Black Mirror, di cui abbiamo da poco parlato in occasione dell’uscita della terza stagione, è una serie incredibilmente apprezzata per svariati motivi. Uno dei più importanti è la capacità di mettere lo spettatore – dopo averlo inserito nel contesto con una tempistica quasi sempre impeccabile – di fronte a scenari che vengono percepiti come incredibilmente imminenti, dando vita a un senso di angoscia e inquietudine raramente riscontrabile in altri prodotti televisivi. Un esperimento che, per qualità della riuscita e non solo, è forse unico nel suo genere.
È un potenziale futuro prossimo, quello di fronte al quale lo spettatore viene posto. In alcuni casi è un dopodomani ancora lontano dal presente; in altri un domani in un verosimile universo parallelo in cui una tecnologia ha preso il sopravvento attraverso un’evoluzione inaspettata; in altri ancora, addirittura, la serie ci presenta l’oggi, palesando senza troppo clamore lo stato attuale di alcune tecnologie che sembrano fantascientifiche ma sono in fase di sviluppo, a un passo dal mercato o, in alcuni casi, già sul mercato ma non ancora arrivate a un target mainstream.
È il caso della realtà virtuale, tanto osannata quanto demonizzata, una tecnologia che punta a diventare dirompente almeno nei campi del gaming e del porno. La realtà virtuale in senso lato è stata presente in Black Mirror in svariate occasioni: lo speciale White Christmas ce ne dà un assaggio dal punto di vista di coscienze immerse in realtà alternative, mentre le più recenti San Junipero e Man Against Fire presentano percezioni della realtà fittizie in un caso, distorte nell’altro. Ma sono due gli episodi che fanno effettivamente riflettere su quanto siano imminenti le conseguenze di queste tecnologie: The Entire History of You e Playtest, in italiano rispettivamente – e curiosamente – Ricordi pericolosi e Giochi pericolosi.
Prima di procedere, tuttavia, è necessario fare una premessa, per eliminare ogni possibile ambiguità dovuta a fonti non documentate o alla distrazione dei lettori: anche se vengono spesso confuse, la realtà virtuale e la realtà aumentata sono due tecnologie ben diverse tra loro, così come ulteriormente differenti sono i video a trecentosessanta gradi. Nella pratica, esempi di realtà virtuale sono incredibilmente diffusi: ogni videogioco classico, in effetti, afferisce a questa categoria; mentre l’esempio per antonomasia di realtà aumentata è il celeberrimo Pokémon Go, erede del pionieristico ma meno famoso Ingress; i video a trecentosessanta gradi, infine, pur essendo meno diffusi nell’ambito videoludico stanno diventando popolari soprattutto grazie all’integrazione con Facebook che permette ormai a qualsiasi utente di fruirne.
Tutti e tre i casi afferiscono allo stesso continuum tecnologico, ma – se la realtà virtuale pura e semplice è l’estremizzazione dei contenuti virtuali che esclude qualsiasi elemento reale – la realtà aumentata, come si evince dallo schema, è poco lontana dalla realtà: a essa aggiunge solo qualche elemento virtuale. I video a trecentosessanta gradi, infine, sono la riproposizione della realtà, senza nessun elemento virtuale, ma con l’ausilio – in buona parte dei casi – di visori (head-mounted display) comuni anche alla realtà virtuale più pura.
Altri due concetti importanti, in questo scenario, sono quello di ‘presenza’ e quello di ‘immersione’. Quest’ultimo è dovuto principalmente al coinvolgimento dei sensi umani nell’esperienza, mentre il concetto di ‘presenza’ prescinde dal coinvolgimento dei sensi, e si riferisce a un’appartenenza psicologica dell’utente, il cui residuo rimane anche al termine dell’esperienza.
