In questi giorni sul Twitter italiano si è scatenata una sorta di battaglia contro l’immagine delle multinazionali.
Tutto è cominciato lo scorso martedì 24 settembre, quando Enel ha lanciato la sua campagna pubblicitaria sul social cinguettante (preceduta da vari spot televisivi, tra cui questo), consistente in un concorso basato sulla condivisione della storia della propria vita seguita dall’hashtag (la parola preceduta dal cancelletto) #guerrieri, così che, tra le storie categorizzate, potesse essere scelta la migliore.
Come poche altre volte era successo nella storia dell’Internet made in Italy (e soprattutto su Twitter), gli utenti hanno dirottato la pubblicità contro la sua creatrice, sfruttando il fatto che, una volta lanciato nei Trending Topic, un hashtag non ha padroni.
Ben presto, con un effetto boomerang, #guerrieri è diventato portatore di tematiche anti-Enel ed è stato letteralmente inondato da tweet contrari allo sfruttamento dei paesi più poveri da parte della multinazionale petrolifera, divenendo, di fatto, uno dei più grandi flop pubblicitari degli ultimi anni.
io dice che unica battaglia che deve combattere molti #guerrieri in italia è quella per trovare soldi per bolletta #enel prima di fine mese
— Vujadln Boskov (@VujaBoskov) September 24, 2013
Ci sono 2 testimoni di Geova che gironzolano nel quartiere, anzi no, sono due #guerrieri Enel…
— Davide Bertozzi (@davidebertozzi) September 26, 2013
Il 74% dei cileni si oppongono al progetto delle mega dighe di #Enel. Ma i #Guerrieri Enel se ne fregano dei popolo e delle devastazioni.
— E basta (@yakutweet) September 26, 2013
Faccio ancora in tempo a dì che sta cosa de #guerrieri è na cacata o ormai è come sparà sulla croce rossa?
— zero calcare (@zerocalcare) September 24, 2013
#guerrieri sono tutti i cittadini di Civitavecchia che cercano di non ammalarsi di tumore a causa della centrale di #Torrevaldaliga
— libera mente (@lamentelibera) September 26, 2013
Oggi, invece, in seguito all’intervista di Guido Barilla, presidente, manco a dirsi, dell’azienda alimentare Barilla, alla trasmissione radiofonica di Radio 24 La Zanzara, è stata la multinazionale parmense ad essere colpita dalla mannaia del cyberspazio italico.
Le dichiarazioni del presidente Barilla, che ha detto che “non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale […]” (qui, al minuto 13.30), sono state subito oggetto di forti critiche, per usare un eufemismo, e di battute ironiche che hanno fatto immediatamente arrivare nelle prime posizioni dei temi più discussi gli hashtag #boicottaBarilla e #Barilla.
Certo che #barilla poteva scegliere un altro giorno pe fare tutto sto casino, non lo sa che 'giovedi gnocchi'
— Pamuk™ (@Fra_pamuk) September 26, 2013
Nel prossimo spot della #barilla il posto della gallina lo prende Giovanardi.
— Tany (@TaniuzzaCalabra) September 26, 2013
Che poi, cara #Barilla, quella che si sveglia felice e col sorriso la chiami famiglia tradizionale? Fatti un giro nelle case italiane.
— Dario (la D è muta) (@dario_head) September 26, 2013
Perché dove c'è #Barilla c'è chiesa.
— CiccioGià (@cicciogia) September 26, 2013
Caso #Barilla: i competitors cercano un ritorno. De Cecco cambia nome in De Checche.
— La Sblu (@sblubina) September 25, 2013
E il fatto che non ci sono neri? non è #razzismo? ministra #kyenge mi leggi? Vogliamo lo spot con afro-omosessuali! #boicottabarilla
— Alessioh Λ (@onlyroma4ever) September 26, 2013
Con i vostri spaghetti l'amatriciana e la carbonara vengono demmerda. #BoicottaBarilla
— Leonardo™ (@Leontoin) September 26, 2013
da oggi #barilla continuerà a produrre solo i ditalini rigati, più in linea con le politiche aziendali #boicottabarilla
— Simone Abbatini (@simoneabbatini) September 26, 2013
Putin: "Se Guido Barilla fosse stato gay, nessuno lo avrebbe toccato con un dito" #boicottabarilla #barilla #omofobia
— Marco Trombetti (@Visonex) September 26, 2013
Verrebbe da chiedersi, a seguito di questi fail, se le aziende italiane sappiano rapportarsi con Internet e da questa domanda, forse, si capisce come mai le imprese italiane facciano sempre più fatica sul mercato internazionale.
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