A me
piace da morire il modo con cui i
simboli messi insieme a formare un linguaggio condiviso,
e le regole che organizzano e formano il linguaggio stesso, possono talvolta dare
luogo a doppiezze di significato, di scopo, di contenuto (mi perdonerà chi ha studiato
filosofia del linguaggio e altre materie simili se mi destreggio con questi termini come Ray
Charles si destreggiava con un Boeing 747). Lampante è l’esempio delle parole con il doppio
senso, oppure il sarcasmo: una frase acquista due intenzioni completamente opposte nonostante
vengano utilizzate le stesse parole. “Hai scritto proprio un bell’articolo, complimenti!” mi sento dire
spesso, ma non so se lo dicono sul serio o se mi stanno prendendo in giro. In maniera
più estesa, si possono ottenere risultati notevoli con gruppi di frasi, paragrafi o
capitoli interi. Un caso eclatante è rappresentato da Il gioco del mondo,
il romanzo più importante dello scrittore argentino Julio Cortázar. La peculiarità di
questo libro è la possibilità offerta al lettore di leggerlo secondo percorsi diversi, tutti con
un senso differente ma comunque sempre logico: potete cominciare dalla
prima pagina e arrivare all’ultima, oppure partire dal capitolo 73 e seguire
poi le indicazioni che l’autore fornisce nella tavola d’orientamento, o infine
potete provare a costruire una trama personale (ipotesi più complicata,
ma comunque possibile). Le parole sono le stesse, le frasi pure, i capitoli
anche, ma basta una semplice riclassifica per cambiare le carte in tavola
(ricordatevi questa parola: riclassifica). La bellezza della trasformazione
di un linguaggio va però oltre l’alfabeto, ed entra in altri campi come quello
della musica. Da bambino suonavo la chitarra classica, e necessariamente ho
dovuto imparare a leggere un pentagramma. Tutti sappiamo com’è fatto:
cinque righe orizzontali e delle macchie piene o vuote con gambette
verticali a indicare la nota da suonare. Questi segni bastano ad un
musicista per riprodurre, con la fedeltà dettata dalla discrezione,
dalla bravura e dalla personalità, un brano o una canzone. Si
noti però che lo spartito non dice affatto quali tasti premere, e se per
il pianoforte questo è un problema senza senso d’esistere, non si può
dire la stessa cosa per il manico della chitarra, dove basta muoversi
di cinque “spazi” per riprodurre la stessa nota presente sulla corda successiva.
Di conseguenza il pentagramma obbliga il musicista a decidere lui stesso
il percorso più comodo (tendenzialmente il più breve) da far
seguire alla sua mano sinistra. Quando poi sono passato alla chitarra elettrica
– e a pezzi più beccafiga di un arpeggio scritto nel ’700 – mi è stato mostrato il
favoloso mondo della tablatura. Anche le tabs sono “musica scritta”, ma
esplicitano i tasti che vanno premuti. Questo perché sono scritte utilizzando sei
linee orizzontali che rappresentano le corde della chitarra; in sequenza
appaiono diversi numeri sulle varie linee e ognuno indica il tasto
che il chitarrista deve premere. E’ un sistema assolutamente geniale, per
la sua immediatezza (leggere una tablatura è estremamente facile)
e comodità in quanto non sono necessari software particolari
ma basta il blocco note, da cui la diffusione su internet di tablature
a discapito degli spartiti tradizionali. Ma… c’è un “ma”! Scegliendo la
tablatura si perdono informazioni, anche fondamentali (segnatevi le parole
“perdita di informazioni”). Infatti la tablatura non indica il ritmo che si deve
seguire percorrendo la sequenza di numeri, mentre il pentagramma,
con le sue stanghette, sì. Ma veniamo all’economia, che è quello di cui parlo solitamente.
Così come per la letteratura e la musica, anche la contabilità è un linguaggio
dove le cifre indicano valori e fatti che han coinvolto l’azienda durante
l’anno. Lo studente del primo anno che non viene da scuole di
ragioneria si deve letteralmente spaccare la testa (e le dita sulla calcolatrice)
per imparare a leggere e a scrivere in quel linguaggio necessariamente
equilibrato che è la partita doppia, un sistema che permette di capire
la situazione patrimoniale (proprietà di beni o crediti da un lato,
debiti dall’altro) ed economica (ricavi e costi, utile o perdita). Tuttavia
questi due “stati aziendali” non sono sufficienti a descrivere l’andamento della
società , e anzi sono assolutamente insufficienti quando ci si pone la domanda
fondamentale della valutazione d’azienda: “Ma quanto grano tiro fuori
da questo gioiellino?”. In questo caso i dati presenti in bilancio, pur non potendo
rispondere così come sono mostrati dallo stato patrimoniale e dal conto economico, portano in sé, celata, l’informazione
desiderata. Per poterla scovare, bisogna effettuare una gigantesca riclassifica di valori, distinguendo quelli che implicano movimenti di cassa da quelli che sono pure seghe mentali di Frate Pacioli. In questo modo si ottiene il rendiconto finanziario, che agli studenti sembra di provare a uccidere 50cents: non viene mai al primo colpo, né al secondo né al terzo, né al nono. E dunque, come per Il gioco del mondo, basta riclassificare elementi che di per sé non mutano per ottenere significati diversi. Tutto ciò, però, consapevoli che per ottenere determinate informazioni ( l’aspetto finanziario) bisogna accettare di perderne altre ( l’aspetto economico e patrimoniale), e che quindi per possedere una conoscenza totale è necessario leggere e scrivere in entrambi i modi. Ed ecco dunque spiegato il fascino dei linguaggi che
permettono ai loro segni (siano essi parole o numeri) di assumere significati anche profondamente diversi, talvolta arcani ma sempre rivelatori, anche con un semplice spostamento della luce con cui li si legge. E in onore di questa magia
ho scritto questo articolo, che se lo stampi su una sola pagina vedrai
che ha la forma di un
pene gigante.
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
22 Maggio 2017
4 Aprile 2017
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23 Febbraio 2017
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
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