A rendere questo episodio angosciante è la spasmodica ricerca di particolari nei ricordi dei personaggi, ricerca resa possibile grazie a un particolare sistema tecnologico: il protagonista rivive in continuazione degli attimi passati, non tramite delle semplici foto o video, ma tramite una riproposizione totale dell’evento, visionabile a trecentosessanta gradi. In questo scenario non c’è molta immersione nella realtà passata – dal momento che sono solo due i sensi coinvolti, ossia vista e udito – ma la presenza è tale da trascinare il protagonista in un vortice da cui è difficile uscire senza compromettere la propria sanità mentale. La ricerca diventa irrazionale proprio per la capacità di osservare le scene passate da nuovi punti di vista che, in diretta, non erano stati colti.
Se non fosse chiara la tecnologia attuale (e sul mercato) al quale stiamo facendo riferimento, basta guardare questo spot: registrare un evento anche da angolazioni non visibili nel momento della registrazione può appunto portare a degenerazioni come quella presentata nell’episodio. Ora un lettore pignolo potrebbe obiettare, giustamente, che allo stato attuale delle cose è comunque necessario un visore, e avrebbe tutte le ragioni a muovere questa obiezione. Tuttavia, le riflessioni non vertono tanto sul mezzo, quanto sugli effetti di questi sistemi: diversi, sì, ma anche molto simili. E inoltre, come se non bastasse, potrebbe essere interessante dare uno sguardo a questo articolo.
Chi ha visto l’episodio saprà che non è ben chiaro quale sia il tipo di esperienza che il protagonista vive effettivamente. Tuttavia, la cosa è pressoché irrilevante ai fini di questa analisi. In questa puntata, infatti, a farla da padrone è la realtà aumentata – a volte confusa o ribattezzata mixed reality. Ne abbiamo visto applicazioni per smartphone, come nel già citato caso di Pokémon Go, ma anche casi socialmente meno interessanti – e tuttavia parimenti impressionanti dal punto di vista tecnologico – come gli ormai dimenticati Google Glasses e i rumoreggiati Microsoft Hololens. In questo caso l’immersione è totale: l’esperienza centrale dell’episodio vede il protagonista percepire ogni tipo di sensazione, anche tattile, olfattiva o gustativa. Chiaro che, per raggiungere questi risultati, gli interventi sono più invasivi.
Ma il contesto in cui si svolgono gli eventi, al contrario di altre puntate, è forse il più credibile: non ci viene presentata una società in cui tutti sono abituati a una tecnologia che ormai non è più sconvolgente. Semmai, in questo caso, la tecnologia in questione è talmente innovativa da essere segreta. Escludendo i particolari macabri di questa sperimentazione, è totalmente verosimile che ci siano realtà che stanno sperimentando tecnologie tali da far sembrare gli Hololens già datati.
Cosa emerge da queste riflessioni? Dovremmo forse prepararci a fenomeni di rifugio irrazionale e incontrollato in questi mondi virtuali? No. O meglio, non più di quanto non avremmo dovuto già fare con altri tipi di realtà virtuale meno immersiva (si pensi a giochi di ruolo sia online che offline). Questi episodi di Black Mirror non sono più inquietanti di quanto lo siano i documentari sulla dipendenza da videogames o reali sperimentazioni neuroanatomiche. Rimangono tuttavia inquietanti proprio perché la nostra stessa realtà lo è, rimangono inquietanti perché l’esagerazione e l’abuso sono sempre un male, in ogni caso.
Black Mirror è uno show televisivo, e non necessariamente va letto come un ammonimento verso le nuove tecnologie o come una demonizzazione dello straniamento dalla realtà. Nella storia, l’uomo ha sempre cercato modi di allontanarsi dalla realtà con atteggiamenti non necessariamente patologici, come nel caso banale del bovarismo o con altri mezzi tecnologicamente ben lontani da quelli presi in esame. Non per questo la nostra specie ne ha risentito, anzi. Le riflessioni di Black Mirror non devono sconvolgerci al punto tale da temere il progresso tecnologico: il nostro cammino deve continuare, ma forse, grazie a questo clamoroso prodotto televisivo, i nostri passi saranno più ponderati.
2 Giugno 2017
28 Maggio 2017
30 Marzo 2017
23 Marzo 2017
20 Marzo 2017
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.