(Articolo originale: Don’t give up on the guitar, Fender is begging you)
Ogni anno, per il periodo natalizio, migliaia di teenager scartano le loro nuove chitarre e, impulsivi, pizzicano le scordate corde fantasticando su quanto saranno fighi una volta diventati delle rock star – anche se quasi tutti molleranno prima di aver persino improvvisato sulle note di Sweet Child o’ Mine.
Per loro non è un grosso problema appendere al chiodo la chitarra in favore del controller della Playstation. Il grosso problema lo ha la Fender Musical Instruments Corp., l’azienda leader da settant’anni nella produzione delle chitarre rock più prestigiose. Ogni ‘disfattista’ conta. “La sfida – o l’opportunità – per la nostra industria è quella di avere un cliente per la vita” ha detto Andy Mooney, l’amministratore delegato di Fender. “Un passo piuttosto importante per chiunque voglia imparare uno strumento è perseverare fino ad imparare l’intera prima canzone”.
Il mercato americano degli strumenti musicali (sessanta miliardi di dollari) è rimasto in stagnazione per cinque anni, stando ai dati dell’istituto di ricerca IBISWorld, e i potenziali chitarristi sono ora più che mai esposti a distrazioni. Come convincere qualcuno a posare l’iPhone, riprendere in mano una Stratocaster e continuare a suonare?
I chitarristi neofiti, siano adolescenti capricciosi o adulti troppo impegnati, hanno sempre mostrato un altissimo tasso di abbandono dello strumento. I produttori di chitarre, dal canto loro, non hanno mai fatto alcuno sforzo per incoraggiarli, afferma Mooney. Eppure Fender stima che metà del suo bacino di clienti sia formato da chitarristi alle prime armi, e intende dar loro la giusta importanza.
Fender dice di fatturare circa mezzo miliardo di dollari annuali e di essere in crescita verso un nuovo picco di guadagni per quest’anno. La performance è tuttavia poco esaltante se confrontata ai settecento milioni di dollari di profitti nel 2011, un numero rivelato quando la compagnia è stata schedata per un’offerta pubblica poi annullata.
L’obiettivo di mantenere i ragazzi attaccati alla chitarra è difficile per un’azienda che deve ancora affrontare i postumi della crisi economica. A fine 2012, quando Fender combatteva per restare competitiva nel mercato, la TPG Growth e la Servco Pacific ne presero il controllo. L’anno scorso hanno fatto entrare in scena Mooney, un dirigente veterano che aveva coperto cariche di rilievo per Disney, Nike e Quiksilver, con l’intenzione di rendere l’azienda più appetibile e orientata ai consumatori.
Questo significa più app, dispositivi connessi, e una ritrovata politica mirata ad aiutare i clienti nell’apprendimento del loro strumento. La speranza è che i chitarristi possano, partendo da modelli economici entry-level, appassionarsi alla chitarra per poi passare a prodotti di qualità maggiore e magari diventare persino collezionisti, e clienti che puntano al top gamma. Tutto questo significa maggiore profitto per Fender.
Quasi tutti quelli che hanno provato a prendere in mano una chitarra (circa il 90% dei clienti) l’hanno abbandonata entro il primo anno di pratica, secondo Mooney. Molti si arrendono dopo solo tre mesi, per frustrazione o mancanza di impegno. Altri passano a uno strumento diverso. E, in generale, la gente abbandona la chitarra elettrica prima della classica per il ‘fattore dolore’: le corde di metallo possono far male alle dita più delicate.
Nei prossimi anni, la compagnia rilascerà una suite di prodotti digitali per aiutare i chitarristi principianti a far pratica con il proprio strumento.
Il primo, un accordatore digitale, insegna al chitarrista come cambiare il pitch dello strumento ed è in contrasto con le dozzine di applicazioni esistenti per l’accordatura che danno per scontato che l’utente abbia già una minima dimestichezza con la propria chitarra. “Quando il ragazzino connette la chitarra per la prima volta, l’amplificatore non suona come un gatto infuriato” ha detto Mooney. “Vogliamo dare una mano a risolvere i problemi più basilari”.
Fender rilascerà anche un’app utile in sala prove, che aiuterà l’utente a imparare qualsiasi canzone presente nella sua libreria, insieme a un simulatore di effetti che emulerà i setup dei chitarristi più famosi. L’ultimo amplificatore made in Fender, che verrà prodotto a partire dal prossimo anno, sarà in grado di connettersi allo smartphone via Bluetooth, permettendo ai chitarristi di modificare e condividere il suono del loro strumento.
Fender dice che circa il 60% del suo business è costituito dalle chitarre, sia acustiche che elettriche, mentre il resto è un misto di prodotti dagli amplificatori ai plettri (a gennaio la compagnia acquistò Aurisonics, un produttore di in-ear monitor, e annunciò una nuova linea di auricolari).
Quando si tratta di vendere chitarre, i colori sono diventati più cruciali che mai, ha detto Mooney. Un tempo, tutti avrebbero semplicemente scelto tra nero, bianco o sunburst. Ora la moda gioca la sua parte, e Fender intende collaborare con artisti per creare nuovi stili. Questa primavera la sua tinta più venduta è stata il blu metallizzato.
I rivenditori tradizionali coprono quasi tutto il giro d’affari Fender; e le vendite online sullo stesso sito della compagnia ammontano a meno del 2% del totale in Nord America. Mooney non lo vede come un problema. I musicisti vogliono toccare, provare, sentire una chitarra prima di comprarla, afferma, e la sua compagnia preferisce usare Internet come un catalogo informativo piuttosto che renderlo uno strumento dominante per le vendite.
I detrattori hanno predetto la morte della chitarra elettrica per anni, evidenziando la crescente popolarità di rap e musica elettronica nelle classifiche. Mooney però non è preoccupato. Sempre più donne suonano di questi tempi – merito di Taylor Swift, a suo dire – e Fender stima un numero pari di uomini e donne che suonano la chitarra acustica, se non persino l’elettrica. Inoltre, anche se le figure degli strumenti più venduti cambiano continuamente, le vendite di chitarre sono aumentate negli ultimi dieci anni, ha detto Mooney. “Il pendolo oscilla avanti e indietro”.
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