Il manganello ha tre protagonisti: chi lo impugna, chi lo subisce e chi lo merita. Durante un corteo violento è facile che il secondo e il terzo ruolo combacino (visibilmente) col volto del manifestante di turno, reo di aver palesato l’ignoranza viscerale che contraddistingue il pankabbestia di Bologna.
Bologna, Via Zamboni, numero 36. L’Ateneo, a causa di qualche lieve difficoltà nel tenere fuori spacciatori, eroinomani ed eiaculatori, ha pensato bene di utilizzare dei tornelli per regolare l’ingresso nella biblioteca pubblica. L’intenzione è di limitare l’accesso ai soli possessori di un badge (ovvero tutti gli studenti), con lo scopo di tenere alla larga i non-studenti poco propensi ad avere un comportamento quanto meno umano. Ma la democrazia è bella perché colma di idee e opinioni, per questo Il Collettivo Universitario Autonomo si è opposto, in quanto violerebbe la libertà allo studio (ignorando, presumibilmente in buona fede, che l’orario di chiusura è stato spostato a mezzanotte con ingresso libero agli studenti). Quelle che prima erano rappresaglie, qualche giorno fa si sono trasformate in scontri con le forze dell’ordine, dopo una manifestazione e l’occupazione “pacifica” della biblioteca in questione. A quel punto, con la polizia all’ingresso, le possibilità erano due: accettare una “resa” e uscire in modo educato oppure darsi alla guerriglia, partendo facendosi scivolare dalle mani una poltrona. Cosa succede quando si mettono dei ragazzi con probabili disturbi affettivi nella stessa stanza con un gruppo di militari ben equipaggiati e poco disposti a dialogare con chi vuole spaccar loro la testa (utilizzando i mobili da soggiorno)? Questo.
Quando avvengono queste manifestazioni/cortei (stranamente a Bologna più frequentemente che a Padova) l’opinione pubblica si polarizza: c’è chi sostiene i manifestanti e chi, invece, si pone una semplice domanda: come, la scelta della figura autorevole di turno, limita la libertà degli studenti manifestanti? Perché di questo si tratta, ovvero scindere la realtà, in tutte le sue sfaccettature, dalle posizioni dogmatiche ed estremiste. Sono persone che suddividono ogni questione in buoni o cattivi, dove loro non rientrano mai tra i cattivi, perché manifestare è un diritto e la violenza è una conseguenza. Certo, vandalismo e poltrone in faccia non è violenza, è tutela della propria libertà di parola. Va detto però che la libertà di parola non è per tutti. Ad esempio, non hai diritto di raccontare una situazione che hai vissuto sulla tua pelle se sei tesserata col partito governativo di turno. Se qualcuno critica una situazione che, volenti o nolenti, si appoggia, allora sicuramente è al soldo di qualcuno. Magari di quell’assassino di Poletti. Perché mentre gli economisti si domandano su qual è il ruolo del precariato nell’economia attuale e futura, dove l’industria diventa sempre più meccanizzata e i settori dei servizi aumentano di importanza, per loro è chiaro e lampante che chi parla di precariato sia un assassino. Perché la vita è facile quando si è stupidi. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, e ogni azione di Batman è giusta se è per fermare Joker. E nel frattempo gli Eroi preparano già la prossima mossa, si preparano nuovamente a polarizzare il paese, a far passare Bologna per una fogna e gli studenti per della feccia. Si ritengono degli “ingovernabili“, inconsapevoli che le loro lotte al limite del ridicolo sono perfettamente funzionali, secondo la teorica strategia della tensione, a fortificare i partiti moderati (e anche di estrema destra, visto che i mezzi-fasci sono più furbi e certe pagliacciate le lasciano fare agli altri).
La conclusione di questa storia è sempre la stessa: i buoni vincono, i cattivi perdono e i manifestanti si beccano la meritata dose di manganellate in viso, mentre tutto lascia il segno di un deja vu.
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