“Principio sì giolivo ben conduce” diceva il Boiardo ed è palese che un buon inizio di stagione, per una squadra o un giocatore NBA, possa rappresentare una nota positiva su cui basare gli esiti della stessa; ancor di più se fin dalle prime partite si riesce a dare un messaggio chiaro e preciso di quella, che nei piani, vorrebbe essere la tua intera stagione.
30 e più punti nelle prime 4 partite sono un incipit abbastanza significativo e rendono conto di un giocatore offensivamente dominante che, in questa epoca della pallacanestro, probabilmente ha nel tiro dalla lunga distanza una, se non la, sua arma principale.
Le cose però non stanno così.
DeMar DeRozan condivide questo spaventoso avvio di stagione, e record NBA, con altri 3 giocatori (Jordan, Bryant e Durant) aventi uno stile di gioco diametralmente opposto al suo; lui che in 7 stagioni NBA ha tirato complessivamente 746 triple (una media di 106 all’anno).
DeMar DeRozan viene scelto dai Toronto Raptors con la nona chiamata nel Draft 2009, in uscita da University of Southern California, e sostanzialmente ha già dimostrato negli anni collegiali quelli che saranno i punti di forza del suo gioco: atletismo, gioco dalla media distanza e capacità di penetrazione.
I paragoni con un altro mostro sacro della franchigia canadese come Vince Carter si sprecano e lo stesso DeMar ci mette del suo nell’emulare quest’ultimo nella sua caratteristica di gioco più famosa.
Tuttavia sono fin da subito palesi gli evidenti limiti del suo gioco perimetrale, con una totale inefficienza nel tiro da 3 (nei 2 anni da rookie tira un raccapricciante 9/68 totale) e l’eccessivo innamoramento verso il jumper dalla media distanza; oltre che un contesto, quello dei Raptors, non proprio vincente, né da un punto di vista mentale né da un punto di vista di partite vinte sul campo.
Arrivato nell’era Bargnani, DeRozan ha vissuto tutte le fasi evolutive della franchigia canadese come l’addio di Bosh o il periodo Rudy Gay continuando a lavorare indefessamente sul suo gioco e divenendo, di fatto, l’anima di Toronto insieme a Kyle Lowry.
Un’etica del lavoro jordaniana gli ha permesso di avere un processo maturativo di un certo tipo e sebbene il suo stile di gioco non sia mutato così radicalmente, con l’arrivo di coach Dwayne Casey nel 2011 le cose sono andate migliorando.
Quest’ultimo ha, nel corso degli anni, trovato il miglior modo per renderlo efficace in campo, come testimoniato dal career high da 42 punti contro i Rockets nel 2015.
Il lavoro di DeRozan su sé stesso non è stato quindi un lavoro di ampliamento delle sue possibilità, visto che di fatto continua a giocare nello stesso modo, ma piuttosto una ricerca del miglior modo di sfruttare i suoi punti di forza, unitamente alla squadra, all’interno della partita.
Attualmente DeMar DeRozan detiene una media di 30.5 punti su 15 partite giocate e di queste solo 1, contro Sacramento, al di sotto dei 20 punti.
Contro delle difese abbastanza variegate in termini di efficienza (un valore di defensive rating che varia dal quinto nella lega per Miami al ventiseiesimo per i New York Knicks) DeRozan sta trascinando i Toronto Raptors, che sono in una striscia di 9 vittorie consecutive, insieme al compagno di merende Kyle Lowry.
Prendendo in esame le sue shotchart contro Detroit (quarta nelle lega con un defensive rating di 103.15) e Washington (ventiduesima con 109.45) possiamo notare la sostanziale equivalenza fra le due:
Washington |
Detroit |
Un gioco basato esclusivamente sul mid-range e sulle penetrazioni che viene esaltato dal pick n roll con il lungo, che DeRozan sfrutta per creare spazio fra lui e il difensore e prendere il pull-up jumper in relativa scioltezza; questo genera anche dei corridoi verso il canestro che il nativo di Compton sfrutta egregiamente, in virtù di un notevolissimo primo passo, per andare a prendere punti e falli (9.5 tiri liberi a partita di cui converte l’81%).
A onor del vero la maggior parte dei tiri che ha messo segno finora hanno un coefficiente di difficoltà molto alto (quasi sempre ha l’uomo addosso) ma, per il momento, il lavoro sui blocchi e il lavoro di piedi, oltre che un discreto floater con la mano destra, stanno dando ottimi risultati.
Notevole anche il lavoro tattico di Casey nello sfruttare alcuni accorgimenti per metterlo nelle migliori condizioni possibili: su alcuni schemi che prevedono che riceva un consegnato dall’angolo, DeRozan parte quasi sempre dal sinistro in modo tale da poter attaccare il ferro con la sua mano forte, ovvero la destra.
Un approccio alle partite quindi sostanzialmente tradizionalista con molti isolamenti (solo il 30% dei suoi tiri viene assistito) e poco tiro da 3.
Cosa è cambiato quindi rispetto a questo ?
Assolutamente nulla, se non che questi tiri stanno effettivamente entrando.
DeMar DeRozan è la dimostrazione vivente che il duro lavoro paga e che quelli che possono sembrare dei limiti, possono diventare delle qualità; bisogna però stare attenti nell’inquadrare bene le cose nel loro contesto.
Al netto di quanto detto qui sopra, c’è da scommettere che un trend del genere non possa durare nell’arco di un’intera stagione, perché selezioni di tiro di questo tipo finiscono inevitabilmente per pagare la stanchezza fisica e le difese, sonnecchianti nell’avvio di stagione e ben più agguerrite in vista dei playoff.
E se il giocatore è da elogiare per la sua attitudine mentale e la sua competitività, alcuni tiri dalla media contestati avevano una sfumatura bryantesca, c’è da dire che il suo livello di gioco dovrà comunque migliorare ulteriormente se vuole effettivamente raggiungere the next step.
I problemi dei Raptors rimangono altri (la difesa in primis) e sebbene l’approdo ai playoffs possa sembrare scontato, ripetere le buone cose dell’anno scorso non sarà così semplice.
Tuttavia l’immagine romantica di una superstar con poco tiro da 3 e moltissimi 1 on 1, dà un sapore retro e più umano a una pallacanestro che sta evolvendo in senso opposto.
Quindi DeMar:”No 3s needed man, no 3s needed“.
Gioco a pallacanestro da quando ho 5 anni e mi piacciono i libri scritti da gente morta almeno un secolo fa. Per il resto tutto bene.
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