Un vecchio motivational (ne è passato di tempo da quando li condividevamo, vero?) recitava:
Non è fuorviante o esagerato: chiunque non giocasse esclusivamente con una console dell’epoca (era il 2000, quindi Sony Playstation, Nintendo 64 e SEGA Saturn), in qualche periodo della propria vita avrà per forza giocato (magari più di una volta) e adorato Deus EX; ancora oggi, tra le mille retrospettive e classifiche varie, il primo Deus EX compare sempre nel novero dei classicissimi e spesso lo si vede addirittura troneggiare tra la concorrenza. L’etichetta di “best game ever made” gli rimane tuttora appiccicata addosso, nonostante siano passati quasi 20 anni dalla sua uscita nei negozi. È un titolo onorifico ancora valido o è solo l’ennesima opinione distorta dalla nostalgia?
Ovviamente non c’è una risposta a questa domanda, sia per una banale ragione di gusti personali di ogni videogiocatore, sia per un’effettiva difficoltà a paragonare con un metro tecnico videogiochi di tipologie e di generazioni diverse. Tuttavia Deus EX è senza alcun dubbio un capolavoro di gameplay, di ambientazioni e di sceneggiatura che si difende e spesso prevale ancora oggi su una moltitudine di titoli usciti negli anni seguenti ed appartenenti a generi videoludici vari. Una delle peculiarità che rende Deus EX unico e così amato tutt’oggi è che non ha un genere: ha sì il look and feel di un FPS con un variegato arsenale, ma il gameplay commistiona azione da shooter tradizionale a fasi stealth, il tutto in una serie di mappe di gioco liberamente esplorabili in ogni loro angolo e nelle quali per proseguire bisogna interagire con determinati elementi (interruttori, tastierini numerici, terminali di servizio, ecc…) con meccaniche simili a quelle delle avventure grafiche, senza trascurare uno sviluppo del personaggio, una gestione dell’inventario ed un albero di decisione delle risposte da dare agli NPC e delle azioni compiute in game tipici dei ruolistici. Deus EX è, semplicemente, Deus EX.
Ciò che però ha reso Deus EX un fenomeno più unico che raro è stato l’avere tutte le carte in regola per essere un potenziale fiasco: la gloriosa decade dei ’90 stava volgendo al termine ed il concept di quello che poi divenne Deus EX frullava da un po’ nella testa del suo creatore, quel Warren Spector all’epoca noto per lo sviluppo di vari capitoli della serie Ultima e per il primo System Shock (da cui Deus EX prese l’ambientazione cyberpunk e la componente ruolistica del gameplay), ma non convinceva la casa per cui lavorava all’epoca, la Looking Glass Studios, di cui dirigeva il distaccamento di Austin. Spector, stanco di lavorare sugli RPG fantasy e fermo nel perseguire lo sviluppo del suo “gioco dei sogni”, decise quindi di abbandonare la Looking Glass e di accettare l’invito del suo amico John Romero (questo nome lo avreste dovuto già sentire) ad entrare in Ion Storm, di cui avrebbe diretto il suo team sempre ad Austin. Ion Storm non se la passava benissimo, per usare un eufenismo, reduce dai fallimenti di Dominion: Storm Over Gift 3 (lanciare sul mercato un RTS nella stessa finestra di Starcraft non fu una genialata) e di Daikatana, uno dei bust più clamorosi della storia dell’industria dei videogames.
Un progetto ai tempi molto ambizioso e con basse probabilità di successo (a causa di un mercato estremamente settorializzato che difficilmente avrebbe apprezzato un titolo così particolare), una software house che lasciava sì carta bianca a Spector ma che aveva non pochi problemi di comunicazione con gli investitori dopo i fallimenti precedenti, la scelta dell’utilizzo della prima versione dell’Unreal Engine che portò nei negozi un prodotto finale comunque visivamente peggiore rispetto ad altri giochi da un po’ sul mercato (come Half-Life o Thief: The Dark Project, quest’ultimo diretto dallo stesso Warren Spector e da cui Deus EX ereditò le meccaniche stealth): c’erano tutti gli ingredienti per un sonoro flop. E invece Deus EX, uscito nel giugno 2000 edito dalla Eidos Interactive, macinò copie su copie vendute e ricevette acclamazioni ovunque dalla critica, allora maggiormente credibile rispetto ad oggi.
