, sale nella sua piccola stanza. I suoi gesti denotano grande fatica. Si lascia cadere sul letto, togliendosi appena i sandali.”
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