In Inghilterra mai come ora (dopo l’exploit di Ranieri e del suo Leicester) vanno di moda gli allenatori italiani. Mazzarri, Guidolin, Conte, per nominare solo quelli attualmente in carica. Ma se c’è un allenatore italiano che ha fatto la storia del calcio inglese, questo allenatore è certamente Dario Gradi.
A chi segue assiduamente il calcio britannico questo nome non suonerà nuovo, mentre a tutti gli altri risulterà per lo più sconosciuto. Infatti Gradi non è un allenatore da grandi palcoscenici, avendo legato la sua intera carriera e buona parte della sua vita alle fortune ed alle disavventure del Crewe Alexandra, una piccola squadra del Cheshire il cui massimo risultato è stato lottare per qualche anno nella vecchia First Division, la Championship odierna.
Dario Gradi nasce a Milano nel 1941, da madre inglese e padre italiano. Rimarrà in Italia fino all’età di quattro anni quando, dopo la morte del padre, la madre lo porterà con sé in Inghilterra. È qui che Gradi conoscerà il football iniziando a giocare come difensore arrivando a disputare degli incontri nel Sutton United. Ben presto capirà qual è la parte del campo in cui può dare il meglio di sé: la panchina.
Nel 1971 a 29 anni è un allenatore regionale riconosciuto dalla Football Association e decide di lasciare il calcio giocato per entrare nello staff del Chelsea come assistente allenatore fino a quando, tre anni dopo, non deciderà di fare il coach a tutto campo. Inizierà al Sutton United, poi al Derby County passando per le giovanili del Leyton Orient fino al primo successo in campionato grazie alla promozione dalla quarta serie alla terza in sella al Wimbledon e l’esordio in First Division con il Crystal Palace nel gennaio del 1981 che finì con l’esonero nel 1982.
La chiamata della vita deve però ancora arrivare e no, non sarà l’offerta del Benfica, che Gradi rifiuterà durante un periodo di pausa, bensì quella del Crewe Alexandra nel 1983 a riportarlo in panchina, quella stessa panchina su cui rimarrà per il resto della sua carriera. Da quel momento in poi la storia del Crewe non sarà mai costellata da successi straordinari, a parte qualche stagione nella vecchia First Division.
Tutto ciò è comunque un grande successo per la piccola squadra del Cheshire, la cui città conta soltanto uno snodo ferroviario e alcune fabbriche, alle quali da qualche anno si è aggiunta la Dario Gradi Drive. “Lo scopo era quello di tenerli fuori dai guai finanziari e quello è ancora un fattore molto importante. Se poi si ottengono dei successi lungo la strada, ancora meglio e noi siamo riusciti a farlo”, spiegò il tecnico durante il suo periodo da allenatore del team.
Sopravvivere, sportivamente ma soprattutto finanziariamente. Questo è sempre stato l’obbiettivo della dirigenza del Crewe, sintetizzato dalle parole di Gradi ed è così che i Railwaymen sono diventati sinonimo di “fucina di talenti”: infatti per continuare a sopravvivere, dopo ogni buona stagione della squadra, i giocatori più forti venivano venduti al miglior offerente. Soprattutto giovani, spesso scartati dalle grandi squadre del campionato.
Qualche nome? Il tredici volte capitano della nazionale inglese David Platt, dopo essere stato scartato dalle giovanili del Manchester United è stato tra i primi talenti riscoperti dall’allenatore italo-inglese: dopo tre anni ,infatti, verrà venduto all’Aston Villa, squadra nella quale confermerà tutto il suo talento e che lo porterà a vestire le maglie di Bari, Juventus, Sampdoria, Arsenal e Nottingham Forrest.
Neil Lennon, colonna del Celtic Glasgow degli anni duemila e della nazionale nord irlandese era stato scartato dal Manchester City, prima di esplodere nel Crewe Alexandra che lascerà dopo cinque anni.
Altri giocatori come Robbie Savage e Steve Jones verranno letteralmente recuperati e rilanciati, per poi essere ceduti, con un solo scopo: stabilizzare e migliorare il club.
Queste operazioni in alternanza con i buoni risultati sportivi permettono di migliorare lo stadio, l’Alexandra Stadium, ma soprattutto di costruire e finanziare l’Academy, dalla quale “nasceranno” giocatori come Danny Murphy, Dean Ashton, Rob Jones, Seth Johnson fino ad arrivare a Nick Powell, giovane voluto da Ferguson in persona nelle giovanili del Manchester United, per la cifra record di 6 milioni di sterline incassate dai Railwaymen.
Proprio Ferguson contenderà fino all’ultimo un record a Dario Gradi, ovvero quello per la longevità alla guida dello stesso club, record che Sir Alex prenderà per sé solo nel momento in cui Gradi decise di ritirarsi nel 2007.
Il richiamo della panchina lo porta a tornare dal 2009 al 2011, in seguito si ritira definitivamente per entrare nei quadri societari e dedicarsi allo sviluppo dell’Academy, il tutto intramezzato da qualche ritorno ad interim per guidare la squadra nei momenti più difficili.
Una carriera tanto lunga quanto importante grazie alla quale si è guadagnato l’inserimento nella Hall of Fame del calcio inglese e la nomina a Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Il Leicester dopo aver vinto lo scorso campionato si ritrova ora al centro delle attenzioni di tutte le rivali, dopo un’intera sessione di mercato passata a difendersi dall’assalto alla diligenza da parte delle big di tutta Europa ed ora, dopo i primi risultati non troppo positivi, iniziano a volare le prime critiche a Ranieri.
Il Crewe Alexandra ha lottato per sopravvivere, riuscendoci, come accade puntualmente dal 1983, da quando lo sguardo di Dario Gradi si è posato sull’Alexandra Stadium. Allora una domanda nasce spontanea: meglio un anno da Leicester o trentatré anni da Crewe? Per Dario Gradi la questione non si pone: esistere è l’unica cosa che conta, altrimenti anche sognare diventa impossibile.
“Dario is honest, diligent and remarkable. He did a great job at Crewe and proved himself to be one of our best managers” – Sir Bobby Robinson
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