Ciò che lasciava spiazzati era la libertà totale data al giocatore: ogni mappa aveva sì una quest principale da portare necessariamente a termine per proseguire il gioco (con in più una serie di eventuali subquest opzionali), ma il come riuscire a portarla a termine era a totale discrezione del giocatore, con un approccio del tutto personale e soggettivo che di conseguenza andava a plasmare lo sviluppo del “proprio protagonista”. Non esisteva un modo “giusto” per battere Deus EX: si poteva combattere a muso duro vuotando caricatori addosso ai nemici oppure evitare al minimo gli scontri a fuoco sfruttando i tanti passaggi secondari come i canali di ventilazione, od ancora cercare le chiavi per le porte o i codici numerici necessari per accedere alle aree critiche attraverso l’ingegneria sociale o l’hacking dei terminali. Ogni stile di gioco era valido. Ma c’era di più, anche l’approccio alle aree di gioco e con gli NPC era completamente libero: niente o nessuno poteva vietarci di effettuare stragi, anche di innocenti, oppure di non fare nessuna vittima e disobbedire agli ordini, oppure anche di commettere noi stessi reati, come hackerare degli ATM per rubare denaro, ed in qualsiasi caso il gioco ci avrebbe messo di fronte alle ripercussioni delle nostre scelte…
…tra le più divertenti delle quali vi era l’imbarazzo collettivo per essere entrati nel bagno femminile della base UNATCO.
Già, la UNATCO, una forza di polizia internazionale antiterroristica con sede a Liberty Island in New York, location della nostra prima missione. Il gioco ci catapultava infatti all’interno di un’avventura cyberpunk dannatamente immersiva: nel futuro abbastanza prossimo del 2052 imperversa una pandemia chiamata Morte Grigia che sta decimando la popolazione mondiale e la cui cura, un vaccino chiamato Ambrosia, è disponibile in quantità davvero scarse ed alla portata solo dei ceti sociali più abbienti. La trama inizia proprio con un carico di Ambrosia trafugato dal gruppo paramilitare terroristico NSF (con lo scopo di effettuare dell’ingegneria inversa su di esso e crearne così in quantità sufficiente per tutti), che come diversivo compie un eclatante attentato facendo esplodere la testa della Statua della Libertà, proprio sull’uscio della porta della UNATCO.
Il giocatore impersona JC Denton, un agente speciale della UNATCO che ha subito, insieme a suo fratello maggiore e collega Paul, degli interventi di nanopotenziamento biomolecolare che lo rendono capace di azioni impossibili per un comune essere umano. In una recente intervista Spector ha confermato una delle supposizioni più comuni sulla lore di Deus EX, ossia che le iniziali JC (nel gioco JC non viene mai chiamato col suo nome esteso, ma appunto solo con le sue iniziali) stessero proprio per Jesus Christ, alimentando così tutta quell’aura da “religione pagana” di cui la trama è pregna, finali inclusi. Durante le indagini per il recupero del carico di vaccino, sia Paul che JC iniziano a nutrire sospetti sulla vera natura della loro agenzia, sui loro capi e sull’effettiva realtà dei fatti che li circondano; sospetti che si faranno così insistenti da diventare prove che li porteranno a tradire la UNATCO ed imbracciare le armi per la resistenza a quella che si rivelerà una plutocrazia in corso d’opera con a capo il magnate dell’industria bellica Bob Page (ex membro degli Illuminati) ed il nanopotenziato Walton Simons, messo da Page a capo della FEMA con lo scopo di dirigere la distribuzione dell’Ambrosia e difeso da una costola deviata della CIA chiamata Majestic 12. Tutto il plot viene spiegato nel video introduttivo, ovviamente in modo celato verso il giocatore, divenuto nel tempo un cult nel cult.
