Oggi è il 2012, e il Lucca Comics è diventato un po’ il raduno ufficioso dell’internet italiano. Ciò significa che una graziosa ma PICCOLA cittadina viene sommersa per 3-4 giorni da un’orda di individui con costumi più o meno imbarazzanti (come ci spiega il buon Weber nell’articolo sui cosplayer), con eccessiva sudorazione e che genera miasmi di vario genere. Nata come poco più di una convention di fumetterie, quando si è sparsa in giro la voce che giravano un sacco di Lamù tettone, oppure quando “essere nerd” ha iniziato a diventare una moda, il Comics lucchiano è diventato qualcosa di più ibrido, “commerciale” e sgangherato, un po’ una via di mezzo tra l’oktoberfest e il negozio di fumetti dietro l’angolo. Ma parlare del Lucca Comics di oggi è quantomeno futile, visto che tra una manciata di ore inizieranno le danze. Mi pare più brillante e arguto parlare del Lucca Comics di ieri.
Sono passati 13 anni dalla mia prima comparsata in quel di Lucca, all’epoca avevo 13 anni (feels bad man), cioè più o meno l’età media dei presenti al Comics di oggi. Era il 1999, gli 883 e le giacche jeans iniziavano a passare di moda, è passato parecchio tempo ma mi ricordo del mio primo Lucca Comics con grande lucidità. Un po’ perché erano gli anni sfigatissimi delle medie, quelli in cui andare in centro il “sabato pome” senza farsi accompagnare dai tuoi aveva un sapore epico, figurati fare un viaggio con i tuoi amici, e un po’ perché, per la prima volta in vita mia, ebbi come la sensazione che tante persone “come me” erano uscite dalle loro camerette e sale giochi per ritrovarsi tutte nello stesso posto, per un motivo o per l’altro.
Io ero andato lì con 2 o 3 (triste non ricordarselo di preciso) seguaci nerd con un movente preciso: le Magic. Era la droga di prima scelta dell’epoca, gran parte dei soldi della paghetta finivano in bustine, quelle con 15 carte però, non capite male. Ai tempi noi tossici della carte collezionabili eravamo soliti trovarci a casa di qualcuno, o al massimo nelle fumetterie che ospitavano spazi preposti a questo tipo di attività, dove ci trovavi coetanei saccenti che avevano un mazzo molto più figo del tuo e tiravano fuori qualche menata se per caso li battevi, o loschi figuri nerovestiti dalla barba trascurata che ti spingevano a fare scambi di carte al termine dei quali ti sentivi immancabilmente fregato.
Il Lucca Comics del 1999 per me è stato fondamentalmente una versione estesa e amplificata di quelle losche fumetterie. Individui di varia età e emananti vari sentori di sfiga che giravano con i loro bei raccoglitori per vendere, scambiare o comprare. Io, pagato il biglietto del treno, avevo qualcosa come 20-30mila lire da spendere, buoni giusto per qualche uncommon e un paio di volumi di Dragon Ball (sì, ero quello che oggi verrebbe chiamato un bimbominkia, in un certo senso), ma vedevo gente che si riempiva i raccoglitori di rare o gli zaini di fumetti dai nomi e dalle copertine per me esotiche, o altre corbellerie. Quanto mi sarebbe piaciuto aver soldi per comprarmi tutto quel ben di dio. Però accontentarsi anche solo di dare una sfogliata quei raccoglitori pieni di Magic che prima avevo solo sentito nominare, di sbirciare la quantità di roba per quei tempi stupefacente esposta dai vari fumettari e di osservare la fauna bizzarra che popolava quel “mondo a parte” mi sembrava già un’esperienza che all’epoca avrei definito “strafiga”.
In realtà, con il sennò di poi, il Lucca Comics del 1999 non era poi così “strafigo”. Racchiuso in qualche padiglione in periferia piuttosto che sparso nel bellissimo centro storico (rimembro ancora un viaggio in un autobus stracolmo dalla fiera alla stazione. Me lo ricordo perché stavo schiacciato contro il culo di una tipa di qualche anno più grande di me. Eh, sì, la magia dei 13 anni), molti meno stand, molta meno gente. E, soprattutto, quasi nessuna traccia di cosplay, moda che ai tempi non era per nulla diffusa in Italia, a parte qualche ciccione con lo spadone di cartapesta e il mantello nel tentativo di emulare non si sa bene quale personaggio (quelli ci sono sempre stati) nessuno era “vestito”. Nessuna Lamù quindi, peccato, sarebbe stata ottimo materiale da segh…dicevamo? Beh, per quanto vengano costantemente sfottuti, i cosplayer sono un po’ il valore aggiunto del Lucca Comics di oggi, quelli che lo rendono qualcosa di più che un convegno di fumetterie, nel bene e nel male. Del resto, la sensazione di trovarsi in mezzo a migliaia di persone “come noi” che sono uscite dalle loro camerette c’è ancora.
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