Fin dagli albori dell’era spaziale molti uomini e donne hanno sognato di poter contattare, un giorno o l’altro, qualche misteriosa civiltà aliena perduta nello spazio. Del resto, una delle domande fondamentali alla vita è sempre stata: siamo soli in questo universo? Per rispondere al quesito, oltre ad iniziative personali isolate, sono nate anche organizzazioni di una certa importanza, come il progetto SETI nel 1974, e la ricerca di possibili pianeti atti ad ospitare la vita è aumentata esponenzialmente. Come si può immaginare, da 40 anni accade che ogni volta che i nostri telescopi captano qualcosa di strano nel cielo, la prima ipotesi (spesso enfatizzata dai canali di informazione) è sempre quella: ALIENI. Esistono migliaia di persone che affermano, su giornali e riviste non proprio definibili come “scientifici”, di essere state rapite o di aver avvistato omini verdi a bordo di dischi volanti. Esistono però alcuni casi interessanti, i cui protagonisti sono veri e propri scienziati che affrontano il problema in maniera critica. Alcuni misteri sono stati risolti, altri no: vediamo quali.
Le pulsar sono corpi celesti molto affascinanti: non si vedono ad occhio nudo, pesano quanto il nostro Sole (due miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate), e sono estese circa come il Grande Raccordo Anulare di Roma. Ruotano vorticosamente su sé stesse ad una velocità di 20.000 giri al minuto, ossia al triplo del motore della vostra auto alla massima potenza. Sono stelle di neutroni, cioè materia collassata che è diventata un unico grande atomo grande come New York. Poiché in direzione dei poli magnetici emettono un fascio di radiazione, se questi sono disassati rispetto all’asse di rotazione, si ha l’effetto di avere un “faro” lungo una certa direzione. Se quella direzione è casualmente in direzione della Terra, noi siamo in grado di vedere un lampeggiamento nel cielo – 300 lampi al secondo, perfetti e costanti. Cosa poteva immaginarsi Jocelyn Bell (la donna che ha scoperto le pulsar, per cui avrebbe meritato un Nobel), se non un faro extraterrestre? Inizialmente furono chiamate LGM, “Little Green Men” e non è stato facile dover accettare di essere davanti a qualcosa di ancora più assurdo degli alieni.
In noi è fresca la memoria del lander europeo Schiaparelli, schiantatosi su Marte nell’ottobre scorso. Il nome deriva dall’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, il primo che osservò nel XIX secolo i cosiddetti canali di Marte. Con il potente telescopio dell’Osservatorio di Brera, notò delle depressioni nel terreno lunghe centinia di chilometri. Nelle sue pubblicazioni parlò quindi di “canali” dove potesse eventualmente scorrere acqua liquida. Ci fu un problema però: in inglese, canale ha due diverse traduzioni: channel, di origine naturale (The English Channel), e canal, di origine artificiale (Panama Canal). Con la seconda errata traduzione arrivò un grande risalto mediatico, non voluto, ed esplose la mania dei marziani ingegneri idraulici. La verità è stata scoperta al momento delle osservazioni spettroscopiche, che non rilevavano presenza di acqua, e dalle prime foto del pianeta Rosso da parte delle sonde Mariner: niente acqua né canali.
La sfera di Dyson è una ipotetica megastruttura spaziale in grado di ricoprire completamente al suo interno un’intera stella. Una cosa pressoché impossibile, e anche difficilmente immaginabile. Perché degli alieni dovrebbero costruirla? Ad esempio, per poter sfruttare interamente l’energia prodotta da una stella, raccogliendola tramite pannelli solari. Questa sfera è il classico espediente che si usa per giustificare tutte quelle stelle che hanno variazioni di luminosità apparentemente casuali. Quando un corpo celeste passa davanti ad una stella noi vediamo la luce affievolirsi. Se questo effetto è periodico, allora è qualcosa che rivoluziona attorno. Se invece è completamente casuale, almeno in apparenza? Sfera di Dyson di alieni avanzati, ovviamente. Il caso di un annetto fa, Kepler 8462852 è in buona compagnia. L’idea che ci si sta facendo è che probabilmente questi grandi cali di luminosità siano dovuti a sciami di comete o polvere. Per far capire il livello di azzardo nell’ipotesi, pensate a questo: vivete in casa con altre 3 persone, un giorno il barattolo di Nutella si svuota ma tutti negano di essere i responsabili. Vi viene davvero da pensare che degli alieni golosi abbiano teletrasportato il contenuto del barattolo da casa vostra, o sospettate dei coinquilini?
Nel 1977, oltre all’uscita di Star Wars, accadde un evento eccezionale. Jerry Ehman, astronomo del progetto SETI, controllando i risultati delle rivelazioni del potente radiotelescopio Big Ear, notò il tracciamento di un segnale radio potentissimo, ben 30 volte più intenso del “fondo” del cielo. Preso dalla foga, lo cerchiò in rosso e ci scrisse Wow!. L’evento ebbe una grande risonanza internazionale, nonostante non si sia mai riusciti a replicare i risultati. Anche i più recenti radiotelescopi, incredibilmente più potenti di Big Ear, non hanno mai più captato nulla di anormale. Possibile che questi ipotetici alieni abbiano mandato un singolo impulso, durato pochi minuti, e poi più niente per anni? Un’ipotesi interessante è quella data dal professor Antonio Paris, che ipotizza il passaggio davanti alla sorgente del segnale di due lontane comete, oggi conosciute, di cui si ignorava l’esistenza nel 1977. Ci sono dei pareri discordanti in merito, ma nel complesso sembra un’idea più credibile del singolo impulso alieno. Certo è che l’Universo, nella sua immensa vastità, avrà ancora tante possibilità di stupirci. Speriamo, prima o poi, anche con qualche piccolo omino verde.
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