La trama si svolge in varie città del globo sempre di notte, da New York a Hong Kong, passando per Parigi, per la costa occidentale statunitense (sede dell’impero di Page), fino alla celebre Area 51 in Nevada. L’utilizzo intensivo della subcultura complottistica internazionale (oggi molto più permeata nella collettività rispetto a 20 anni fa circa) con tutti i suoi cliché su tecnologie aliene, sette deviate di potenti e via dicendo, avrebbe potuto essere anch’esso una potenziale causa di fallimento del titolo; invece in maniera quasi miracolosa la sceneggiatura scritta da Sheldon Pacotti riuscì, nonostante qualche forzatura qua e là, ad essere convincente ed avvincente, riuscendo a legare in una trama di pura azione in un unico trait d’union enti internazionali come le varie organizzazioni dell’ONU, la Commissione Trilaterale o il gruppo Bilderberg, nomi che oggi monopolizzano i post su Facebook del vostro conoscente con il cappello di carta stagnola in testa.
Nel corso degli anni, il plot di Deus EX assunse dei connotati al limite del profetico: mai in un videogioco si era visto un mondo costantemente minacciato dal terrorismo, con i mass media quasi monopolizzati sul tema, stati canaglia che proteggono alcuni gruppi, investimenti sempre più massicci da parte della comunità internazionale per fronteggiare il pericolo, corse agli armamenti incluse, nonché più di una citazione sui movimenti dei grandi capitali tramite compagnie offshore con lo scopo di eludere quante più tassazioni possibili (Panama Papers anyone?). Il tutto assunse picchi di tragicomicità quando si notò come nell’immagine prerenderizzata dello skyline di New York usata come sfondo per le prime missioni mancassero le Twin Towers del WTC, oltre un anno prima gli attentati dell’11 Settembre 2001: fu soltanto una macabra coincidenza dovuta alle limitazioni grafiche di allora, che non permettevano l’utilizzo di immagini di grossa risoluzione, ma ci furono accese discussioni in merito su Internet (allora di diffusione non così larga come oggi), con alcune conclusioni che sono di facile immaginazione.
Anche la caratterizzazione dei personaggi era ai limiti della perfezione, a partire dal protagonista. JC Denton è schivo e diffidente verso il prossimo, esattamente come ci si aspetterebbe da un orfano che per via dei suoi nanopotenziamenti viene visto più come una cavia da laboratorio (ciò che in realtà è) che un essere umano. Ha fiducia solo in suo fratello (sarà lui a convincerlo a cambiare lato della barricata). Sotto un superficiale zelo verso gli ordini e i suoi superiori nasconde una personalità ribelle che fa fuoriuscire attraverso il suo iconico sarcasmo, con alcune sue battute come “You should try getting a job!” o “What a shame!” divenute veri e propri meme. Buona fetta della sua personalità, come ad esempio l’essere incline più all’altruismo o alla strafottenza, restava comunque a discrezione del giocatore per mezzo dei dialoghi a scelta multipla.
Lo stesso era valido anche per il gameplay, che come detto in precedenza era plasmabile secondo i diversi stili di gioco: in Deus EX era possibile sviluppare una serie di abilità da dare a JC attraverso la raccolta di punti esperienza, non tramite un meccanico grinding di nemici ma proseguendo via via nel gioco, completando le missioni primarie e secondarie o esplorando le mappe alla ricerca di postazioni nevralgiche o di aree bonus, come depositi nascosti di armi e munizioni. Si potevano pure trovare contenitori di potenziamenti con cui era possibile o introdurre nuove abilità per ogni parte del corpo di JC o migliorarle. Questi ultimi erano irreversibili, quindi bisognava ponderare con attenzione quale aggiornamento installare.
Anche gli altri personaggi avevano una spiccata caratterizzazione, come ad esempio i due agenti UNATCO Gunther Hermann e Anna Navarre, entrambi facenti parte di un vecchio progetto di potenziamento biomeccanico, che facevano di tutto per non sentirsi dei vecchi ferri da rottamare dopo la discesa in campo dei fratelli Denton ed i loro potenziamenti di ultima generazione. Sarà poi lo stesso JC a “congedarli” nel corso del gioco; a proposito di meme sul tema, non si può dimenticare la morte dell’agente Navarre tramite la killphrase pronunciata da JC…
L’immersività nel gioco veniva genialmente donata dall’utilizzo intensivo di dialoghi tra NPC, da ascoltare (oppure origliare) direttamente in game e non tramite cutscene: ad esempio, durante la prima missione a Hell’s Kitchen, New York è possibile visitare una clinica pubblica piena di malati di Morte Grigia e nella sala d’attesa della clinica è possibile osservare ed ascoltare due anziani dialogare tra loro sugli eventi in corso, esattamente come nella realtà. Inoltre abbondavano bacheche digitali di news, giornali cartacei e libri dove si potevano leggere notizie o commenti sugli avvenimenti nell’universo di gioco. Può sembrare oggi un espediente superato, ma nel 2000 già il solo pensare di scrivere tutto quel testo accessorio senza risultare banale era una faticaccia, figurarsi implementarlo in game. Altro elemento di spicco del titolo fu la colonna sonora, a cura di vari compositori tra cui Alexander “Siren” Brandon e Michiel van den Bos, e caratterizzata da un forte vena elettronica. Indimenticabili erano ad esempio i brani di sottofondo del mercato di Hong Kong con i suoi accordi di guzheng o quello della base UNATCO e dello chateau DuClare a Parigi con i suoi synth incalzanti. Come ulteriore chicca, il brano cambiava quasi istantaneamente quando si passava da una fase esplorativa o stealth ad una di combattimento, divenendo più veloce e ritmato per poi andare in fade out a pericolo scampato. E poi c’era la discoteca ad Hong Kong con musica techno a tutto volume…
Deus EX fu un’esperienza unica e totale, ma non per questo esente da difetti: oltre ad una trama con qualche forzatura qua e là e ad una veste grafica già allora non all’ultimo grido (sebbene sia disponibile da un paio d’anni una fan mod chiamata Revision che ha migliorato notevolmente alcuni modelli ed ambientazioni), lasciavano con l’amaro in bocca soprattutto una IA dei nemici non del tutto convincente ed un’implementazione ancora acerba dello stealth, che si dimostrava utile in certi ambiti ma non sufficiente da solo per poter superare alcune aree di gioco e situazioni risolvibili solamente armi in pugno. Certo, alcune feature date alla IA degli NPC erano interessanti e convincenti (come ad esempio quella di scappare dopo essere stati colpiti, sia per salvarsi la vita che per avvertire dell’imminente pericolo attivando gli allarmi anti intrusione) ma in generale il comportamento dei nemici risultava facilmente battibile appena ci si prendeva un po’ la mano, grazie alle vaste zone d’ombra in cui nascondersi o allo sfruttamento di alcuni potenziamenti come quello della mimetizzazione con l’ambiente.
In definitiva, Deus EX non sarà forse il videogioco migliore di sempre ma fu il capostipite di una serie dalla conclusione che si prospetta ancora lontana, grazie al sequel Invisible War del 2003 (sempre a cura di Spector) ed ai due più recenti prequel Human Revolution (2013) e Mankind Divided (2016), sviluppati da Eidos Montreal e distribuiti da Square-Enix (che acquisì Eidos nel 2009 con tutte le sue IP, Deus EX inclusa). Come se non bastasse, rimane una indiscutibile pietra miliare che cambiò per sempre lo scenario del mercato videoludico su PC, donando a chiunque l’abbia giocato ore ed ore di divertimento immersivo, valido ancora oggi.
Terrone, quasi ingegnere informatico, moderatamente misantropo, razionalista e liberalista convinto, ex weeaboo ora pentito, videogiocatore incallito da oltre 25 anni: mi piacciono le sfide, per questo sono su IMDI. Posso parlarvi di IT, letteratura moderna, musica elettronica, vidya e sport americani, basta che mi offriate una trappista. La mia waifu è Selphie Tilmitt.
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